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Profilo psicologico del dipendente
Che cosa differenzia chi è dipendente da internet dal dipendente dal lavoro e da un dipendente affettivo?
Cerchiamo di tracciare un profilo psicologico di queste tre forme di dipendenza.
Il profilo psicologico del dipendente da internet (internet addicted)
L’Internet Addiction Disorder si suddivide in cinque categorie comportamentali: la dipendenza da sesso virtuale e pornografia, la dipendenza da relazioni nate in rete, i comportamenti compulsivi tramite internet (es.: shopping, gioco d’azzardo, commercio online), il “sovraccarico di notizie” (cioè una specie di “abbuffata” di nozioni attraverso motori di ricerca), e, infine, la dipendenza da giochi virtuali che implicano la creazione di una vita parallela.
I tre fattori che facilitano l’instaurarsi del profilo del dipendente da internet:
- l’anonimato garantito dalla rete, che permette, per esempio, di esprimere fantasie sessuali che vengono represse o nascoste nella quotidianità oppure di presentarsi agli altri descrivendosi in base al proprio ideale di bellezza;
- la convenienza, cioè la pronta disponibilità di materiale (informazioni, prodotti, comunicazione, contenuti sessuali, ecc.);
- l’evasione mentale dai problemi della vita reale.
La rete si connota, quindi, come un universo parallelo, un vero e proprio rifugio dalle brutture della vita reale, popolato da persone idealizzate. Si delinea una sorta di palcoscenico virtuale sul quale si susseguono le maschere create ad hoc per nascondere la vera personalità di individui spesso timidi, insicuri, con scarsa autostima e accettazione di sé.
Dato che Internet permette di evitare il confronto diretto con gli altri e, quindi, di aggirare il timore del giudizio, le persone che rischiano maggiormente di sviluppare questo tipo di dipendenza sono quelle che soffrono per problemi esistenziali, che hanno difficoltà a socializzare e a mantenere buoni rapporti con gli altri e, quindi, tendono ad isolarsi. Tra i dipendenti dalla rete sono numerosi coloro che non amano conformarsi alle convenzioni sociali, che evitano i contatti e che si dimostrano emotivamente più sensibili o suscettibili nei confronti degli altri.
Il profilo psicologico del dipendente da lavoro compulsivo (work addicted)
La dipendenza da lavoro è una delle dipendenze più subdole, in quanto, essendo conforme con le aspettative sociali incentrate sulla produttività, spesso passa in secondo piano o non viene percepita come problematica. Questo accade nonostante essa comporti conseguenze molto negative sul piano della famiglia, della rete sociale e della salute (alta frequenza di ansia, depressione e patologie stress-correlate).
Il lavoro-dipendente tende a lavorare anche durante le ferie o il tempo libero, arrivando anche a lavorare di nascosto. Per questo motivo nel profilo del dipendente da lavoro, le relazioni e gli affetti passano in secondo piano e possono delinearsi problematiche sociali come isolamento, scarsa assertività, e atteggiamento critico e denigratorio verso i lavoratori che godono del proprio tempo libero.
Il profilo psicologico del dipendente da lavoro risulta correlata con un particolare stile educativo dei genitori, di norma molto esigenti, il cui affetto era stimolato e “guadagnato” attraverso condotte efficienti del figlio (come il buon rendimento scolastico). Programmati sulla base di un amore condizionato, vedrebbero nell’efficienza lavorativa l’unico modo possibile per guadagnarsi stima e accettazione.
Una buona percentuale delle persone dipendenti dal lavoro hanno un basso livello di autostima e dubitano molto di se stessi e delle proprie capacità: l’attività lavorativa è, quindi, la soluzione per guadagnare inconsciamente l’approvazione dei genitori che è mancata durante l’infanzia.
Altri lavoro-dipendenti sono figli di genitori altrettanto dipendenti dal lavoro, adottati come modello di efficienza da ammirare, idealizzare e perseguire. Anche in questo caso, come nelle altre dipendenze, il lavoro può diventare il tentativo di evadere da una dinamica relazionale o familiare malsana che provoca disagio, oppure un modo per colmare il senso di vuoto interiore.
