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Nella nostra società e cultura la cura dei figli è un compito normalmente attribuito alla figura materna, ma gli stravolgimenti sociali dei nostri tempi hanno creato una demarcazione molto meno netta tra il ruolo materno e il ruolo paterno, fino ad arrivare a veri e propri ribaltamenti dei ruoli tradizionali. Nonostante ciò, si tende a dare ancora poca importanza e spazio ai sentimenti dei papà rispetto a quelli delle mamme.
Da un punto di vista razionale, questo si spiega perché ogni nascita smuove, come prima cosa, la forza istintuale e biologica della madre, ed in seguito si attiva nel padre l’istinto di conservazione della specie, collegato ad un maggior senso di responsabilità e di protezione nei confronti della nuova vita. Queste sensazioni sono così forti da poter provocare, nelle persone più ansiose, anche delle crisi di angoscia o panico.
Verso i 7-8 mesi il neonato impara gradualmente a riconoscere la madre come un’entità distinta da sé e comincia a riconoscere la figura paterna. Da questo momento, fino ai 7-9 anni, il padre assume un’importanza fondamentale per il figlio: se questo rapporto viene vissuto appieno, il bambino ha la possibilità di sopportare senza gravi traumi il distacco dalla fase simbiotica con la mamma, imparando a relazionarsi in modo sereno ed equilibrato con il mondo esterno.
In questa fase di scoperta, il papà diventa il simbolo di sicurezza per antonomasia, sia dal punto di vista materiale, sia dal punto di vista emotivo. L’approccio di un bimbo al mondo avviene solitamente in modo cauto e piuttosto diffidente, difatti tendenzialmente si impara prima a dire ‘no’ e poi a dire ‘sì’. Il papà diventa (o dovrebbe idealmente diventare) lo scudo fondamentale da interporre tra la paura e il pericolo percepito. Quando la figura paterna è assente, debole o non disponibile, questo meccanismo può alterarsi, lasciando il bambino spaesato e vulnerabile in un mondo vissuto come minaccioso e più grande di lui.
Verso gli 8-9 anni, il padre aiuta a distinguere il bene dal male, trasmettendo i criteri di valutazione che corrispondono all’obbedienza/disobbedienza nei suoi confronti. Il codice morale primitivo si forma, infatti, sulla base dell’esempio paterno e soltanto in seguito, con lo sviluppo e il consolidamento della personalità, sarà possibile modificarlo. La trasmissione di questo codice morale non avviene mai attraverso «prediche» e discorsi, ma solo ed esclusivamente con l’esempio. Un padre che bestemmia davanti al figlio non potrà pretendere che il figlio faccia diversamente, perché con il suo comportamento avrà già dato un permesso implicito praticamente impossibile da ritrattare, se non modificando la propria condotta. La crescita ed il continuo confronto con il mondo esterno porteranno, poi, il ragazzo a modificare con fatica le norme errate trasmesse da padri troppo autoritari, punitivi o rigidi e tale processo sarà ovviamente più difficile nel caso di padri immorali o delinquenti.
G. Bollea, Le madri non sbagliano mai, Feltrinelli Ed., Milano (2015). A. Volta, Mi è nato un papà. Anche i padri aspettano un figlio, Apogeo, Milano (2010)
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