intelligenza emotiva
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“Da decenni s’indaga sull’intelligenza emotiva, che oggi rappresenta un elemento imprescindibile per districarsi in un mondo in continuo mutamento, caratterizzato da un’economia globale e da cambiamenti demografici che rendono sempre più diversificate le tipologie di clienti –. L’ambiente di lavoro e le relazioni che si instaurano giocano un ruolo importante nel permettere alle persone di esprimere lo spettro completo delle emozioni.
(Stefano Biaggi, Amministratore Delegato di Sodexo Italia )
Vi siete mai sentiti dire di “mantenere la calma ed essere il più razionali possibile”?
Sicuramente sì e questo è importante non solo nei rapporti di vita quotidiana, ma anche per quello che riguarda un aspetto lavorativo.
Certo, perché non basta essere preparati su una materia o abili nel gestirla.
Occorre saper gestire ben altro, ovvero le nostre emozioni! Anche sul posto di lavoro!
Per essere scelti per un impiego di lavoro occorre dimostrare la propria intelligenza emotiva!
Questa infatti risulta essere una tra le 10 caratteristiche principali che cerca un recruiter: lo sottolinea lo studio Workplace Trend 2018 realizzato da Sodex, dal quale emerge come il 34% degli head hunter diano molta importanza a questa qualità nelle selezioni.
Ma cerchiamo di capirne un pò di più nelle prossime righe, chiedendoci innanzitutto cosa sia “l’intelligenza emotiva” per poi parlare delle sue implicazioni a livello lavorativo.
Sono molti gli accademici che sottolineano l’importanza dell’intelligenza emotiva, come il professore Cary Cooper della Manchester Business School, docente esperto in psicologia organizzativa e della salute.
L’espressione “emotional intelligence” sembra essere stata coniata nel 1990 da due ricercatori, Peter Salovey e John D. Mayer, che l’hanno definita come “una serie di competenze che contribuiscono alla capacità di ascoltare le emozioni altrui, di esprimere le proprie, di adattare in modo efficace le sensazioni, usandole come leva per la motivazione, la pianificazione e il raggiungimento degli obiettivi” (John Mayer e Peter Salavoy, 1997)
L’ intelligenza emotiva si riferisce infatti alla capacità di qualcuno di percepire, comprendere e gestire i propri sentimenti ed emozioni. (Chignell, 2018).
Tale costrutto inizialmente definito e consolidato come un costrutto in psicologia ha trovato grande importanza e applicazione anche sul posto di lavoro.
L’intelligenza emotiva oltre ad aver maggior risalto nella letteratura psicologica e delle Neuroscienze, ad oggi sembra entrare a pieno titolo all’interno delle Risorse Umane, poiché risulta essere una competenza indispensabile per i team leader e i manager che si trovano ad avere a che fare con diversi collaboratori.
A tal proposito Daniel Goleman, docente di Psicologia a Harvard e collaboratore scientifico del “New York Times” ha affermato:
“L’interesse per l’intelligenza emotiva sul posto di lavoro deriva dal riconoscimento diffuso che queste capacità – autoconsapevolezza, autogestione, empatia e abilità sociali – separano i lavoratori ei leader di maggior successo dalla media. Ciò è particolarmente vero in ruoli come le professioni e i dirigenti di livello superiore, dove ognuno è intelligente come chiunque altro, e come le persone gestiscono se stesse e le loro relazioni danno il meglio e il vantaggio.”
(Goleman, 2012).
Goleman suggerisce a tal proposito come questa capacità rappresenti il 67% delle abilità necessarie per essere un leader di successo e come sia due volte più importante della competenza tecnica o del QI (Goleman, 1997).
Lo psicologo afferma inoltre come questa sia una dote in molti casi innata, ma che può anche essere sviluppata con applicazione e metodo.
Da quanto detto si evince come dunque i leader e i team migliori siano quelli con elevate capacità emotive e sociali.
Cerchiamo quindi di evindenziare le 5 competenze che secondo Goleman deve avere un leader, (ma anche i lavoratori), al fine di entrare in contatto con i propri collaboratori ad un livello più profondo.
Tra queste abbiamo:
Benefici: essendo consapevoli di se stessi, i leader e le loro squadre possono potenzialmente sperimentare più soddisfazioni, performance migliori e meno ansia. Conoscendo i loro punti di forza e di debolezza per i leader aumenta anche la probabilità di riuscirli a gestire e utilizzarli al meglio, al fine di restituire un feedback costruttivo. Inoltre possono migliorare le prestazioni della loro organizzazione, assumendo individui preparati nelle aree in cui presentano maggiori difficoltà. Per i lavoratori invece questo può essere il segno di maggiori possibilità di successo.
Benefici: I leader consapevoli e che riescono a gestire le loro emozioni in tal modo riescono a
I lavoratori che riescono ad autogestirsi, di conseguenza subiscono meno lo stress associato al lavoro.