Spesso il dipendente da lavoro non si sente rispettato come persona, per ciò che è, quindi cerca di compensare con ciò che fa, mostrando in modo teatrale ed esagerato le proprie capacità e minimizzando o negando gli errori.
Generalizzando, si può dire che il workaholic manifesti la tendenza a sopravvalutarsi o sottovalutarsi, sviluppando una percezione di sé come persona molto abile o come fallito. Questo spesso porta a fare delle promesse che poi non vengono mantenute, oppure ci si impegna in mansioni molto difficili e complicate, tralasciando il proprio semplice lavoro, per dimostrare a se stessi di valere.
Il profilo psicologico del dipendente affettivo (love addicted)
Nel 1966, la scrittrice Anaïs Nin sosteneva che la dipendenza non creasse amore. Niente di più vero e di più attuale! Sebbene una certa dose di dipendenza dagli altri sia normale e sana, sempre più spesso si assiste ad una estremizzazione così marcata di questo bisogno dell’Altro, che in sua assenza si viene pervasi da un senso di smarrimento.
La persona dipendente affettivamente (definita anche soltanto “persona dipendente”) fatica a prendere decisioni in autonomia, si dimostra sottomessa e cerca costantemente rassicurazioni perché si sente persa se qualcuno non si prende cura di lei.
Il dipendente ha un vero e proprio terrore dell’abbandono e cade in preda ad uno sconvolgente disorientamento quando qualche relazione importante finisce. Per evitarlo, è disposto a tollerare cose spiacevoli, degradanti e umilianti perché, sentendosi profondamente inadeguato, sente di dover fare i salti mortali per guadagnarsi un po’ di amore. Ecco, allora, eserciti di bravi bambini o solerti crocerossine, amabili, diligenti e pronti a sacrificarsi per amore dell’altro, a qualsiasi costo. E di solito il costo che si paga è molto alto.
Il profilo del dipendente affettivo si caratterizza per la difficoltà a riconoscere i propri bisogni e, quando anche questo avvenga, si tende comunque a subordinarli ai bisogni dell’altro. La persona dipendente è maestra nel prendersi cura degli altri, ma completamente incapace a prendersi cura di se stessa. Questo può essere il risultato di un atteggiamento distruttivo che inconsciamente si rivolge contro il Sé, un ragionamento inconsapevole del tipo: “sono io ad essere cattivo, quindi se sarò buono, più buono possibile, gli altri smetteranno di trattarmi male”.
Ciò che rende tanto difficile uscire da una dipendenza affettiva è la presunzione di riuscire a farsi amare da chi non ne vuole assolutamente sapere o non ama come si vorrebbe. Praticamente, una vocazione al martirio abbinata ad una fantasia onnipotente e salvifica: “ti salverò con il mio amore, costi quel che costi!”.
Robin Norwood, autrice del best seller “Donne che amano troppo”, indaga sulle caratteristiche familiari che possono contribuire allo sviluppo di una personalità dipendente, identificando come fattore primario di rischio l’incapacità di riconoscere i bisogni affettivi dei bambini. Quando il genitore ignora le percezioni e i sentimenti del figlio, quest’ultimo crede di aver commesso un errore e cerca di adattare la sua percezione a quanto gli viene detto dalle figure di riferimento. Così facendo, però, perde fiducia in se stesso e in ciò che sente, diventando, da adulto, incapace a riconoscere le situazioni o le persone che possono fargli male.
Una famiglia di questo tipo si definisce “disturbata”, e alla base possono esserci molti problemi diversi, ma ciò che rimane invariato è l’effetto che ha sui bambini, dato che in ogni caso si va a sminuire la loro capacità di comprendere i propri sentimenti e quelli altrui, minando così anche le loro competenze relazionali.
Approfondimento
- Lavanco G., Milio A. (2006). Psicologia della dipendenza dal lavoro. “Work addiction” e “workaholics”. Roma: Astrolabio Ubaldini.
- Norwood R. (1985), Donne che amano troppo, Milano: Feltrinelli Editore.
- Young K. S. (1999). Internet Addiction: Symptoms, Evaluation, and Treatment. Tratto da: http://netaddiction.com
- Zuckerman M. (1983). La ricerca di forti sensazioni. Psicologia Contemporanea, 59, 27-33
- www.siipac.it
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