coppie lat
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Il fenomeno delle “coppie lat”
“Spesso la scelta di vivere separati può essere una “preferenza negativa” – una scelta per preservare la relazione quando vivere insieme è insopportabile.”
dal libro “Reinventare le coppie”
Oggi, più che mai, viviamo in una società che non è più la stessa: nell’ultimo ventennio abbiamo assistito a diversi cambiamenti, sotto tutti i punti di vista.
Come stupircene: con l’avvento della tecnologia, del digitale, la comunicazione ha subito cambiamenti importanti.
Se pensiamo, nello specifico alle relazioni di coppia, non possiamo non fare riferimento a quella che sembra essere diventata una nuova tendenza: Lat.
Iniziamo con il dire che LAT è l’acronimo di Living Apart together.
Cerchiamo di capirne di più qui di seguito.
Fino a qualche tempo fa quasi tutti preferivano la convivenza. Quanti di noi hanno pensato, almeno una volta nella vita ” preferisco la convivenza al matrimonio”.
Questa sembrava essere quasi diventata una regola per molti di noi: eppure oggi non vale più.
Ovvero fidanzati, sposati, ma ognuno nella propria casa.
Insomma niente più convivenza: ogni qualvolta che una coppia decide di vivere quindi in case separate si verifica il lat.
Non ci resta che dire ciao a quelle scene dei film, in cui vedevamo le coppie sorridere felici di condividere la loro casa.
Quei tempi sembrano essere ormai così lontani.
Ma perché una coppia oggi arriva a privilegiare questa scelta?
Alla base di questa scelta ci sarebbe la volontà di poter preservare la propria indipendenza e i propri spazi, pur restando insieme, ma lontani.
Cristina Lanza, una psicologa, a tal proposito ha affermato come “Spesso la paura di vedersi sottrarre la propria libertà porta a vivere le relazioni in questa modalità. Il timore di dover rinunciare alle uscite con i propri amici, di dover ridurre drasticamente il tempo dedicato ai propri hobby, di dover accettare tempi e modi dell’altro, finendo col rinunciare ai propri, lascia supporre che la strada di vivere separati sia la migliore per essere felici. Qualcosa di ancora più sentito da chi ha già vissuto l’esperienza di una o più convivenze, finite con delusione e sofferenza”.
Grazie a questo nuovo modo di vivere, la coppia in un certo senso si sente più libera ed evita di vivere “fallimenti nella convivenza”, soprattutto se si è già sperimentata la fine di un’esperienza di questo tipo.
Insomma, la scelta di instaurare una relazione di questo tipo può nascondere la non voglia di replicare un qualcosa che si è già sperimentato e in cui si è fallito: pensiamo ai divorziati, per esempio.
In questi casi, la scelta coincide con la volontà di preservare il proprio spazio vitale e in un certo senso di tutelarsi.
Due partner che per scelta vivono in case diverse, hanno dunque un unico obiettivo: salvaguardare le proprie abitudini, senza necessariamente rinunciare ad una relazione.
Le coppie che decidono questa strada non sono poche: se pensiamo ai dati di una ricerca del 2017, vediamo come le coppie lat fossero già in netto aumento.
Pensate, nel Regno Unito il 25% delle coppie LAT rappresenta il 9% di tutti gli adulti. Di questi il 43% delle LAT ha un’età tra 16 e 24 anni, il 45% sembra avere invece un’età compresa tra 25 e 54 anni, mentre l’11% un’età pari o superiore a 55 anni.
Anche nel mondo dello spettacolo sembrano esistere le coppie lat: pensiamo a Woody Allen e Mia Farrow, Gillian Anderson e Peter Morgan.
Anderson, a tal proposito, ha dichiarato chiaramente che una convivenza potrebbe solo mettere fine alla relazione con il suo compagno, poichè ama vivere di “piacere” e non di “doveri”.
Gli stessi doveri che comporta una convivenza.
Ma fermiamoci un momento a pensare: se da una parte stare lontani aiuta le coppie a mantenere stabile la loro relazione, da un punto di vista economico, cosa comporta una scelta di questo tipo?
Se facciamo riferimento ad una ricerca del Il Sole 24 Ore, questa scelta risulta essere davvero “costosa”.
Insomma, due conviventi, che appunto scelgono di vivere insieme, proprio perchè condividono la casa e tutto ciò che ne comporta in termini di bollette, condividono e dividono anche quella che risulta essere la spesa totale.
Se si scegli di vivere da separati, ovviamente questo non è possibile: secondo un’indagine di Adiconsum una coppia che convive spende in media 185 euro per le utenze domestiche.
Chi invece sceglie di non convivere spende circa a testa 155 euro, ovvero 310 euro a coppia.
Basta guardare questi dati per capire che da un punto di vista economico, questa scelta non è proprio la più strategica.