Benefici: un leader empatico riesce ad avere una migliore comprensione di come si sente un individuo e perché si comporta in un certo modo. Di conseguenza aumenta la sua compassione e la sua capacità di aiutarlo. In questo modo i dipendenti non solo rispetteranno maggiormente il loro leader ma miglioreranno le loro prestazioni lavorative e quindi aumenteranno i profitti. Quando i leader capiscono come i dipendenti li vedono, tendono ad avere relazioni migliori e team soddisfatti. ( Kelly Siegel, USA).
Tra i suoi benefici abbiamo il fatto che
Da quanto appena detto si evince come i leader e i lavoratori con maggiore autoregolamentazione, motivazione intrinseca e abilità sociali abbiano un vantaggio rispetto a chi invece non ce l’ha.
Questo sembra essere anche confermato da uno studio del World Economic Forum che ha indicato l’intelligenza emotiva come quella qualità in grado di fare la differenza all’interno delle carriere professionali.
«Spesso gli stessi recruiter sottovalutano l’importanza di questa caratteristica in capo ai candidati», sottolinea lo studio.
Eppure in una società basata sul valore della conoscenza è la qualità delle persone a fare la differenza!
Essere in grado di gestire le proprie emozioni e quelle dei collaboratori è davvero un asso nella manica per i manager e i leader in azienda, poichè queste ricoprono un ruolo primario sia nell’elaborazione dei pensieri che nella capacità decisionale, che determina il successo delle attività.
Per questo le emozioni devono essere vissute ed espresse limitatamente al contesto in cui ci si trova e questo vale in particolar modo per il mondo del lavoro, poiché si tratta di un ambiente dove c’è gerarchia, collaborazione, stress e fatiche!
Gestire le nostre emozioni e riconoscere quelle degli altri dunque è la chiave per una carriera in azienda, anche se è luogo comune pensare che esprimerle non sia del tutto professionale!
L’intelligenza emotiva risulta essere infatti collegata a una maggiore soddisfazione lavorativa e quindi di conseguenza a migliori prestazioni lavorative, come molti studi hanno dimostrato.
Çekmecelioğlu e colleghi hanno infatti studiato circa 150 impiegati di call center a Istanbul e hanno trovato una relazione positiva significativa tra l’intelligenza emotiva la e soddisfazione lavorativa interna.
Anche i risultati di uno studio sulle infermiere ghaniane ha confermato come coloro che godevano di un’elevata intelligenza emotiva godessero anche di una maggiore soddisfazione lavorativa (Tagoe & Quarshie, 2017).
Nel dettaglio, tale studio correlazionale, condotto in Ghana nel 2015. ha campionato 120 infermieri (83 donne e 37 maschi) da tre ospedali pubblici situati ad Accra.
I risultati pare non abbiano rivelato differenze significative di genere nell’intelligenza emotiva e nella soddisfazione lavorativa.
Altri ricercatori hanno scoperto che la formazione di intelligenza emotiva ha incrementato la produttività dei dipendenti e portato a valutazioni migliori da parte della direzione (Hosseinian et al., 2008).
Questo perché “quando l’intelligenza emotiva è elevata, i membri dell’organizzazione possono comprendere la relazione causa-effetto tra emozioni ed eventi e pianificare in modo efficace” (Côté & Yip, 2013).
Affinché i lavoratori possano riuscire a gestire le loro emozioni è importante dunque la presenza di un leader che a sua volta, anch’egli, mostri un’alta intelligenza emotiva, ovvero che non metta in secondo piano le emozioni.
Poiché come afferma anche Antonio Damaso, neuroscienziato all’Università di Iowa, il centro emotivo del cervello non è relegato a una parte secondaria rispetto al pensiero e al ragionamento.
In questo contesto l’emozione, dunque non solo è importante, ma è necessaria per prendere decisioni valide e mettere in atto azioni ottimali al fine di risolvere problemi e avere successo.
Partendo da tale presupposto un leader emotivamente intelligente deve essere in grado di:
Facendo riferimento a quanto sin’ora evidenziato, affinché un leader, sia un “buon leader”, al fine di avere successo, non deve denigrare i suoi dipendenti, al contrario deve saper comunicare con loro:
Questo gli permette di :
Poiché “l’interazione apre la strada a una relazione più forte, più fiduciosa, in cui il feedback può andare in entrambe le direzioni.” (Markey, SkillPath).
Secondo il prof. Cary Cooper della Manchester Business School, noto docente esperto in psicologia organizzativa e della salute, se meno persone svolgono più lavoro, di conseguenza si sentono meno valorizzate.
Come uscire da tale circolo vizioso ?
Semplice, grazie a dei leader e dei manager in grado di tradurre le loro forti competenze sociali e interpersonali in comportamenti e strategie di leadership .
Un’altra intelligenza emotiva del leader ha dunque un grande impatto sulle prestazioni lavorative dei lavoratori perchè:
Un ambiente emotivamente intelligente è dunque un ambiente incentrato sulla persona.
Qui i collaboratori si sentono più apprezzati e connessi all’organizzazione e sono incoraggiati a esprimere e condividere le loro emozioni.
