Il rapporto tra personalità ed emozioni è molto stretto. Secondo Zimbardo (1988) l’emozione è un pattern complesso di modificazioni che includono l’eccitazione fisiologica, i sentimenti, i processi cognitivi e le relazioni comportamentali in risposta a una situazione che è percepita dall’individuo come importante per il mantenimento del suo equilibrio e del suo benessere. Parlare di emozioni e cambiamento insieme vuol dire riconoscere che lo stato emotivo è il risultato del significato attribuito alle esperienze, dunque, cambiare in positivo, vuol dire controllare l’interpretazione degli eventi.
Le emozioni si possono distinguere in primarie e secondarie. Le emozioni primarie si presentano come emozioni innate che attivano il sistema limbico e risultano indipendenti dal processo cognitivo. Si basano su processi biologici e hanno un valore adattivo, quindi danno luogo a risposte fisiologiche distintive, la loro comparsa è precoce e la loro espressione è universale. Alcuni esempi sono la paura, la rabbia, la gioia, la tristezza. Le emozioni secondarie, invece, attivano connessioni sistematiche tra emozioni primarie e processi di comprensione cognitiva. Il tratto specifico è l’autoreferenzialità e l’introspezione. Queste emozioni sono connesse al costituirsi di un sé referenziale, quindi all’interiorizzazione di norme e regole. Le emozioni secondarie sono ad esempio l’invidia, il senso di cola, la vergogna e la gelosia.
La vergogna implica che la persona possegga un’articolata immagine di sé e modelli di riferimento a cui vorrebbe corrispondere, ma nei confronti dei quali si percepisce inadeguata. La vergogna, quindi, si basa su una serie di elaborati processi cognitivi che portano a valutarsi negativamente in rapporto ad una norma infranta e condivisa.
Secondo Miller (1985) nella vergogna i sentimenti di colpa per la trasgressione si accompagnano al dispiacere per la propria incapacità. Gli antecedenti della vergogna vanno rintracciati nel timore di uno sguardo giudicante, mentre il senso di colpa si collega con una voce interna che può essere la coscienza o il Super-Io. Secondo Lewis (1992) gli stimoli atti ad evocare la vergogna sarebbero morali o non morali, mentre la colpa è evocata solo da trasgressioni morali. La vergogna implica una valutazione globale negativa del sé, mentre la colpa riguarda uno specifico comportamento o aspetto del sé. Questa differenza riguarda anche il diverso ruolo del senso di responsabilità: nella vergogna bisogna rispondere a se stessi per un fallimento, nella colpa si è responsabili verso la norma trasgredita.
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Il profilo di una persona caratterizzata da un forte senso di vergogna è legato ad alcuni tratti costitutivi:
Ciò rischia di provocare un enorme disagio nell’individuo, ma può rassicurare pensare che è comunque possibile superare il proprio senso di colpa e la propria vergogna.
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