Eppure sempre più italiani scelgono di non convivere e questo possono confermarlo i dati dell’istat del 2018, secondo cui il numero dei nuclei familiari composti da una sola persona aveva già raggiunto circa il 33% della popolazione.
Ad ogni modo, il principio del “living apart together”, è sempre più tenuto in considerazione, soprattutto da psicologi e psicoterapeuti, che si sono espressi circa la questione.
Cosa è stato detto, dunque, da un punto di vista psicologico?
Secondo alcune ricerche come quelle della psicoterapeuta Lucy Beresford, le coppie scelgono di vivere la loro storia secondo questo principio dell’esserci e del non esserci, per aver maggior possibilità di sopravvivere come coppia.
In quanto questo consente di non privarsi dei propri spazi e dei propri interessi.
La psicoterapeuta in questione, ha definito questa nuova filosofia di vivere la coppia “un sottile equilibrio tra indipendenza e impegno emotivo”.
Una sorta di compromesso che non compromette.
Da un punto di vista prettamente psicologico, focalizzarsi su quelli che sono i propri interessi è sicuramente il segreto per far durare la propria storia.
Poichè, solo se inseguiamo quelli che sono i nostri interessi, i nostri ideali e i nostri sogni, possiamo davvero riuscire a vivere la vita che vogliamo.
Una vita che ci soddisfi appieno, dove non ci sia spazio per le frustrazioni.
In un certo senso, possiamo dunque sfatare un mito: non occorre necessariamente condividere tutto con il proprio partner.
Avere passioni diverse, può poter essere per esempio, un modo per stimolare la curiosità e l’interesse dell’altro.
Questa, insomma, può poter essere una scelta fatta per preservare la propria privacy e allo stesso tempo per rinunciare a quella monotonia quotidiana che si potrebbe sperimentare con una convivenza.
Ovviamente, questo non significa che una convivenza debba necessariamente portare ad una routine e quindi alla fine di un rapporto.
A tal proposito, bisogna dire che sono tanti gli psicologi che affermano come anche nella convivenza sia comunque possibile ritagliarsi dei propri spazi.
Insomma, chi convive può comunque continuare ad avere i propri interessi, anche se si condivide la casa con un’altra persona.
Sicuramente c’è bisogno di un maggior lavoro, di una maggior organizzazione, ma si può riuscire a fare anche questo e più avanti vedremo come.
Questo però non vuol dire che chi privilegia il lat, debba essere necessariamente etichettata come una coppia “strana”.
infatti come abbiamo visto, questo modo di vivere la coppia può poter essere funzionale alla coppia stessa.
Se la quotidianità per alcuni è parte fondante della coppia, per altri può non essere affatto così.
Spesso però la monotonia, la noia e gli interessi non c’entrano, sapete?
La scelta di vivere da soli può poter nascondere altro.
Se ci pensiamo bene, la nostra è un’epoca in cui si è sempre meno disposti a scendere a compromessi e ad assumersi delle vere responsabilità, soprattutto se si tratta del benessere di un’altra persona.
Per questo spesso in tanti privilegiano una soluzione di questo tipo.
La paura di dover avere delle responsabilità e di dover fare a meno della propria vita, può poter portare le persone a privilegiare una modalità ibrida come questa.
Come afferma la psicologa Cristina Lanza “questo stile relazionale spesso nasce da una difficoltà – particolarmente sentita oggi – ossia quella di vivere l’’impegno di una relazione stabile e pienamente coinvolgente senza volersi sentire del tutto impegnati e responsabilizzati verso l’altro.”
Cerchiamo di mettere ben evidenza i lati positivi e quelli negativi di questa scelta.
Lati negativi
Chi privilegia questa scelta perde l’opportunità di vivere la quotidianità dell’altro e dunque perde la possibilità di poter apprezzare anche le piccole cose, quelle che inevitabilmente vengono fuori, quando si condivide una casa.
Chi sceglie di vivere lontano dal proprio partner, può correre anche il rischio di poter sentirsi solo/a, in momenti di sconforto, in cui sarebbe utile avere una spalla su cui appoggiarsi.
A tal proposito si è espressa la psicologa Marina Pisetzky che ha affermato come questo possa significare ” Sentirsi improvvisamente soli quando l’altro è a chilometri di distanza e si necessiterebbe invece della sua presenza, che sia per un rubinetto che perde nel cuore della notte o per avere una spalla sulla quale piangere in un momento di sconforto”.
Quando questa risulta essere una scelta forzata, poichè alla base vi sono ragioni lavorative, si possono sperimentare sentimenti negativi.
Poichè si vive e si lavora in città lontane, senza che lo si voglia davvero.
In tal caso afferma la psicologa Marina Pisetzky “Il rischio è quello di radicare le proprie abitudini e nutrire gelosie territoriali che frenano la crescita di una relazione.”
