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Esistono diversi modi per nuocere agli altri all’interno di una relazione. Alcuni di questi sono apertamente manifesti e probabilmente sono i primi che ci vengono in mente quando ci pensiamo come ad esempio i maltrattamenti fisici (leggi le conseguenze dei maltrattamenti); altri invece assumono forme più nascoste che possono essere difficili da cogliere addirittura in chi ne è vittima: sono le forme di violenza psicologica che possono annidarsi ad esempio in un rapporto di coppia non sano (leggi i 5 ingredienti di una coppia che funziona).
Indice contenuti
Il fenomeno del Gaslighting
Fra le violenze psicologiche se ne cela una particolarmente subdola e dai contorni machiavellici: il gaslighting. Questo termine deriva dal titolo di un vecchio film degli anni quaranta (“Gaslight” appunto) nel quale viene inscenato questo tipo di violenza.
Andando più nello specifico sulle dinamiche del gaslighting, possiamo dire che tipicamente gli attori coinvolti sono due e di solito un uomo e una donna legati fra loro da una qualche forma di relazione che, nella maggior parte dei casi, si configura come un rapporto di coppia. Tipicamente la donna ricopre il ruolo di vittima, mentre l’uomo quello di carnefice (scopri la differenza con lo stalking).
Il gaslighting consiste nella messa in atto di un vero e proprio lavaggio del cervello della vittima col fine di renderla dipendente dall’abusante. Essa si sente confusa, insicura, mette in dubbio il proprio giudizio di realtà fino ad arrivare a ritenere di star diventando pazza. Il manipolatore, per riuscire nel proprio intento mette in atto una vera e propria recita spostando ad esempio gli oggetti e dando la colpa, in modo molto persuasivo, alla vittima, ma soprattutto utilizza una comunicazione non basata sulla condivisione, fornendo mezze verità oltre ad ingannare e modificare ad hoc la realtà che vuole presentare generando appunto uno stato di confusione e sorpresa.
Gli effetti del Gaslighting (sulla vittima e sul manipolatore)
La vittima ridimensionerà la propria vita sociale rintanandosi in casa (non fidandosi più delle proprie capacità di giudizio) e ricercando attivamente le cure del partner manipolatore con il quale ha creato un legame di totale dipendenza, vedendolo come un’ancora di salvezza e un pilastro in un mondo dove ormai tutto ha perso di significato e non appare più per quello che è. Il partner viene visto come una persona devota che, nonostante tutto, continua a starle vicino e questa stessa immagine del partner salvifico ce l’hanno anche i conoscenti della coppia.
D’altro canto il manipolatore vivrà con piacere questo legame di dipendenza che si è andato a creare, dal momento che ha raggiunto il proprio scopo: spesso infatti chi mette in atto questo genere di violenza nasconde dei problemi di mancanza di autostima che, attraverso questa modalità distorta di relazione, viene così rinforzata dalla dipendenza della vittima verso il manipolatore.
Possibili “prede” del Gaslighting
Tuttavia le donne che spesso sono vittime di questo genere di abuso si presentano come particolarmente insicure e vulnerabili; nell’infanzia hanno sperimentato delle situazioni in cui sono state scarsamente considerate e relegate in un ruolo marginale e di ceca ubbidienza. Quindi, proprio per aver appreso uno scarso valore di sé, in età adulta si presentano altamente manipolabili e bisognose di un partner che si occupi di loro mettendo di rado in discussione quanto sta avvenendo nella relazione, ma incolpandosi piuttosto per il fatto di rovinare il rapporto a causa dei problemi mentali che sono convinte di avere.
Il Gaslighting è un reato?
Da un punto di vista giuridico al momento non esiste una legislazione specifica per il gaslighting, ma le condotte del manipolatore possono rientrare nei più ampi articoli del codice penale (art.570 e art.572) che si riferiscono ai maltrattamenti in famiglia e alla violazione degli obblighi famigliari (scopri i falsi miti del maltrattamento domestico). Non da ultimo poi vi è da considerare il danno alla persona derivante da tali condotte di violenza psicologica, danno che viene identificato in quello esistenziale in primis, dal momento che la persona subisce un’alterazione del modo di vivere e di essere in seguito alla violenza. Nei casi più gravi si può arrivare ad accertare un danno psichico con l’instaurarsi di una vera e propria psicopatologia (scopri di più sulla valutazione del danno psicologico).
Resta comunque uno scoglio non indifferente denunciare tali condotte: oltre all’ostacolo che si ha nel denunciare un proprio famigliare si aggiunge una difficoltà ancora più subdola dettata dall’incapacità di riconoscere queste condotte manipolatorie che sono abilmente mascherate da atteggiamenti di cura e protezione. Difficoltà che, come detto in precedenza, viene vissuta anche dai famigliari esterni alla coppia. Questo porta quindi ad una scarsa presa di coscienza del problema che si manifesta in una sorta di immobilità sia nel denunciare, ma anche nel richiedere un supporto psicologico. Infatti se la vittima si rivolge ad uno specialista è praticamente impossibile che lo faccia per questo, piuttosto lo farà per altri motivi e quindi starà nella bravura del clinico portare alla luce quanto effettivamente sta accadendo nella relazione.
A cura di dott.ssa Mara Giani e dott.ssa cicchese
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