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10 passi per sfogare la rabbia in modo sano

Scritto da Dr.ssa Sabrina Cassottana il 29 Gennaio 2016
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  • Emozioni
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  • emozioni

sfogare la rabbiaParliamo di come sfogare la rabbia

Su internet e sugli scaffali delle librerie spopolano guide e manuali per “gestire” la rabbia e vivere felici, come se questa emozione fosse un abominio da combattere e relegare nelle epoche buie e meno civilizzate dell’evoluzione umana. Se, per alcuni, la rabbia è un’emozione da negare e condannare, per altri, può anche essere l’unico modo per esprimere vissuti negativi o spiacevoli.

Quanti di voi si riconoscono tra coloro che affermano placidamente di non arrabbiarsi mai, oppure appaiono sempre felici e sorridenti, o, ancora, hanno sempre un buon motivo per lamentarsi e sono infastiditi dal mondo intero? Quanti possono dire di vivere pienamente le loro emozioni? La risposta è: ben pochi.

Immaginate di paragonare ciascuna emozione ad una diversa tonalità di colore: chi si “concede” soltanto due o tre emozioni principali, ha una visione “daltonica” della realtà. C’è chi vede il mondo in modo rossastro, passionale e sanguigno, chi lo percepisce grigio e apatico, chi dà risalto alle tonalità fredde e chi, magari, lo vede come un Eden luminoso e pieno di positività. Per quanto possa apparire invidiabile quest’ultima condizione, anch’essa ha un lato “ombra” non indifferente: la cecità alle emozioni negative impedisce anche di riconoscerle negli altri, rendendoci, di fatto, incapaci di difenderci.

10 step per sfogare la rabbia in modo sano

Che cosa possiamo fare per riconquistare una visione a colori della nostra vita? Ecco dieci stimoli pratici per reintegrare la rabbia nelle emozioni ammesse e tornare ad ampliare la “palette di colori” così come ci è stata data in dotazione alla nostra nascita.

