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La testimonianza del bambino: distorsione della memoria, falso ricordo e suggestione

Scritto da Dr.ssa Mara Giani il 24 Luglio 2014
Categorie
  • Psicologia forense
Tags
  • testimonianza del bambinoI bambini sono più suggestionabili degli adulti, in particolare i più piccoli (3 o meno).
  • Gli adulti ricordano un maggior numero di informazioni, ma sia in forma corretta che sbagliata.
  • I bambini piccoli sono molto accurati nella rievocazione libera, ma non rievocano tante informazioni quante gli adulti.
  • È più probabile che i bambini facciano delle elaborazioni sulle risposte corrette, piuttosto che su quelle sbagliate.
  • Lo stress non sembra interferire sulla memoria.
  • I bambini più piccoli posseggono una minore capacità di rispondere accuratamente a domande obiettive e suggestive e la capacità di ricordare si affievolisce con l’allontanarsi dell’evento nel tempo.
  • La rievocazione libera è più accurata della rievocazione guidata, ma non elicita tante informazioni quante quest’ultima
  • Se si rende necessaria la rievocazione guidata, le domande (non più di due) che permettono risposte a scelta multipla sono più efficaci rispetto alle domande con risposte sì/no o molto brevi. Non vi sono prove secondo cui i bambini costruirebbero storie false.

Indice dei contenuti

    • La testimonianza
    • La distorsione della memoria
    • Il falso ricordo
    • La suggestione
  • Approfondimenti

La testimonianza

L’attendibilità della testimonianza, quindi, dipende dall’accuratezza del ricordo, ossia dalla corrispondenza tra il contenuto dell’evento e il contenuto della memoria; mentre la quantità di elementi che vengono ricordati non è rilevante (in una scena di un crimine, non ci interesserebbe sapere se di che colore era la tenda della stanza in cui è accaduto un omicidio e altri dettagli simili, mentre sarebbe determinante se la persona ricordasse anche solo il volto dell’omicida). È utile tenere a mente che l’incoerenza nel racconto non implica mancanza di accuratezza. I dati sulla comprensione del linguaggio ad un’età precoce segnalano una competenza cognitiva anche se non è sempre espressa coerentemente: le parole possono non corrispondere del tutto ai concetti, ma in ogni caso, la rappresentazione implica reti elaborate di attributi (Loftus; 1975). Questo fenomeno vale anche per l’attività di recupero.

Fattori che possono influenzare il grado di riproduzione di un ricordo, non sono solo dovuti alla modalità in cui vengono poste le domande, ma anche al significato personale che abbiamo dato a quell’evento, alle conseguenze dell’evento stesso, al suo contenuto emotivo, alla quantità di tempo che trascorre tra l’evento vissuto e il suo ricondurlo alla memoria, i motivi per cui viene ricordato e per chi.

La distorsione della memoria

Nella memoria non ci sono tracce ben definite di esperienza, fatti e avvenimenti vissuti, quanto piuttosto un gran numero di elementi sparsi, ai quali uno può accedere in modo diretto (guardando nella propria mente e vedendo immediatamente il contenuto che cercava) o indiretto (arrivando gradualmente al ricordo che non si presenta in modo spontaneo). Uno dei principi del funzionamento della memoria umana è che l’atto stesso del ricordare una parte di episodio comporta allo stesso tempo il dimenticarne altre parti, producendo effetti distorsivi della memoria e importanti modifiche sul contenuto di un resoconto.

Lettura di approfondimento:  La valutazione del danno psichico

Ricordare, inoltre, non consiste solo nel mettere in memoria ciò che è pervenuto ai nostri sensi. Un dato che è rappresentato in memoria e che non viene mai utilizzato può essere difficilmente chiamato ricordo. Perché lo diventi, occorre che sia recuperato e utilizzato per un qualche scopo. Senza la possibilità di recuperare il contenuto dalla memoria il ricordo non esiste.

