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Scoprire la menzogna: esistono dei modi per smascherare un bugiardo?

Scritto da Dr.ssa Mara Giani il 26 Settembre 2017
Categorie
  • Psicologia forense
Tags
  • psicologo milano
Scoprire la menzogna

Uomo con le dita incrociate | Autore: dolgacho

Scoprire la menzogna

Uomo con le dita incrociate | Autore: dolgacho

Da sempre il genere umano ha avuto la necessità di scoprire se una persona mente o meno. I contesti sono i più disparati spaziando da quelli più gravi, come i delitti, a quelli meno gravi e che possiamo incontrare nella vita di tutti i giorni.

Indice dei contenuti

    • Diverse modalità per scoprire la menzogna nel tempo
    • Il funzionamento della macchina della verità
    • Attuale utilizzo della macchina della verità
    • Esistono dei metodi scientificamente validi per scoprire la menzogna?
  • Bibliografia

Diverse modalità per scoprire la menzogna nel tempo

Per scoprire la menzogna e smascherare gli impostori, nel corso dei secoli e in diversi contesti culturali, l’uomo ha messo a punto una serie di prove atte allo scopo.

Queste appaiono diversissime fra di loro e, soprattutto quelle del medioevo, hanno il sapore di riti e superstizioni considerate però prove inconfutabili di menzogna.

Nel lontano medioevo erano in voga le “prove di Dio” per stabilire la veridicità di quanto affermato. Esse erano diverse a seconda dell’epoca e della geografia, ma tipicamente avevano a che fare con elementi come l’acqua o il fuoco. Una classica prova poteva essere quella di fare alcuni passi (9 per la precisione) tenendo in mano un ferro rovente per poi appoggiarlo delicatamente a terra. Appena riposto un giudice copriva la mano dell’indagato con la cera e l’avvolgeva in un panno di lino. Dopo 3 giorni la mano veniva analizzata e, se vi erano segni di bruciatura, la persona sarebbe stata condannata.

In India invece si osservavano e interpretavano i tremori dell’alluce oppure si tirava la coda di un asino che, se ragliava, stava ad indicare la menzogna.

Più recentemente, e grazie anche al cinema, troviamo la famosa macchina della verità (Lie Detector) che è stata costruita da Marston e Larson attorno agli anni 20 del 1900 proprio per scoprire la menzogna nascosta dietro ad una dichiarazione.

Certo il salto è ampio se consideriamo il raglio di un asino e la macchina della verità, strumenti utilizzati al medesimo scopo, ma ci sono stati degli antecedenti che hanno forgiato l’idea e la costruzione della Lie Detector. Fra questi troviamo Lombroso che, nel 1892, affermò di poter stabilire la verità attraverso la misurazione della pressione arteriosa.

Lettura di approfondimento:  Consulenza Tecnica d'Ufficio

Jung invece riteneva di aver trovato una correlazione fra i riflessi psicogalvanici (abbassamento della resistenza elettrica cutanea) e i processi emotivi inconsci.

Ma la spinta maggiore arrivò dal Governo USA, a cavallo della prima guerra mondiale, che iniziò ad occuparsi intensamente delle attività connesse al controspionaggio.

Il funzionamento della macchina della verità

Ma come funziona la tanto decantata macchina della verità? E soprattutto, è efficace per scoprire la menzogna che si nasconde dietro i bugiardi?

Il nome più appropriato per chiamare la macchina della verità è poligrafo. L’ideatore è stato Marston, uno studente di psicologia, che mise a punto la macchina.

Inizialmente utilizzò come parametro solo la pressione sanguigna, poi perfezionò la sua invenzione aggiungendo altri parametri come il ritmo cardiaco, quello respiratorio e la micro-sudorazione della pelle.

L’idea di fondo era che ci sono delle reazioni fisiologiche legate all’azione del mentire. Tuttavia come è stato dimostrato, ad esempio da Cacioppo, la fisiologia cambia con qualsiasi risposta emotiva e non solo se stiamo mentendo.

Pensiamo ad esempio ad una situazione stressante, come quando dobbiamo sostenere un esame o quando proviamo una paura intensa: il cuore batte più forte e possiamo sudare ad esempio. Pertanto, durante un interrogatorio supervisionato da un poligrafo, non è raro che emozioni e stati d’animo negativi subentrino andando ad inficiare i risultati della macchina perché, se è vero che c’è stata un’alterazione fisiologica, questa non è necessariamente legata alla menzogna detta. In tutti questi casi si parla di falsi positivi.

