La dipendenza dalle abitudini: come trattarla
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L’abitudine è un comportamento spontaneo, che si costruisce nel tempo con la forza di volontà, mediante la ripetizione del comportamento stesso che inizialmente risultava artificioso e forzato.
La parola abitudine deriva al latino habitudo –dĭnis, derivato di habĭtus –us «abito». Si riferisce alla <<tendenza a ripetere, in modo continuato o frequente, determinati atti, a rinnovare determinate esperienze.>> (Treccani)
Immaginate ora, un momento nella vostra vita, in cui avete provato a creare nuove abitudini. Ad esempio imparare a scrivere, lavarvi i denti e la faccia, studiare, convivere, seguire una psicoterapia e via dicendo. Vi sarà sembrata una cosa strana, a tratti piuttosto faticosa, e in alcuni casi vi sarete pure detti: “Che fatica, chissà se riuscirò a trasformarla in abitudine”. Gradualmente il vostro organismo si è adattato nei confronti dello sforzo, che si è trasformato in abitudine.
Uno studio del 2009 ha rilevato che ci vogliono tra 18 e 254 giorni per creare una nuova abitudine, con un tempo medio di 66 giorni. Questo presuppone che ogni volta, l’attività nuova venga eseguita regolarmente, ogni giorno o almeno alcune volte alla settimana.
Noi, come persone, siamo l’insieme delle nostre abitudini e in tal senso esistono buone e cattive abitudini.
Pensate a chi fa tanti sforzi per impostare la propria vita sul creare una routine giornaliera. In questo caso avrà costruito una sana abitudine, che difficilmente penserà di abbandonare.
Ora pensate a chi si abitua ad una relazione in cui sta male e soffre. Anche qui, vi assicuro che gli sforzi per abituarsi a stare dentro quella relazione non saranno pochi. Voi direte, ma questa è una cattiva abitudine. Chiaro, eppure, è pur sempre una routine da cui si fatica ad uscire.
Ecco, questo è un altro elemento che caratterizza l’abitudine: lo sforzo. Quanto maggiori saranno l’impegno e la fatica per creare l’abitudine, tanto maggiore dovrà essere lo sforzo per andare a toglierla.
Spostiamoci ora per un attimo sul tema delle dipendenze patologiche.
La parola dipendenza deriva dal latino dependēre cioè “pendere da, dipendere” e si riferisca alla «condizione di chi dipende da, di chi non può fare fisicamente o psichicamente a meno di». (Treccani)
La dipendenza, quindi, non è altro che l’incapacità di fare a meno dell’uso di sostanze stupefacenti e non (dipendenze da sostanze psicoattive, dipendenza dall’alcol, da sigarette, da farmaci, da cibo), di uno o più comportamenti (dipendenza da gioco d’azzardo, dipendenza da internet, da telefonino, dal sesso, da lavoro) di una persona o più persone (dipendenza affettiva).
In generale tutte le dipendenze patologiche hanno conseguenze negative, in quanto si creano dei sintomi di astinenza dall’oggetto o persona, nei confronti del/la quale si crea una dipendenza psicologica, oltre che una dipendenza fisica. Stiamo parlando del craving, ovvero del desiderio, improvviso e per nulla controllabile, di far uso di sostanze/comportamenti o di aver vicino una persona, una delle maggiori cause, questa, del sentimento di gelosia (scopri come liberarti dalla gelosia).
Quando si parla di dipendenze, spesso si parla di piaceri a cui non si può rinunciare. A tal proposito, Sant’Agostino affermava: “Il piacere se te lo concedi, puoi farne a meno, se non te lo concedi, diventa irrinunciabile.”
Alla base delle dipendenze vi è infatti il rilascio di sostanze chimiche e ormoni, quali la dopamina, l’ossitocina, endorfine e serotonina, di cui a lungo andare in nostro corpo diventa incapace di fare a meno.
Nello specifico:
Attraverso le dipendenze spesso cerchiamo un modo per essere accettati dagli altri, per avere potere, per sentirci meglio degli altri o per avere un nuovo stile di vita. In molti casi, le dipendenze rappresentano una via di fuga da un quotidiano doloroso che non viene accettato. Di fatto, però, tutte le dipendenze rappresentano uno spostamento dell’attenzione verso un piacere maggiore, per evitare di pensare al problema.
Le dipendenze, quindi, molto spesso possono essere uno modo per distrarci da un problema che non riusciamo ad affrontare. Ad esempio, nella dipendenza relazionale, spesso si sceglie di stare con l’altro, anche se ci fa soffrire, perché si ha paura di affrontare la paura di restare soli. Ancora, chi soffre di dipendenza da lavoro, spesso fugge da una relazione di coppia in crisi; o ancora chi utilizza sostanze psicoattive, fugge da una realtà che rifiuta, spesso per evitare di cadere in depressione.
Diceva, Raymond Radiguet, scrittore e poeta francese “Non è nella novità, è nell’abitudine che troviamo i più grandi piaceri.”
Le abitudini sono, quindi, il “porto sicuro” dove ci si nasconde e la dipendenza fisica o psicologica che si crea diventa una trappola paradossale. Una trappola che da un lato rassicura, perché fornisce stabilità e sicurezza (dose di piacere) e dall’altro soffoca, perché diventiamo incapaci di farne a meno (astinenza dalla dose di piacere).
Ne deriva un rapporto tossico con l’oggetto o persona con cui si instaura un “uso” abituale. Si diventa disposti a tutto, anche a star male, pur di mantenere l’abitudine che ci dà piacere. E il circolo vizioso si rafforza e ricomincia.
A questo punto, se volessimo provare a liberarci delle cattive abitudini per crearne di nuove, che
Ecco i miei tre suggerimenti per ridurre la dipendenza dalle abitudini:
Per i motivi che abbiamo descritto, il trattamento delle dipendenze, anche quella dalle cattive abitudini, spesso risulta molto difficoltoso da affrontare.
Un percorso di psicoterapia breve potrà aiutare, da un lato a trovare dei piaceri alternativi, sui quali costruire delle buone abitudini e dall’altro a focalizzare l’attenzione sul problema, per capire quali sono gli step per uscirne.
Approccio fondamentale per superare anche la dipendenza, evitando così di fare male a se stessi o agli altri.
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