In primo luogo, dalle nostre conoscenze: ciò che uno vede, dipende non solo dagli elementi presenti nella scena, ma anche dalle conoscenze e convinzioni precedenti a tale situazione vissuta (es. se conosco il concetto di “albero”, saprò anche riconoscerlo nella realtà e ricordami di averlo visto; se ho uno stereotipo negativo rispetto al concetto di “immigrato”, sarò portato a ricordare che un certo evento sgradevole sia stato causato dalla sua presenza piuttosto che da quella di un italiano).

E’ possibile che vengano ricordate anche cose non vere, di cui l’individuo non ha avuto diretta esperienza. Tuttavia, questo accade soprattutto nel caso della rievocazione di parole o frasi, durante la quale si può ricordare di aver sentito o letto una frase che, invece, non c’era. Questo dipende dalla memoria a lungo termine, nella quale sono rappresentati concetti che si traducono in parole. Tali concetti sono collegati sia in base alle relazioni logiche e categoriali che a quelle associative (es. se pensiamo alla parola “notte”, ci vengono subito in mente altri concetti legati a tale parola, come quello di “sonno”).

Quando si vogliono ricordare avvenimenti, invece, si assiste a distorsioni di memoria che sono dovute perlopiù all’intervento di fattori esterni, quali suggerimenti o influenze specifiche che accentuano discrepanze tra alcuni processi mnemonici, o creano disfunzioni in altri, con la conseguenza di produrre distorsioni del ricordo e talvolta creare ricordi palesemente falsi.

Il falso ricordo

I falsi ricordi sono ricordi non autentici, che possono essere totalmente inventati o possono derivare da altri ricordi reali parzialmente alterati; inoltre, un falso ricordo può crearsi per aggregazione: da varie memorie distinte possono essere estrapolati frammenti che nella mente umana vengono ricombinati insieme.

Un parametro centrale per stabilire se una memoria infantile è falsa o vera è lo sviluppo del cervello: fino ad un certo grado di sviluppo (4-5 anni), infatti, non è possibile formare ricordi stabili di conseguenza è lecito diffidare delle memorie anteriori a questo stadio, il ricordo che risale all’infanzia risulta poco affidabile, dal momento che da adulti le memorie infantili vengono spesso “corrette” e arricchite da particolari derivanti dalle aspettative e dalle fantasie dell’individuo.

Avere un ricordo articolato sotto l’età di tre anni è un falso ricordo quasi per definizione, a dire di molti esperti: infatti il lobo prefrontale inferiore sinistro – necessario per la memoria a lungo termine – non è ancora sviluppato nei bambini. Lo sforzo complesso di codificazione, richiesto per classificare e ricordare un evento, non può dunque avvenire nel cervello di un infante. Si può quindi ritenere che presunti ricordi risalenti ai primi anni di vita siano poco attendibili.

Lettura di approfondimento:  Affido extrafamiliare

E’ possibile però che i bambini molto piccoli possano codificare e registrare frammenti di ricordi; non sempre ciò aiuta la formazione di falsi ricordi, ma può avere un impatto forte da adulti.

I bambini, dai 4 anni di età, possono avere un ricordo libero (non sollecitato da domande) molto accurato con elementi corretti, i bambini hanno difficoltà a ricordare dettagli non salienti, o periferici, rispetto all’evento, mentre ricordano meglio aspetti più salienti.

Quando i bambini ripetono il loro resoconto, non aggiungono elementi di fantasia o invenzioni, a meno che non considerino la situazione un gioco fantastico. È quindi possibile che ripetizioni successive di uno stesso racconto siano comunque attendibili. Ma questo accade solo quando i bambini non sono sottoposti a nuove interviste o colloqui contenenti nuove informazioni. In quest’ultimo caso, infatti, il resoconto risentirà del contenuto dei colloqui precedenti, contenendo molto probabilmente, le nuove informazioni ricevute nel corso delle conversazioni precedenti. La ripetizione sarà quindi una versione corretta dei fatti, solo se nell’intervallo di tempo non sono state fatte domande o non sono state fornite altre informazioni suggestive.

