Mi capita più spesso di ricevere richieste di trattamento psicoterapeutico sull’anginofobia, ovvero sulla paura di soffocare. Si vai dai casi in cui la persona presenta difficoltà ad ingoiare cibi solidi (carne, pasta, pizza, etc.), fino alla paura di bere liquidi (es. succhi di frutta, acqua).
Alla base di questa fobia si nasconde spesso, una situazione di forte stress, in parte collegata alle relazioni affettive, al lavoro e alla vita in generale, che spinge la persona a controllare tutto, compreso il comportamento alimentare.
Ciò che si crea, quindi, è una situazione in cui ciò che prima avveniva in modo spontaneo (mangiare) diventa qualcosa di volontario, spogliando della sua spontaneità un gesto del tutto naturale.
Un’altra causa dell’anginofobia, anche se non strettamente necessaria per la formazione del problema, è da individuare all’interno di situazioni ben precise: essere stato vittima in prima persona o avere assistito ad un familiare, amico che ha rischiato o è morto per soffocamento. In questo caso la causa è spesso connessa ad un trauma in quanto genera una frattura temporale tra un prima e un dopo.
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Di fondo c’è un controllo che genera la perdita del controllo, dove la persona mette in atto dei comportamenti che finiscono per peggiorare, piuttosto che per risolvere il problema.
Tra questi:
La dinamica nella quale finisce dentro la persona che soffre di anginofobia, può essere descritta come una vera e propria regressione all’età dello svezzamento, pur mantenendo l’esperienza passata. Più nello specifico la persona si sforza di mangiare come ha sempre fatto, ma non ci riesce ed è proprio questo sforzo (oppure l’evitamento completo) che ingigantisce ulteriormente il problema. Come se volesse correre, senza esser in grado di camminare.
L’approccio da adottare per la gestione e la risoluzione della paura di soffocare è quello di provare a “ripristinare” la situazione iniziale, ovvero comportarsi “come se” si dovesse tornare alla fase di svezzamento e procedere per piccoli passi. Quindi si inizia assaggiando il cibo e a gustarne il sapore, partendo da piccole porzioni e via via aumentandone la quantità.
L’idea di fondo è quella di procedere un piccolo passo alla volta, fino a recuperare nuovamente la capacità andata persa, cercando sempre di porsi in una condizione in cui ci si sente a proprio agio, toccando quindi il proprio limite, per superarlo.
Nelle situazioni più complesse è consigliabile chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta, che possa fornire un supporto nello sblocco del problema e nella gestione dello stress e delle relazioni disfunzionali che sono alla base di questa fobia.
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