Con il tempo, attraverso questa modalità, può poter subentrare una difficoltà: quella di far entrare l’altro nella propria intimità, poichè ci si radica totalmente in questo stile relazionale e nelle proprie abitudini.
Vivere lontani sicuramente tutela la coppia dal poter sperimentare sentimenti di noia, poichè, si sa la quotidanità può poter essere pesante, e spesso non lascia spazio a momenti di leggerezza.
La psicologa Cristina Lanza afferma infatti come “Le coppie che vivono insieme spesso infatti si lamentano della pesantezza di dover gestire la vita quotidiana con tutte le sue incombenze (della gestione della casa ad esempio), soprattutto perché sentono il peso delle aspettative dell’altro.”
Abitare in case separate sicuramente aiuta anche la libido, poichè come si suol dire l’attesa aumenta il desiderio.
Quindi in un certo senso, vivendo lontani, non facciamo altro che dar la possibilità alla nostra passione per l’altro di crescere.
Vivere separati sicuramente ci permette di sentirci alleggeriti, soprattutto dai doveri che una vita a due comporta, soprattutto quelli “domestici”, e dalle aspettative che si possono nutrire nell’altro, reciprocamente.
Il pensiero di poter incontrare il proprio fidanzato permette di avere la consapevolezza di come ogni incontro possa essere un appuntamento nuovo, in cui riscoprirsi e questo può far nascere e crescere la voglia di prenderci maggiormente cura di noi.
Insomma, come tutte le cose, anche questo nuovo modo di vivere la coppia, ha i suoi pro e i suoi contro.
Ma come afferma la psicologa Cristina Lanza seppur “Vivere separatamente possa creare l’illusione di una serie di vantaggi, non bisogna comunque dimenticare che una scelta di questo tipo richiede apertura mentale e, soprattutto, una condivisione della scelta stessa, affinché per nessuno dei due si trasformi in motivo di sofferenza.
Soltanto a queste condizioni questo stile relazionale può promuovere l’unione e la felicità”.
Insomma, la coppia è fatta di due persone.
Quindi è giusto che entrambi siano d’accordo al 100 per cento, affinchè questa scelta non arrivi ad essere ancora più letale della noia stessa.
Come riuscirci?
Vediamo qualche consiglio utile, qui di seguito.
– cercare e trovare il giusto equilibrio tra quelli che sono i nostri spazi individuali e quelli di condivisione: è importante per dare importanza anche ai nostri hobbies e ai nostri ideali
– mai annullarsi per l’altro
– mai dare per scontato l’altro: quindi ascoltarlo e parlare con chiarezza e soprattutto sorprenderlo
– Le sorprese fanno sentire speciali chi le riceve.
– fare dei progetti insieme: viaggi, obiettivi comuni possono alimentare la coppia e il sentimento che la unisce
– trascorrere il tempo insieme, ma è importante che questo sia di qualità: convivere significa passare tanto tempo insieme, ma questo non significa che si debba perdere l’abitudine di fare cose alternative, come andare a cena fuori o al cinema
– stimare l’altro e esaltare i suoi punti di forza: questo è utile per essere maggiormente felici insieme
– presenza costante, affinchè l’altro possa sapere di poter contare su di noi.
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1 Comment
Molto interessante. È qualcosa a cui già pensavo di mio, senza sapere che esistesse come fenomeno. Io penso a quelle coppie che semplicemente sono incompatibili per vivere insieme. Il mio pensiero va soprattutto alle coppie di lunga data, quelle che stanno insieme da sempre e che sono state per entrambi l’unico amore (sì, esistono ancora, per quanto siano sempre più rare), ma comunque vale per tutte le coppie che si amano veramente e il cui problema è il vivere insieme a livello pratico. Purtroppo accade che finché si è fidanzati va tutto rose e fiori, ma quando poi si va a vivere insieme ben presto si sfascia tutto (prima ancora che subentri la routine, quindi non è quello il problema, è proprio questione di diverse lunghezze d’onda su molti aspetti, anche puramente pratici, che non vengono alla luce finché non si vive insieme). Io penso comunque che l’amore sia uno sforzo quotidiano per venirsi incontro, accettando anche aspetti dell’altra persona che magari non ci vanno a genio. Se però la convivenza proprio è impossibile, alla fin fine non è neanche necessario vivere insieme per essere una coppia. Lo penso da tempo, e mi fa piacere trovarne conferma in questa “lat”, di cui, ripeto, ignoravo l’esistenza.