La suggestione

Nel lavoro con i bambini possiamo incorrere in diversi errori di suggestionabilità ed è bene esserne consapevoli, se vogliamo aiutarli a dar voce alle loro esperienze in un modo che possa aiutarli non solo a dare una valida testimonianza, ma anche ad elaborare i loro vissuti.

I bambini tendono a riconoscere elementi mai presentati in precedenza, quindi una testimonianza che utilizzi il lineup (una serie di volti sospetti dove riconoscere il colpevole) non è attendibile con il bambino, che potrebbe dare più risposte positive, però, l’accuratezza tende ad aumentare se nel momento di recupero della memoria, viene restaurato lo stesso contesto in cui si è svolto l’episodio.

Un’ulteriore problema è creato dalla tendenza dei bambini a dire “sì” a molte domande poste in modo diretto (es. quel ragazzo aveva gli occhiali?), anche se la risposta dovrebbe essere negativa. Soprattutto i bambini molto piccoli quando dicono “sì” o “no” spesso accettano o rifiutano l’asserzione del parlante e non giudicano direttamente la verità o la falsità del contenuto dell’asserzione. Le risposte dirette andrebbero quindi formulate solo se il bambino ha già fornito un resoconto libero iniziale con dati sui quali si basa la domanda (es. ha detto di aver visto un ragazzo). Ad ogni modo sarebbe preferibile controllare inizialmente la tendenza del bambino a dire sì, con domande di prova.

Solo verso i 7 anni sono in grado di giudicare la verità degli enunciati, indipendentemente dal loro accordo con l’interlocutore, grazie all’introduzione dell’alfabetizzazione che permette di oggettivare la conoscenza, distinguendola dalla soggettività delle interpretazioni.

Riprendendo il concetto di suggestione di fronte ad una figura più o meno autorevole; i bambini risultano più suggestionabili se chi pone la domanda è un adulto piuttosto che un bambino. Gli esperti consigliano di comportarsi con il bambino in modo onesto, dichiarando il motivo dell’incontro e ponendo le domande in modo corretto. Occorre utilizzare in questi casi un linguaggio comprensibile al bambino, ma mai tentare di farsi vedere come non-adulto.

Lettura di approfondimento:  Il CTP e il rapporto con il CTU e il Cliente

Approfondimenti

  • Bartlett F. C. Remembering.A study in experimental and social psychology, Cambridge, Cambridge University Press; trad. it. La memoria: studio di psicologia sperimentale e sociale, Milano, Angeli, 1974.
  • Dent H. Children’s eyewitness evidence: A brief review, in M.M. Grunberg, P. E. Morris e R. N. Sykes (a cura di) Practical aspects of memory: current research and issue, Chichester New York, Wiley, pp. 101-106; 1988.
  • Gobbo C. e Fregoni C., Alcuni fattori che influenzano la suggestionabilità del ricordo in bambini di quattro e sette anni, in “Età evolutiva”, 52, pp. 76-82; 1995.
  • Goodman G. e Reed R. S.  Age differences in eyewitness testimony, in “Law and Human Behavior”, 10, pp. 317-332; 1986.
  • Gudjonsson G. A new scale of interrogative suggestionability, Personality and Individual Differences, 7 pp 195-199, 1984.
  • Loftus E. F. e Zanni G. Eyewitness testimony: The influence of wording of a question, in Bulletin of the Psychonomic Society, 5, pp. 86-88, 1975.
  • Mazzoni G. Naturally-occurring and suggestion-dependent memory distortions. Target article, European Psycholgist n. 7, pg. 91-98, 2002.
  • Mazzoni G. Si può credere ad un testimone? La testimonianza e le trappole della memoria; il Mulino, Bologna; 2003.
  • McCloskey Z. e Zaragoza M. Misleading postevent information and memory for events: arguments and evidenze against memory impairment hypotheses, Journal of Experimental Psychology: General, 114, pp. 3-18, 1985.
  • Sandler Joseph, Fonagy Peter, Il recupero dei ricordi di abuso. Ricordi veri o falsi?, 1ª edizione, Milano, Editore Franco Angeli, 2002.
  • Schacter Daniel, Searching for Memory – the brain, the mind and the past.

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