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Maltrattamento infantile: conseguenze sulla personalità

Scritto da Dr.ssa Annabell Sarpato il 8 Aprile 2011
Categorie
  • Infanzia
Tags

Maltrattamento infantileArticolo tratto dalla tesi di laurea della dott.ssa Annabell Sarpato, dal titolo: “Esperienze pregresse di maltrattamento e disturbi psicotici in età adulta“.

La più completa definizione di maltrattamento a cui si può far riferimento è quella proposta dalla Convenzione dei diritti dei minori, nata dal contributo di 43 paesi e di enti come la Croce Rossa, l’OMS, l’UNESCO, e l’UNICEF e approvata dall’Assemblea generale dell’Onu. In essa si fa riferimento al “danno o abuso fisico o mentale, trascuratezza o maltrattamento negligente, al maltrattamento, alle diverse forme di sfruttamento e abuso sessuale intese come induzione e coercizione di un bambino in attività sessuale illegale, lo sfruttamento nella prostituzione o in altre pratiche sessuali illegali, lo sfruttamento in spettacoli e materiali pornografici, torture o ad altre forme di trattamento o punizioni crudeli, inumane e degradanti, allo sfruttamento economico e al coinvolgimento in lavori rischiosi”.

Il maltrattamento infantile può avere luogo attraverso la trascuratezza, il maltrattamento fisico, l’abuso sessuale (Gibbons, Conroy e Bell, 1995), e l’abuso emozionale, altrimenti detto maltrattamento psicologico, il quale si concretizza in persistenti maltrattamenti emotivi e atteggiamenti di denigrazione e di rifiuto.

Indice dei contenuti

  • Le conseguenze del maltrattamento infantile
  • Psicosi e maltrattamento infantile
  • Bibliografia

Le conseguenze del maltrattamento infantile

Il maltrattamento infantile può produrre nei bambini conseguenze a breve, ma anche, come dimostra una fiorente letteratura, a lungo termine. Tra questi ultimi, le ricerche hanno confermato una relazione significativa tra maltrattamento e depressione, disturbi d’ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post traumatici e abuso di sostanze stupefacenti. Negli ultimi anni, inoltre, le ricerche hanno permesso di evidenziare anche la presenza di una stretta relazione tra il maltrattamento infantile, in particolare l’abuso sessuale, e i disturbi psicotici (Janssen et al., 2004). Nello specifico, questi soggetti hanno maggiore possibilità, rispetto alla popolazione generale, di presentare sintomi positivi, quali allucinazioni, di natura visiva, uditiva, o le voci di commento, i deliri e i disturbi del pensiero.

Lettura di approfondimento:  La comprensione del pronome clitico oggetto nei bambini in età scolare

L’attenzione dei ricercatori è stata focalizzata in particolar modo su una specifica situazione di abuso nell’infanzia come l’incesto, dove recenti studi hanno permesso di confermare una stretta relazione con gravi, intrattabili, disturbi psicotici. Nel complesso, però, dobbiamo essere cauti a trarre conclusioni affrettate,perché la letteratura in questo settore è ancora abbastanza scarsa e si concentra esclusivamente su pazienti psichiatriche di sesso femminile; inoltre, muoversi in questo campo di ricerca è molto complesso perché ci porta ad affrontare diverse difficoltà di ordine sia metodologico, che etico.

Non vi è una spiegazione certa su quali possono essere i motivi per cui il maltrattamento infantile può provocare nei soggetti un aumento della vulnerabilità a presentare sintomi psicotici. Attualmente, la letteratura vede scontrarsi chi sostiene che le cause siano di natura biologica e chi, invece, le riconduce a un livello psicologico.

Psicosi e maltrattamento infantile

Il meccanismo che mette in relazione il maltrattamento infantile e la psicosi in età adulta ancora non è chiaro, anche se c’è un sostanziale accordo che esperienze precoci negative, come ad esempio gravi traumi infantili, perdite nell’infanzia e situazioni di marginalizzazione sociale, possono provocare condizioni durature di vulnerabilità cognitiva, caratterizzata da modelli di sé e del mondo negativi, che favoriscono le attribuzioni esterne. Ciò è coerente con la teoria secondo la quale le esperienze traumatiche potrebbero compromettere le idee riferite a sé (valore attribuito a sé, vulnerabilità), il mondo e gli altri (relativo a correttezza, pericolosità, affidabilità ed equità), e che le esperienze traumatiche possono favorire una vulnerabilità a sviluppare psicosi attraverso processi cognitivi e comportamentali. Nello specifico, in linea con il modello cognitivo della psicosi proposto da Morrison (2001) sarebbe ragionevole assumere che ciò potrebbe sviluppare errate cognizioni su di sé e sul mondo sociale (ad esempio, “io sono vulnerabile”, “le altre persone sono pericolose”), che, a loro volta, potrebbero portare a interpretazioni inaccettabili di eventi o fenomeni psicologici, come ad esempio intrusioni indesiderate, che risultano essere i sintomi psicotici considerati.

Lettura di approfondimento:  Svezzamento del bambino: il ruolo del cibo nella relazione madre-bambino

Per quanto riguarda la vulnerabilità biologica, invece, Read et al.,(2001) hanno suggerito che esperienze molto precoci o sufficientemente gravi di esperienze negative potrebbero essere in grado di modellare lo sviluppo cerebrale in modo anormale. Egli ha evidenziato come le somiglianze neurologiche tra soggetti con sintomi psicotici e coloro che hanno avuto esperienze di abuso nell’infanzia potrebbero suggerire che alcuni dei processi psicologici potrebbero avere dei substrati biologici. Altri autori dimostrano che l’esposizione a condizioni di stress persistenti possono promuovere la produzione cronica di glucocorticoidi, i quali possono portare a modifiche permanenti all’asse ipotalamico- pituitario- adrenalinico (HPA); le disfunzioni permanenti nella regolazione dell’asse HPA possono influire, a loro volta, sulla presenza di anormalità dopaminergiche, le quali sono coinvolte nella formazione di sintomi psicotici.

Per quanto riguarda l’abuso sessuale nell’infanzia, invece, una spiegazione presa in considerazione da diversi autori è quella di leggere la dissociazione, spesso frequente in questi soggetti, come incapacità di integrare le informazioni che normalmente dovrebbero essere integrate, al fine di evitare il raggiungimento della consapevolezza degli eventi negativi e le relative implicazioni.

Bibliografia

  • Di Blasio, P. (a cura di) (2000). Psicologia del bambino. Il Mulino, Bologna.
  • Gibbons, J., Conroy, S. andamp; Bell, C. (1995) Operating th Child Protection System, London, HMSO Publication
  • Morrison AP (2001) The interpretation of intrusions in psychosis: an integrative cognitive approach to hallucinations and delusions. Behav Cogn Psychother 29:257–276
  • Read, J., Perry, B., Moskowitz, A. andamp; Connolly, J. (2001).The contribution of earlytraumatic events to schizophrenia in some patients: A traumagenic neurodevelopmental model. Psychiatry: Interpersonal and Biological Processes, 64, 319–345.
  • Janssen, I., Krabbendam, L., Bak, M., Hanssen, M., Vollebergh, W., de Graaf, R. andamp; van Os, J. (2004). Childhood abuse as a risk factor for psychotic experiences. Acta Psychiatr. Scand. 109, 38–45.

Lettura di approfondimento:  Gli indicatori di abuso

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