Per questo riescono a dare il meglio al lavoro a beneficio delle persone, del team e dell’intera organizzazione.
Ma cosa succede in mancanza dell’ intelligenza emotiva sul posto di lavoro?
Una sua mancanza può avere un impatto negativo sia a livello di comunicazione che sul processo decisionale.
Poichè si tende ad avere una minor comprensione delle proprie emozioni e di quella degli altri, di conseguenza si ha anche un comportamento inappropriato legato, appunto, ad una scarsa comunicazione di emozioni e informazioni importanti.
Ad una comunicazione meno efficace non può che essere correlata una minore produttività ed efficienza sul posto di lavoro.
Quando l’intelligenza emotiva risulta essere scarsa, inoltre i membri dell’organizzazione possono sperimentare delle emozioni che possono inficiare il processo decisionale.
Facciamo riferimento all’ansia, un’emozione questa abbastanza comune e coinvolta nel processo decisionale.
Quelli con una bassa intelligenza emotiva potrebbero non capire la fonte della loro ansia o come gestirla in modo efficace, portando a troppe assunzione di rischi, non abbastanza assunzione di rischio, o giudizio offuscato da pregiudizi (Côté & Yip, 2013).
Ma a questo punto, una domanda sorge spontanea: possiamo misurare l’intelligenza emotiva sul posto di lavoro?
Sì, certo vi sono molte misure valide e affidabili di intelligenza emotiva , tra cui la MEIA-W, una misura questa ideata da Tett, Wang e Fox (2006) , che richiede solo 20 minuti per essere completata.
Secondo gli esperti, questa misura è in grado di fornire una misura basata sulla personalità dell’intelligenza emotiva della forza lavoro di un lavoratore ed è la migliore per:
Da quanto sin’ora detto si evince come un leader dovrebbe optare per un atteggiamento non aggressivo verso i componenti della sua squadra.
Un leader dovrebbe infatti sviluppare la sua intelligenza emotiva, entrare in empatia con i propri colleghi e dipendenti e dunque sviluppare le sue capacità emotive e sociali.
In tal senso il leader dovrebbe imparare a riconoscere sia le sue emozioni che quelle altrui e secondo Goleman, questo è un obiettivo raggiungibile da parte di tutti noi.
Per allenare la propria intelligenza emotiva e diventare dei leader di successo occorre:
Al fine di aumentare questa capacità un leader potrebbe per esempio
In tal caso un leader dovrebbe invece
Ciò consente di sentirsi meno in colpa e fa in modo che l’intera squadra lo rispetti.
In caso di rabbia, un leader non dovrebbe inviare quella e-mail che tanto vorrebbe mandare, poichè anche solo dalle parole scritte, si può evincere il suo disappunto e ciò non può che creare frustrazione dall’altra parte.
Dopo aver tenuto a bada l’istinto di scrivere immediatamente alla persona che ha scatenato la sua reazione, sarà più facile per lui gestire le sue emozion: emozioni queste di cui ora può avere piena consapevolezza.
Solo così un leader può ricevere altrettanta collaborazione e disponibilità.
A tal proposito un leader potrebbe:
Un leader dovrebbe cercare di non formulare giudizi , ma optare per la comprensione e comunicare la propria empatia, grazie ad un adeguato linguaggio del corpo e un adeguato tono di voce.
Dovrebbe inoltre concentrarsi su ciò che ama del suo lavoro piuttosto che su ciò che odia e mantenere un atteggiamento positivo e ottimista (Cherry, 2018).
Un leader dovrebbe cercare sempre di ricordare il motivo per cui sta facendo il suo lavoro al fine di stabilire nuovi obiettivi e restare sul pezzo, positivo.
Anche quando c’è una battuta d’arresto o una sfida!
L’importante è puntare l’obiettivo con determinazione e ottimismo!
E’ altresì importante cercare di aumentare la motivazione dei dipendenti, spiegando loro che sono risorse preziose di cui non si può fare a meno.
E’ importante che si sentano anche loro apprezzati, riconosciuti e motivati.
Un leader dovrebbe inoltre sviluppare le sue capacità comunicative, perchè la maggior parte dei problemi sorge a causa di una inefficace comunicazione.
A tal proposito un leader dovrebbe ascoltare i suoi feedback, per capire cosa cambiare: magari il modo in cui parla deve essere modificato.
Deve quindi imparare a capire come ottenere un feedback costruttivo.
Deve inoltre collaborare con i suoi dipendenti , al fine di raggiungere un obiettivo comune.
Costruire con loro relazioni improntate sul rispetto e sulla fiducia e risolvere eventuali conflitti, dopo un’attenta analisi della situazione, per raggiungere un compromesso.
In tal senso è opportuno cercare di ascoltare attivamente i propri dipendenti e lavorare sulla propria capacità di persuasione e influenza.
Quanto detto ci fa capire che le emozioni sono importanti.
Che non occorre ignorare il loro ruolo nè negare la saggezza delle nostre e delle altrui emozioni.
Farlo significherebbe solo fallire come persone, dipendenti e leader.
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