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Come comunicare la morte del genitore ad un bambino?

Scritto da Dr.ssa Annabell Sarpato il 23 Novembre 2012
Categorie
  • Traumi, lutti, perdite e separazioni
Tags

morte di un genitoreComunicare la morte di un genitore

Quando si parla di traumi infantili, spesso si fa riferimento alle violenze e ai maltrattamenti che essi subiscono da parte di familiari o estranei. Non sempre, però, si considera un altro trauma, che forse può essere considerato l’esperienze più dolorosa che può vivere un bambino: la morte di un genitore. Essa ha un effetto così devastante sul senso di sicurezza personale del piccolo che è difficile, se non impossibile, stabilire il netto confine tra il dolore fisiologico e l’inizio del trauma. Ciò dipende da una serie di circostanza, sia interne che esterne al bambino. Tra le prime sicuramente giocano un ruolo fondamentale lo stato di sviluppo del bambino, le sue capacità cognitive e le risorse emotive, mentre per quanto riguarda gli elementi esterni non possiamo trascurare il tipo di morte del genitore, la conoscenza che il minore ha di questa, la sua presenza al momento del decesso e il modo in cui ne viene messo al corrente.

Come comunicare la morte del genitore

La morte di una persona cara è un momento di grande dolore per tutta la famiglia che, qualora ci fossero dei bambini piccoli, si trova ad affrontare un dolore ancora più agghiacciante: quello di comunicare al piccolo che la sua mamma o il suo papà non ci sono più. Il primo momento di grande complessità a cui deve far fronte la famiglia è, infatti, proprio quello di comunicare la triste notizia al bambino: è errata la credenza popolare secondo la quale i bambini molto piccoli non si accorgono della mancanza di mamma o papà, anzi. Il rischio, qualora si decidesse di tenere nascosta questa notizia, insieme al naturale senso di tristezza e di disperazione che il bambino si trova a respirare in casa, è che il piccolo si dia una spiegazione errata di ciò che è successo. Ricordiamoci che i bambini comprendono più di quello che sono in grado di articolare con il linguaggio. A volte la famiglia decide di comunicare privatamente al bambino la triste notizia, mentre in alcune situazioni si sceglie di farsi supportare da uno specialista che, con la sua esperienza e professionalità, può aiutare i familiari a gestire al meglio questo momento.

Lettura di approfondimento:  Come proteggere bambini e adolescenti dagli abusi sessuali

Il momento in cui si sceglie di comunicare la morte del genitore deve essere fatto in co-presenza con l’altro genitore o con la figura di riferimento che si prende cura del bambino. In entrambi i casi, comunque, è bene ricordarsi che sono tre i messaggi fondamentali che devono essere trasmessi al bambino, in maniera sensibile ed empatica, ma decisa:

  • Il genitore non sarà mai più con il bambino. Questo concetto è molto difficile da far accettare ad un adulto, ancora di più ad un bambino: è opportuno, però, spiegarlo più volte, adeguando le parole all’età e allo sviluppo del piccolo. È importante anche il modo in cui ciò viene detto, in quanto il tono emotivo è un elemento fondamentale per la trasmissione di concetti così forti.
  • Il genitore non voleva morire. I bambini hanno una visione onnipotente dei genitori e tendono a credere che qualsiasi cosa essi facciano sia legata a una loro scelta. Spiegare al bambino che il genitore non ha scelto di morire equivale a far capire al bambino che egli non ha deciso volontariamente di abbandonarlo. Questo aspetto è molto importante e deve essere ribadito più volte, utilizzando frasi brevi e semplici. Ovviamente la situazione si complica qualora il genitore abbia deciso di morire, ad esempio, ricorrendo al suicidio.
  • Il genitore non tornerà mai più. Questo concetto è il più doloroso, in quanto si contrappone alle normali rassicurazioni che si danno ai bambini di fronte all’ansia di separazione: sottolineare la irreversibilità della morte serve al piccolo per distinguerla dalla normale separazione.

Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione, qualora il bambino viva profondi sensi di colpa, è quello di spiegare che egli non ha nessuna responsabilità. A causa di una visione egocentrica del mondo, spesso i più piccoli credono di essere la causa degli eventi e che, quindi, se si fossero comportati in maniera diversa, tutto ciò non sarebbe successo. Anche se questo è molto doloroso per i bambini, in realtà alcuni studiosi hanno ipotizzato che sostenere la propria responsabilità permette di difendersi contro un’alternativa ancora più spaventosa: essere impotenti. È bene, dunque, laddove il bambino si sentisse responsabile dell’accaduto, spiegargli più volte che non ha nessuna colpa.


Lettura di approfondimento:  Disturbo post-traumatico da stress

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