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Ti è mai capitato di ricordare momenti della tua infanzia in cui provavi ansia o paura e di essere sgridato dal tuo genitore perché ti comportavi in modo diverso da come avrebbe voluto o perché era in difficoltà in quel momento nel gestire il tuo stato?
Ecco, vivere in una famiglia con genitori che urlano è più frequente di quanto si possa pensare. Un genitore che urla è un genitore in difficoltà che si ritrova spesso a perdere la pazienza e a cercare in tutti i modi di placare le ansie o i capricci del proprio figlio gridandogli contro, con la speranza (e la convinzione) che questo approccio possa contribuire a farlo fermare.
Ma un genitore è consapevole che in quel momento sta contribuendo a creare una paura più grande?
Osservando la realtà dall’esterno, infatti, chiunque sa già cosa si ottiene in questi casi. I genitori che urlano di continuo rischiano, infatti, di creare dei micro-traumi giornalieri, dove più le urla e i rimproveri si ripetono, più la relazione diventa conflittuale e aumentano le incomprensioni, fino al punto, che il figlio o la figlia si ritrovano ad essere adulti ansiosi, iper-controllanti e preoccupati di sbagliare per evitare di essere sgridati (e giudicati).
Indice contenuti
Conseguenze psicologiche sui figli dei genitori che urlano
Ma cosa succede a livello psicologico? Fondamentalmente dei genitori che urlano di fronte alle insicurezze o alle inadeguatezze di un figlio, creano un’associazione ansia-rimprovero.
In questi casi il figlio si convince che per non provare ansia e non essere sgridato, deve rispettare le aspettative di chi gli sta di fronte.
E’ in questo modo, che c’è il rischio che il bambino crei quello che in psicologia viene definito come Falso Sé, ovvero una falsa immagine di sé, volta a soddisfare l’altro e i sui bisogni, per essere accettato ed evitare i rimproveri. Diventa così un iper-controllante ansioso con la paura di sbagliare.
L’Enciclopedia Treccani, definisce il falso Sé connesso all’identità come riferito a “quella parte del Sé che riflette l’adattamento compiacente alle richieste dell’ambiente, in contrapposizione al vero Sé, la sede più intima e autentica degli affetti e dei bisogni.”
Il Falso Sé quindi nasconde il nostro vero modo di essere, andando a creare una durissima “armatura” che da un lato protegge, ma dall’altro soffoca e ci impedisce di far uscire fuori la nostra vera natura, se non, come avviene in alcuni casi, di nascosto.
Se possiedi l’armatura del Falso te, molto probabilmente avrai dei genitori che urlano (ancora oggi) quando qualcosa non va nella relazione. Questo ti avrà spinto a realizzare i tuoi desideri e i tuoi bisogni di nascosto, mentendo loro e finendo per farlo anche da adulto con le persone a te vicine. Probabilmente avrai innescato un circolo vizioso, dove una bugia ne copre un’altra e via dicendo. Insomma un lavoro difficile da tenere in piedi e da lasciare. Il solo pensare di svelare la bugia, infatti, serve a far riprovare quella paura del rimprovero, che da sempre fuggi e che ti fa passare la voglia.
Ti renderai conto di come chi è imprigionato dal Falso Sé, vive una vera e propria prigionia.
Uscire dalla trappola del “figlio perfetto”
Uscire dalla propria prigione, significa a questo punto mostrare un Sé diverso da quelli che gli altri conoscono. Ti renderai conto quindi come sia per te, che per gli altri, risulterebbe inaccettabile o traumatico. Almeno questo è quello che pensi quando ti costruisci le tue profezie catastrofiche.
Bene, nessuno qui ti chiede di fare tutto il lavoro in una volta. E’ ovvio che, come hai costruito la tua armatura gradualmente, lo stesso dovrà accadere per metterla da parte.
3 modi per liberarsi del Falso Sé
- Rifletti su chi sei nel presente, invece che su chi eri nel passato. Pensaci bene, la tua paura risale a quando eri piccolo/a e indifeso/a. Vuoi dire che oggi ti rapporteresti allo stesso modo di fronte ad un rimprovero? Subiresti in silenzio, o piuttosto proveresti a difenderti? Se pensi che reagiresti rispetto ad un tempo, allora comincia ad esprimere dei piccoli desideri nel quotidiano e ad osservare come l’altro reagisce, mettendo in conto che alla fine reagirai difendendoti, su un piccolo cambiamento.
E’ un tuo diritto esprimere ciò che sei e come vale per gli altri, infatti vale anche per te!
Tieni traccia di ogni piccolo sforzo giornaliero che decidi di fare e della reazione. - Comincia e liberarti delle bugie, tu non sei coì, perché dare questa immagine? Abbiamo scoperto che le bugie sono una difesa per nascondere le tue parti fragili, ma pensi di voler vivere per il resto dei tuoi giorni nascondendoti dietro un dito o vuoi realmente iniziare a mostrare veramente chi sei? Se hai trovato chi non apprezzava parti di te, non è detto che tutti vadano in quella direzione. Se vuoi quindi assumerti la responsabilità di chi sei, dovrai passare dal raccontare come stanno le cose veramente.
Poiché dire la bugia tutta in una vita, potrebbe risultare complicato ti suggerisco di seguire questa semplice procedura:- Individua e scegli una persona di cui pensi di poterti fidare;
- Avvisala che devi parlarle di una cosa importante e proponibile una data e luogo dove incontrarvi per parlarne, senza accennare a nulla;
- Incontrala e raccontale tutta la verità.
- Autorizzati all’errore. Sicuramente, se vuoi uscire allo scoperto, dovrai trovare il modo di liberarti dalla tua paura più grande, ovvero quella di sbagliare e ancora prima dalla falsa credenza di essere una persona perfetta.
In che modo? Semplicemente abituandoti a concederti degli errori e scoprendo cosa accade. Spesso infatti sono le credenze apprese da piccoli che ci fanno credere che tutti ragionano in questo modo. Questa credenza ci porta a comportarci così con tutti, con l’effetto che tutti sono felici di avere accanto il genio della lampada.
Ma se ti comportassi diversamente da come gli altri si aspettano, hai la certezza che si arrabbierebbero come ti hanno sempre fatto credere?
Nel libro di Paul Watzlawick “Istruzioni per rendersi infelici” viene riportata una storiella esemplare che parla della storia dell’uomo che batteva le mani ogni dieci secondi. Interrogato sul perché di questo strano comportamento, rispose: «Per scacciare gli elefanti». «Elefanti? Ma qui non ci sono elefanti!» E lui: «Appunto».
La morale del paradosso di Watzlawick è che a volte scansare un problema (continuare a fare come ci hanno sempre insegnato) serve proprio a far persistere quel problema. Se non precisamente quello, un altro problema a esso collegato.
Prova quindi a creare in quello che fai dei piccoli errori volontari (arriva in leggero ritardo, dimentica volontariamente un allegato alla mail, lascia qualcosa in disordine, etc.), scoprirai qualcosa di inaspettato.
E alla fine, come al solito, se vedi che quello che ti ho proposto diventa troppo difficile da mettere in pratica, puoi sempre scegliere di contattarmi per chiedermi un aiuto a smontare quel Falso Sé che porti dentro. Sarò lieto di darti una mano. 😉
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