Purtroppo ci hanno insegnato che la vita va vissuta in un certo modo, che a una certa età ci si sposa, che a una certa età si hanno figli, che il matrimonio si vive in un certo modo, bla bla bla. Penso anche al video (facilmente trovabile su Internet, è stato caricato da varie persone) che parlava di un ragazzo e una ragazza autistici, che si sono innamorati e vivono insieme. L’approccio è fondamentalmente positivo, di contentezza per loro, e di come anche delle persone con dei problemi possano amare ed essere amate. Una cosa però mi ha dato abbastanza urto… A un certo punto si è detto che i due dormono in stanze separate e mangiano a orari diversi, sottolineandolo proprio con l’intenzione di far passare queste cose per segni di autismo (e quindi, in qualche modo, di malattia mentale, almeno nell’immaginario collettivo), e quindi come qualcosa di “non normale”, di “sbagliato” in qualche modo. Quelle che sono semplici scelte pratiche, che potrebbero fare benissimo anche due persone cosiddette “normali”. Sicuramente ci sono tante altre coppie che si troverebbero meglio così, ma a cui non verrebbe proprio in mente perché sono prigioniere degli stereotipi che ci hanno inculcato da sempre (questi del dormire in camere diverse e mangiare separatamente sono solo due esempi, si potrebbe applicare a un’infinità di altre piccole cose del convivere quotidiano).
Tornando al lat… So anche di persone che, dopo una storia d’amore di dieci anni e oltre (che per me dovrebbe essere la norma, ma al giorno d’oggi è qualcosa di raro), che ha occupato gran parte della loro vita, improvvisamente si sono lasciate con il partner, e magari pochi anni dopo si sono sposate con un’altra persona e hanno anche avuto dei bambini. Una di queste, una volta, poco prima di sposarsi con la persona che poi ha sposato, me l’ha proprio detto: “Quello che amo davvero non lo sposerò mai, non potrebbe funzionare” (non ha specificato di chi parlava, ma sapevo che aveva alle spalle una lunga storia che fino a quel momento era stata una delle poche se non l’unica, per cui non è stato difficile fare due più due). Cioè, secondo me non si può sentire una cosa del genere. Sposare una persona sapendo di amarne un’altra. E perché? Perché non potrebbe funzionare. Per cui la scelta del partner di vita diventerebbe una fredda ricerca di qualcuno che soddisfi dei criteri di compatibilità con noi, come se stessimo selezionando un candidato per un posto di lavoro. Io non so come si possa poi condividere tutto (sì, anche il letto… e non solo per dormire) con una persona scelta in questo modo, e non perché lo dice il cuore, perché la si ama. Ecco, in questi casi io dico… Ma piuttosto continuare a essere una coppia senza vivere insieme, come si fa quando si ha una relazione da giovani? Si può vivere benissimo una vita così, e anche avere figli (in quel caso, magari, i chilometri di distanza di cui parla l’articolo potrebbero essere poco opportuni, perché i bambini dovrebbero essere liberi di spostarsi da una casa all’altra in ogni momento).
Secondo me, in questi ultimi decenni, si è fatto tanto per screditare (decisamente oltremodo direi) l’ideale di rimanere fedeli a una sola persona per la vita, che io considero un valore, e invece si è fatto poco o nulla per screditare altri stereotipi di cui spesso le persone sono prigioniere, e per colpa dei quali si limitano da sole la vita. Spero che questa lat possa essere un po’ l’inizio. Se per qualche motivo non si può avere una convivenza cosiddetta “normale” con la persona che si ama, per molti la cosa da fare è trovare qualcun altro (per ripiego in pratica, oltre che senza amarl@) con cui poter intraprendere quel modo di avere una relazione che ci è stato presentato come IL modo, l’unico possibile, piuttosto che trovare, insieme alla persona che si ama, un altro modo di vivere il loro amore. Se io amo veramente una persona, l’unica cosa che so è che, in qualche modo, voglio vivere la mia vita con lui/lei. I modi poi sono infiniti, e quello che scegliamo è solo a noi due che deve andare bene (ovviamente, se è amore vero da entrambe le parti ed entrambi ne siamo consapevoli, come dovrebbe essere in ogni relazione, viene da sé che c’è anche la fiducia, a nessuno dei due verrebbe neanche in mente che l’altro possa tradirl@, anche se non si vive insieme).
Oppure penso anche ai bambini… Un bambino che a scuola (o dove vi pare) dice “Ho i genitori separati” (che generalmente significa che si sono lasciati male, ora si odiano o non si parlano, e spesso uno o entrambi hanno un nuovo partner, con cui il bambino bene o male deve interagire) ormai lo si considera qualcosa di normale. Mentre se un bambino dicesse “I miei genitori vivono separati ma sono una coppia” (e quindi hanno tutto l’amore, la chimica, la complicità di una coppia cosiddetta “normale”) sono sicuro che causerebbe più sconcerto, sarebbe qualcosa di difficile da concepire. E in ciò c’è decisamente qualcosa che non va.