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20 Settembre 2016La tecnica Kintsugi.
Quando un vaso scivola tra le mani e cade irrimediabilmente al suolo, lo guardiamo atterriti esclamando: Ho rotto un altro vaso, che faccio lo butto? Ma sì tanto non sarà mai più come prima, non posso farci niente con un vaso rotto! Inevitabilmente l’ossessione del perfetto ci porta a buttare via il tutto, perché qualcosa non è andato come speravamo, diventa difficile accettare quel perfetto non è, accettare le nostre cicatrici e il passato che siamo (leggi come combattere il perfezionismo). Ed ecco che le ferite ci sembrano irreparabili, che i cocci ormai sparsi sembrano impossibili da recuperare e riassemblarli troppo complicato.
Siamo ancora molto lontani dai Giapponesi che di fronte ad un vaso rotto sussurrano:“un vaso rotto è più bello di prima perché porta con sé il suo vissuto!”.
Kintsugi: dall’errore all’opportunità
Eh si, esiste in Giappone il Kintsugi, un’arte che fa dell’errore un’opportunità, di ciò che è irreparabile bellezza ed unicità, che fa colare nelle ferite ancora aperte, nelle crepe ormai profonde, quella sostanza preziosa e luccicante chiamata oro. Ed ecco che quel difetto di cui ci si vergogna viene esaltato, valorizzato e mostrato in tutta la sua bellezza. Questi sono occhi vedono nel profondo, sono occhi diversi spesso dai nostri, che ci portano a guardare l’imperfetto con severità, ilarità o accusa, che ci portano lontano dall’accettazione.
Il Kintsugi è l’arte di trasformare il difetto in bellezza, è fare delle crepe ciò che rende il nostro vaso un pezzo unico, non ci sarà mai un altro oggetto che si è crepato nello stesso modo di un altro.
Le rughe sul nostro volto sono la vita che abbiamo vissuto, gli inciampi dai quali ci siamo rialzati. Cadere è parte del viaggio e sono queste cadute ciò che chiedono di essere ri-conosciute e valorizzate e che ci consentono di amarci veramente.
Permettiti di non buttare via tutto, di essere paziente e riattaccare i pezzi, di vedere che ora ciò che ricordavi in un modo è mutato, ha cambiato forma e sostanza.
Ecco che l’irreparabile è riparabile, che la compensazione è ricchezza e bellezza, che l’unicità è un valore.
Il Kinsugi ci insegna ad essere più disinvolti rispetto alle cadute, ad accettare che possiamo cadere, romperci in mille pezzi, ma che possiamo tornare ad essere più belli e forti di prima se riusciamo a posare l’oro sulle nostre ferite e farne tesoro di unicità.
Il Kinsugi è forse molto diverso da ciò che avviene nella stanza di terapia? Tu cosa ne pensi?
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