Parliamo di disortografia
Dopo un’importante interrogazione Davide vuole rendermi partecipe del suo successo con un SMS:
“Evvai Sara! O preso 8 a scenze!”
Davide è un ragazzo di 14 anni, ha una grande passione per la musica e scrive canzoni rap, è intelligente, spigliato, ha molti amici ed è ben voluto dagli insegnanti.
Da quando frequenta la scuola elementare però presenta difficoltà nella scrittura, perché ha sempre commesso e continua a commette molti, troppi errori ortografici rispetto ai ragazzi della sua età. Cosa ha Davide?
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La disortografia è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) relativo alla componente costruttiva della scrittura, ovvero alla trasformazione da suono in codice scritto o all’uso delle regole ortografiche.
Gli errori che vengono commessi sono solitamente classificati in 3 gruppi:
Come per tutti i DSA, anche per la disortografia non è attualmente possibile riconoscere una causa, ed è inoltre presente uno stretto legame fra i sistemi responsabili della scrittura e della lettura, aspetto che rende ancora più complesso il riconoscimento di vie di elaborazione separate. Come per la dislessia, tuttavia, i filoni che sono attualmente considerati i più promettenti sono due:
Il riconoscimento di una difficoltà oggettiva e significativa può essere fatto solo alla fine della seconda elementare, ed è necessario assicurarsi che il percorso formativo sia stato regolare. Un bambino che per motivi di salute o familiari non è stato esposto agli stimoli didattici opportuni per molti mesi durante i primi due anni di scuola elementare, potrebbe presentare difficoltà simili ad un bambino con disortografia, ma la diagnosi non dovrebbe essere fatta.
E’ inoltre possibile che difficoltà di decodifica o ortografiche siano presenti in condizioni più complesse (ritardo mentale, deficit neurologici di varia natura, deficit sensoriali che compromettano una corretta codifica e decodifica), e anche in questo caso la diagnosi di disortografia non è opportuna.
La valutazione delle prestazioni ortografiche può essere fatta solo attraverso test standardizzati, ovvero test che abbiano una riconosciuta attendibilità e validità, e l’osservazione clinica effettuata dallo specialista accompagna e completa le informazioni che è possibile ricavare attraverso questi strumenti.
La fase di valutazione è fondamentale non solo per riconoscere la presenza o meno di una difficoltà, ma per definirne la gravità e le caratteristiche specifiche; una buona diagnosi infatti è quella che contiene tutti i dati necessari per poter impostare un piano di intervento personalizzato, ovvero in grado di potenziare le aree più carenti in modo specifico e mirato.
La consapevolezza che manifestazioni uguali di una stessa difficoltà siano frutto di profili differenti, porta attualmente la comunità scientifica a consigliare dei percorsi di potenziamento prima di proporre una diagnosi definitiva, in quanto è frequente che in alcuni casi, con il supporto opportuno, le prestazioni migliorino a tal punto da uscire dal range di disturbo, per attestarsi su un punteggio più vicino a quello normativo. Dunque bambini apparentemente disortografici potrebbero con il giusto aiuto migliorare significativamente le loro difficoltà e non avere la necessità di una diagnosi.
L’impostazione attualmente ricosciuta come più efficace per il potenziamento nei DSA e nelle difficoltà di apprendimento è quella di un training centrato sul deficit; dunque un bambino con disortografia lavorerà in modo puntuale sulla scrittura e solo secondariamente sull’attenzione, sulle funzioni esecutive o su altre competenze accessorie a quella ortografica.
In base a quanto già detto inoltre non è possibile impostare un piano di intervento uguale per due bambini seppure con risultati simili, in quanto ogni individuo manifesta peculiarità di cui è necessario tener conto nel lavoro di potenziamento.
La letteratura ci fornisce inoltre delle indicazioni rispetto agli elementi che rendono più efficace un intervento:
Individuare e segnalare tempestivamente queste difficoltà è un dovere che può fare la differenza fra un percorso formativo fatto di imbarazzo e frustrazione, e uno di serenità e capacità di esprimersi in quanto riconosciuto nella propria unicità.
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