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Verso una dieta paradossale
Chiunque ha tentato, o anche riuscito, a dimagrire, conosce il carattere paradossale della dieta; ogni dieta, sia che sia stata prescritta da un medico o che derivi dal comune buonsenso, è efficace a livello di dimagrimento, ma spesso i risultati tanto desiderati e sofferti, non si mantengono nel tempo. Si può affermare infatti, che il problema dell’intraprendere una dieta, non è tanto la mancanza di risultati o di efficacia, quanto il mantenerequesti risultati nel tempo.
Perché anche se armati delle nostre migliori intenzioni, di forza di volontà e di una dieta “a prova di metro” non riusciamo a mantenere quel peso tanto agognato, con conseguenze negative anche sulla nostra autostima?
La caratteristiche principali delle diete sono il controllo, la limitazione e il sacrificio e proprio per questo alla lunga, si rivelano fallimentari poiché non rispettano quello che il cibo rappresenta da sempre per l’uomo e cioè una fonte di piacere. Anche i programmi dietetici che partono da una selezione di cibi scelta sulla base dei gusti del soggetto mal si adattano al fatto che il piacere si evolve e che non si presta a delle pianificazioni.
Cos’è che determina questo fallimento della dieta sul lungo termine? Cosa ci impedisce di rimanere in forma, facendoci perdere il controllo sulla nostra dieta?
Di fronte a questo scenario a dir poco sconfortante, ci viene in aiuto la cosiddetta dieta paradossale. L’ideale sarebbe quello di mangiare tutto quello che più ci piace, senza ingrassare, e applicando i principi della dieta paradossale, finalmente si può.
Partendo dal presupposto che la caratteristica che accomuna tutte le modalità fallimentari di condurre una dieta prima esposte è che il tentativo di controllo, dapprima efficace, conduce alla fine alla perdita di controllo, la soluzione ideale sarebbe appunto quella di coniugare il piacere e il controllo cioè dimagrire mangiando i nostri cibi preferiti.
Chi si astiene porta sempre in sé il desiderio da ciò da cui si astiene, chi invece si concede ciò che desidera, dopo un po’ non lo desidererà poi più così tanto. Applicando questo principio alla dieta, ne deriva che se ci concediamo quello che più ci piace, dopo un po’ questo cesserà di piacerci e potremo rinunciarvi senza fatica e frustrazione.
La prima indicazione della dieta paradossale è quindi: “Mangia solo e soltanto quello che ti piace di più. Solo e soltanto nei tre pasti: colazione, pranzo e cena.”
Questa prescrizione genera nelle persone che si trovano ad applicarla reazioni particolari, come ad esempio, che tutto ciò che era desiderato morbosamente, se concesso, perde gran parte della sua bramosità; se desiderassimo mangiare cioccolata e ce la concedessimo a pranzo, colazione e a cena, l’effetto sarà che già la prima sera il desiderio sarà un po’ meno intenso.
Grazie a questa concreta esperienza di scoperta, rinunciare ai cibi non sarà più un sacrificio, ma un naturale processo di ricerca di ciò che ci piace di più. Se procedo con questa indicazione, in pochi giorni ci saremo liberati da quei divieti frustranti che ci imponevamo, e avremo liberato i nostri gusti dagli effetti della restrizione forzata. La dieta paradossale a lungo andare, si trasforma nella messa in atto delle nostre più naturali disposizioni nei confronti del cibo, facendo in modo che ciò che ci piace coincida con ciò che ci fa bene. Se ci concediamo di mangiare ciò che ci piace di più, ma lo facciamo solo in spazi e momenti prefissati significherà restringere spazi e tempi senza diminuire la qualità e la quantità del cibo, ma ridurre ricercando la degustazione del piacere alimentare, quindi indirettamente diminuire la quantità di cibo giornaliera scoprendo anche che ogni cosa piacevole, diventa spiacevole quando supera un certo dosaggio.
Per concludere, la dieta paradossale ci libera dagli effetti paradossali del tentativo di controllo forzato nel nostro rapporto con il cibo e il nostro corpo, riconducendoci alla naturale autoregolazione tra piacere e necessità.
Nardone, G. (2010) La dieta paradossale, Ponte alle Grazie
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