  1. Pane al pane…: la rabbia a volte nasconde il dolore, a volte un dispiacere, a volte un vissuto di abbandono, un senso di inferiorità, una frustrazione… è importante distinguere le varie sfumature per sviluppare la propria “competenza emotiva”. Prendete un foglio e dividetelo in quattro quadranti: “ciò che mi rende triste”, “ciò che mi ferisce”, “ciò che mi fa sentire solo/inferiore”, “ciò che sento frustrante”. Usate questa griglia per collocare le varie esperienze della giornata e osservate se e quanto ricorrete alla rabbia per gestire le altre emozioni spiacevoli.
  2. Istinti e movimenti: sia che si tratti di una rabbia purosangue, sia del trucco per mascherare un’altra emozione, essa suscita degli effetti fisiologici nel nostro corpo. Cominciamo a prestar loro attenzione: dov’è la rabbia? Nello stomaco che brucia? Nel fegato “amaro”? Nella pancia che brontola? Nei muscoli che si irrigidiscono? Cerchiamo di collocarla e di metterla bene a fuoco, poi aiutiamo il nostro corpo ad alleggerirsi. Niente di meglio di una musica tribale che ci accompagni durante 5 minuti di solitudine per aiutarci ad esternare le emozioni spiacevoli utilizzando movimenti spontanei e destrutturati (da quelli più ampi con gambe e braccia, ai micro-movimenti facciali). Questo permette di alleggerire l’emisfero sinistro, quello logico, caricato dalle credenze e dalle “buone maniere”, per lasciare più spazio al destro, l’emisfero della creatività e del colore.
  3. Lasciare fluire: dopo il movimento, che libera la parte creativa del nostro cervello, sarà più semplice dare voce alle emozioni e lasciare che si trasformino in parole sulla carta. Un ottimo esercizio per sfogarsi è la scrittura fluida: partendo da un incipit evocativo, lasciate correre i pensieri, limitandovi a fissarli sul foglio senza giudizio (non importa la grammatica, la forma più o meno poetica, il contenuto più o meno adeguato o coerente con l’emozione iniziale). Ogni volta che la penna si ferma, segno che la razionalità ci mette lo zampino, interrompete la frase e andate a capo, ripetendo la formula iniziale. Il risultato sarà, quindi, un insieme di pensieri che cominciano allo stesso modo. Provate a iniziare con «la mia rabbia è…».
  4. Il caos creativo: armatevi di colori e fogli bianchi, poi, senza pensare e, soprattutto, senza rincorrere il capolavoro artistico, lasciate che il vissuto emotivo prenda forma sul foglio. Macchie di colore, parole piccole piccole o grandi e prepotenti, segni leggeri e delicati o aggressivi e marcati…utilizzando linee e forme astratte si passa dal sentirsi sopraffatti dalle emozioni spiacevoli al dare loro un limite ed un contenimento.
  5. Ufficio reclami: certe volte ci sentiamo talmente furiosi da non riuscire a concepire la possibilità di trattenere la rabbia, figuriamoci se possiamo incanalarla in una forma artistica! Vogliamo solo lamentarci e far sapere al mondo intero quanto siamo irritati. Benissimo, perché abbiamo un interlocutore che, come nessuno, sarà in grado di comprenderci e ascoltarci: lo troviamo riflesso nello specchio! Abbiamo il diritto di arrabbiarci, di fare gli “isterici”, di pestare i piedi, di urlare e di inveire. Lo specchio ci ascolta, ci accoglie e ci restituisce oggettivamente la nostra immagine: niente di meglio che guardarci negli occhi per fare i conti con noi stessi. E se, a volte, ci rendiamo conto di aver esagerato un po’ o di avere una faccia veramente ridicola, beh, tanto meglio: una bella risata ci aiuta a stemperare la tensione e ad uscire più leggeri dall’Ufficio Reclami!
  6. Mettiamoci una pietra sopra: nonostante l’impegno a guardare avanti, ad “essere zen”, a non pensarci più, i dispiaceri passati continuano a ritornare avvelenandoci le giornate? Forse è il caso di metterci letteralmente una pietra sopra… una pietra tombale! Dato che il nostro cervello reagisce in modo simile a ciò che è reale e a ciò che è virtuale, possiamo celebrare un bel funerale: una piccola scatola di cartone diventerà il feretro contenente tutto ciò che vogliamo lasciarci alle spalle (lettere, foto, ricordi…). Non lasciamo nulla al caso e prestiamo attenzione ai dettagli: il posto in cui seppellirla o bruciarla, l’iscrizione su un sasso/pietra tombale, il discorso da leggere durante la “cerimonia”, una candela e un fiore da lasciare prima del distacco. Ora sì che possiamo davvero “lasciare andare”.
  7. Quello che non ti ho detto: all’ennesimo scoppio d’ira vi torna in mente all’improvviso la black list completa di tutti i litigi precedenti con il vostro interlocutore e tutti i buoni propositi (gli parlo con calma, non lo insulto, non alzo la voce, ecc..) cadono nel dimenticatoio in un nanosecondo. Vi è mai capitato? È frustrante, vero? Sembra che non se ne riesca proprio ad uscire! Forse il problema è che la nostra memoria è sovraccarica di errori, e, come un computer, necessita di una manutenzione un po’ più accurata del semplice clic su “Ignora”. Armiamoci di pazienza, tempo, carta e penna (sono sempre le armi migliori!), e scriviamo una lettera al nostro interlocutore, una lettera lunga e sincera (intanto non la leggerà mai), precisando nei dettagli tutto ciò che detestiamo o che ci fa male. Un suggerimento in più: per aumentare esponenzialmente il riverbero positivo di questo esercizio, scriviamo anche una lettera simile a mamma e una lettera a papà, senza inviarla. Ricordando i dispiaceri, concedendoci la possibilità di ammetterli, potremo anche perdonarli più facilmente e abbandonare il rancore.
  8. Quando perdiamo il controllo, dove va a finire? “È colpa tua se mi arrabbio” significa “hai potere su di me”. Se, a mente fredda o con alcune delle tecniche precedenti, comprendiamo che cosa abbia fatto scattare il nostro “interruttore” (perché quella persona ci dia tanto fastidio), ecco che sappiamo come funziona l’innesco della bomba. Quella è la prima informazione che serve per poterla disinnescare e questa è la domanda che ci aiuta di più: quando ero piccolo, chi mi faceva sentire in questo stesso modo? A questo punto “è colpa tua se mi arrabbio” diventa “mi arrabbio solo perché mi ricordi quella persona, non per colpa tua”… e se non è colpa tua, non hai più il potere di farmi arrabbiare!
  9. Parole che feriscono, parole che guariscono: immaginate di sentirvi dire “questo tuo comportamento mi ferisce/mi irrita” oppure “tu mi ferisci/tu sei irritante”. Quale delle due vi dà più fastidio e vi stimola a difendervi o ad attaccare? Un conto è portare l’attenzione su un comportamento che non va bene, un altro è affermare che è la persona intera ad essere sbagliata. Purtroppo impariamo queste forme di comunicazione non efficace già da piccoli, ricevendo messaggi simili da genitori e insegnanti stanchi, spazientiti e inconsapevoli (“Sei un disastro/Mi fai sempre arrabbiare/Sei un bambino cattivo..”), tuttavia, possiamo allenarci a comunicare in modo consapevole (es.: “razionalmente so che non vuoi farmi del male, emotivamente ci rimango male lo stesso.. puoi aiutarmi facendo un po’ più attenzione la prossima volta?”).
  10. Da nemico ad alleato: l’essere umano ha saputo utilizzare la forza dirompente, potenzialmente distruttiva, degli elementi per produrre energia (pensate, per esempio, a quella idroelettrica). Perché non fare altrettanto con la rabbia, adoperando a nostro vantaggio tutta la forza, l’energia che produce? Immaginate che la vostra rabbia sia un personaggio fantastico, frutto della vostra fantasia o ricordo di qualche fiaba letta da bambini, e (re)inventatene la storia (come è fatta, da dove viene, che cosa l’ha resa ciò che è, punti di forza e di debolezza, ostacoli da superare e, rigorosamente, il lieto fine). Poi traducete i passaggi principali con dei movimenti precisi (4-5 massimo) e metteteli in sequenza. Ripeteteli per memorizzarli e, una volta scelta la giusta colonna sonora, ballate! Il corpo memorizza il movimento e il senso di forza associato, così vi sarà possibile richiamare quell’energia in qualunque momento ne abbiate bisogno.

Lettura di approfondimento:  6 consigli pratici per affrontare la nascita di un bambino prematuro

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