Normalmente un esame poligrafico era strutturato in 3 fasi:

  1. Intervista “pre-test” e “stimulation test”;
  2. Fase “test”;
  3. Interrogatorio “post-test” se necessario.

Durante la fase di “pre-test” il poligrafista faceva all’esaminato delle domande di carattere generali inerenti interessi o il background culturale. Queste risposte sarebbero state utilizzate per scegliere le domande di controllo e per ottenere ammissioni di colpevolezza durante una eventuale fase di “post-test”. Sempre in questa fase veniva spiegato il funzionamento della macchina sottolineando come il poligrafo registrasse qualsiasi reazione fisiologica quando veniva detta una bugia.

Lettura di approfondimento:  Legame d'attaccamento: sviluppo, caratteristiche e fasi

Durante lo “stimulation test” il poligrafista, ingannando l’esaminato, diceva che la presente dimostrazione aveva lo scopo di regolare lo strumento e di accertare l’abilità del soggetto di rispondere fisiologicamente quando mente di proposito. In realtà, il vero obiettivo, era di far credere che il poligrafista fosse in grado di rilevare qualsiasi bugia.

Durante la fase di “test” venivano montati i sensori e si davano delle istruzioni: rimanere fermi con gli occhi aperti e rispondere solamente “sì” o “no”.

Le domande, poste a intervalli di 30 secondi, venivano ripetute in 2/3 serie ed eventualmente si chiedeva perché si fosse risposto in un certo modo ad una specifica domanda.

Infine l’interrogatorio “post-test” veniva messo in atto soprattutto se l’esaminatore sospettava una menzogna allo scopo di ottenere una confessione.

Come detto prima, l’idea di fondo del poligrafo manca del nesso causa-effetto rendendo di fatto l’esame inutile. Inoltre vi sono altre debolezze metodologiche che lo rendono uno strumento non scientifico come il fatto che l’opinione dell’esaminatore può influenzare il soggetto e che si può insegnare a superare brillantemente l’esame.

Attuale utilizzo della macchina della verità

La storia ci riporta il caso di Gary Leon Ridgway, serial killer statunitense, colpevole di almeno 48 omicidi che ha superato per ben due volte il test della macchina della verità!

Tuttavia negli Stati Uniti il fascino per una macchina del genere rimane e il suo utilizzo permane e può essere richiesto a discrezione di un giudice della corte federale.

In Europa invece il poligrafo non viene praticamente mai usato come strumento di indagine, ma più spesso può essere utilizzato come prova dall’imputato per sostenere la propria difesa.

Esistono dei metodi scientificamente validi per scoprire la menzogna?

Alcune differenze tra chi mente e chi no

Per rispondere a questa domanda ci rifacciamo agli studi di Geiselman che ha provato scientificamente come i bugiardi abbiano alcune peculiarità dell’eloquio.

Lo studioso infatti ha individuato come chi cerca di nasconderci qualcosa parli poco attenendosi allo stretto necessario e giustificandosi su tutto quello che dice quando le circostanze non lo richiedono. Dal momento che deve architettare una bugia, ha bisogno di tempo per costruirla; per questo ripete più volte la domanda che gli è stata posta e la risposta verrà data molto lentamente, con il passare del tempo e quindi nel momento in cui la bugia prende forma, il suo eloquio diventerà più spedito.

Lettura di approfondimento:  Consigli per gestire l'Alienazione Parentale

Chi mente poi osserva attentamente l’interlocutore per valutare se la propria risposta fa presa su l’altro, se la reputa credibile. Questa osservazione continua e potremmo dire anche insistente dell’interlocutore appare evidente nel momento in cui viene fatta una domanda cruciale.

Tipicamente, chi non sta mentendo, per mantenere la concentrazione tende ad evitare il contatto visivo con l’altro, cosa che non accade in chi mente proprio perché attiva un monitoraggio continuo sull’altro.

Come si può vedere sono delle indicazioni, seppure validate scientificamente, difficili da mettere in pratica con precisione in ogni circostanza. Esse piuttosto ci forniscono dei campanelli d’allarme che un osservatore attento può cogliere per provare a scoprire la menzogna.

La costruzione di una “vera macchina della verità” rimane ancora lontana.

Scritto dalla Dott.ssa Mara Giani e dalla Dott.ssa Chiara Cicchese

Bibliografia

  • I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, di Paul Ekman
  • Il linguaggio della menzogna di Marco Pacori

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