Nessuno può farvi sentire inferiori,
senza il vostro consenso
Eleanor Roosvelt
L’autostima è un qualcosa che viene prima o dopo un’attività? Questa è una domanda che mi capita di porre più volte a chi si rivolge a me in studio. La maggior parte delle persone, sapete cosa risponde? Che viene prima.
In realtà l’autostima è un processo che si costruisce sulla base dell’esperienza e quindi inevitabilmente si costruisce dopo aver affrontato quella specifica attività.
In questo articolo parleremo di come accrescere la propria autostima e di quanto è importante credere nelle proprie capacità per poter realizzare i propri sogni e avere successo nella vita.
Sì, perché la nostra autostima può portarci verso la felicità e sono diversi gli studi che lo confermano, poiché sembrerebbe che abbia una relazione diretta con il nostro benessere generale.
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Iniziamo con qualche esempio concreto su come si costruisce una buona autostima.
Immaginate un bambino piccolo che sta imparando a nuotare in piscina. Inizialmente sperimenterà una fortissima paura di cadere in fondo alla piscina. Dovrà quindi cominciare a prendere fiducia prima stando nell’acqua bassa, poi potrà accettare di avere l’acqua fino alla pancia e ancora fino al collo. Solo a quel punto potrà imparare a galleggiare ed infine a nuotare. In parallelo, il bambino assocerà al comportamento una sensazione di maggiore sicurezza e di controllo dell’ambiente che gli permetteranno di passare da uno step a quello successivo. Come potete notare questa sicurezza si creerà solo dopo aver affrontato l’attività e non prima.
Immaginate ora uno studente che ad un esame prende un voto non all’altezza della sua carriera scolastica. Come si comporterà secondo voi? Reagirà o si piangerà addosso? Beh, tutto dipenderà dalla sicurezza e quindi dall’autostima che avrà interiorizzato sostenendo gli esami precedenti: se è alta, riuscirà a capire il motivo per cui non è riuscito ad ottenere un voto migliore, viceversa, finirà per commiserarsi.
Iniziando quindi a delinearsi due concetti associati ad una buona autostima: la sicurezza e di controllo dell’ambiente. Avere autostima significa quindi possedere una certa sicurezza su cosa fare e come comportarsi in una determinata attività e avere la tranquillità di sapere (in linea generale) cosa potrebbe accadere (controllo dell’ambiente).
Proviamo a dare ora una definizione generale dell’autostima.
Volendo partire dalla sua etimologia, il termine stima, deriva dal latino “estimare” e può significare “valutare” o “determinare il valore di qualcosa o di qualcuno”. Coerentemente con il significato di cui oggi vogliamo parlare, la stima di sé, implica il modo il cui ciascuno vede se stesso, si giudica e il tipo di valore che si attribuisce.
Sono diversi gli autori che si sono occupati di questo costrutto e ognuno ne ha dato una propria definizione.
Secondo Adler & Stewart (2004), l’autostima “si riferisce al senso generale di una persona del suo valore. Può essere considerato una sorta di misura di quanto una persona apprezza, premia o ama se stesso”.
Per Morris Rosenberg (1965) l’autostima invece è l’atteggiamento favorevole o sfavorevole che si ha verso se stessi.
Secondo Branden (2013), che studia questo costrutto da anni, è invece quel fattore fondamentale per la nostra vita. Nel dettaglio, egli crede che sia fondamentale avere una buona considerazione di sé e del proprio valore, poiché questo ci consente di affrontare la vita e ciò che ci propone, con dignità. Al contrario, una scarsa considerazione di noi stessi, secondo questo autore, non può che determinare una grande paura nei confronti dei problemi e dei nostri insuccessi.
Volendo far riferimento, però, ad una definizione che sembra essere condivisa in letteratura, l’autostima è quell’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso (Battistelli, 1994).
In generale, quindi, l’autostima fa riferimento al giudizio che abbiamo su di noi. Ma perché a volte è alta e altre volte ci finisce sotto i piedi?
Una spiegazione può essere data da alcuni atteggiamenti disfunzionali che tendiamo ad assumere: la sopravvalutazione e la svalutazione.
Per sopravvalutazione s’intende quel tipico atteggiamento di chi tende a sopravvalutare le proprie capacità, anche di fronte a difficoltà oggettivamente importanti, senza considerare la probabilità di un possibile fallimento, e nel caso in cui questo si verifichi, la colpa è sempre degli altri o del fato e mai di se stessi.
Per svalutazione invece ci si riferisce a quello stato in cui un individuo non si sente mai all’altezza e sente di essere costantemente inadeguato di fronte ai compiti da affrontare. Per questo motivo la persona che si svaluta vive ogni fallimento a livello personale, poiché attribuisce solo a se stessa i propri insuccessi.
All’interno di queste situazioni limite, c’è chi invece riesce ad assumere l’atteggiamento ideale della sana autostima, presentando:
A tal proposito Nathaniel Branden nel suo lavoro “I sei pilastri dell’autostima” ritiene che gli elementi su cui si fonda una sana autostima consistano nelle capacità di:
Anche Christophe André e François Lelord nel loro libro “L’Estime de soi” confermano come gli ingredienti che ci permettono di sentirci persone degne d’amore siano:
Secondo gli autori è infatti un dosaggio equilibrato di ciascuna di queste tre componenti interdipendenti a farci ottenere una buona stima di noi stessi.
Sulla base di quanto detto, individuiamo i segni di una sana autostima nelle:
Arrivati a questo punto è bene però cercare di capire, per quanto possibile, cosa non sia l’autostima, poiché questa differisce da altri costrutti simili, con cui viene spesso confusa.
L’autostima non è:
Ma allora, quali sono i fattori che influenzano l’autostima?
Perché alcune persone faticano a considerarsi in termini positivi e altre no? Rispondere univocamente a tale quesito è impossibile, poiché anche in questo caso abbiamo conclusioni differenti da parte di studiosi che se ne sono occupati.
William James, uno dei primi studiosi ad essersi occupato di questo argomento, ha dedotto come una buona stima di sé dipende essenzialmente, non tanto dai risultati che otteniamo, quanto dai criteri che gli altri adottano per giudicarci. Secondo questo ragionamento, più siamo criticati, meno crediamo in noi, anche se abbiamo ottenuto dei grandi risultati.
Alice Pope (1992) sostiene invece che chi presenta una bassa autostima ha un’immagine di sé (Sè percepito) che entra in conflitto con ciò che vorrebbe essere (Sè ideale).
Secondo tale logica, più siamo lontani dal nostro “Sè ideale”, più tenderemo a sviluppare una bassa autostima.
Erickson focalizza l’attenzione su quanto avviene nelle prime fasi di sviluppo del bambino, sostenendo che “è dalla qualità della relazione che il bambino sperimenta con la propria madre che dipende la sua capacità di tollerare frustrazioni e ridefinire continuamente i propri progetti”.
Se è vero che la qualità delle relazioni primarie ha un peso fondamentale per la costruzione della propria autostima, è altrettanto vero, però, che l’immagine che ciascuno ha di sé non rimane fissa nel tempo.
Vi sono diversi fattori che influenzano la nostra autostima: le nostre esperienze interpersonali, quelle lavorative, l’impegno verso il lavoratore, il coniuge e il ruolo genitoriale sono per esempio legati positivamente all’autostima (Reitzes e Mutran, 1994). Anche la nostra capacità di saper esprimerci sembra essere correlata all’autostima.
A tal proposito, uno dei risultati più interessanti ci viene da una ricerca interculturale sull’autostima, condotta in 31 paesi, da cui si evince una differenza di autostima tra culture collettivistiche e individualistiche.
Nelle prime questa sembra essere inferiore, poiché sembrerebbe che tali culture non riescano a esprimere le proprie emozioni personali e i propri pensieri, a differenza di quelle individualistiche. Le culture collettiviste sembrano avere un calo dell’autostima a causa della mancanza di queste caratteristiche (Diener & Diener 1995). Anche la nostra istruzione e il reddito più elevato sono legati a una maggiore autostima (Reitzes e Mutran, 2006).
Come anche il confronto sociale, che come sostiene Leon Festinger (1954) è importante per l’origine e le modifiche della stima di sé. Noi infatti tendiamo costantemente a paragonarci agli altri e di conseguenza questo non può che farci trarre delle conclusioni su noi stessi, soprattutto se abbiamo una bassa autostima.
In tal caso, oltre del giudizio formulato da ciascuno di noi, in base al confronto, possiamo risentire anche del giudizio che gli altri, per noi significativi, formulano su di noi.
Secondo quanto detto, possiamo affermare che chi presenta una bassa autostima ha sperimentato molto probabilmente esperienze infantili traumatiche. Tra queste possiamo trovare la separazione prolungata dalle figure dei genitori, l’abbandono, l’abuso emotivo, fisico o sessuale (che porta il minore a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato e di meritarsi ciò che accade).
Può essere proprio la famiglia a non favorire la costruzione della propria autostima, soprattutto se il bambino cresce in un contesto caratterizzato da:
Volendo riassumere quanto detto, i padri assenti, la povertà e un ambiente domestico di bassa qualità hanno un impatto negativo sull’autostima (Orth, 2018).
Durante la crescita possono verificarsi anche episodi di bullismo e cyberbullismo che potrebbero inficiare sull’autostima del soggetto, come anche la non appartenenza ad un gruppo.
Anche altri fattori che possono verificarsi da adulti, possono causare una bassa stima di sé, come:
Circa una donna su quattro in età universitaria sembra sviluppare un disturbo alimentare, a causa di una bassa autostima. Una bassa autostima sembra inoltre essere legata alla violenza, ai tassi di abbandono scolastico, alle gravidanze adolescenziali, al suicidio e ai bassi risultati scolastici (Misetich e Delis-Abrams, 2003).
Tra gli altri effetti di una bassa autostima personale abbiamo:
Alcuni studi suggeriscono che l’uso dei social media ha un impatto negativo sull’autostima (Friedlander, 2016). Questo è comprensibile, dal momento che sui social è più facile fare paragoni con la vita altrui e il più delle volte si cerca solo di dare un’immagine di sè perfetta, solo per il gusto di farlo sapere agli altri.
Secondo i risultati di una ricerca americana, condotta da Hancock a New York, l’utilizzo del social network “Facebook”, invece favorirebbe l’incremento della propria autostima.
Tale studio ha coinvolto 63 studenti così suddivisi:
Tale studio ha previsto che ad ogni studente, dopo tre minuti, venisse dato un test per valutare la propria autostima.
E’ stato rilevato che nel secondo e nel terzo gruppo non vi è stato alcun incremento nei livelli di autostima, nel primo invece sono stati registrati aumenti significativi della stima di sé.
I ricercatori hanno giustificato ciò, affermando che Facebook ci mostra solo un’immagine positiva di noi stessi, al contrario, uno specchio ci ricorda sempre chi siamo davvero.
Eppure alcune ricerche suggeriscono che un uso intensivo di Facebook può essere correlato al narcisismo e ad altre patologie.
Insomma, abbiamo risultati che sembrano quasi andare in contrasto, ma a prescindere da questo, è importante sottolineare che i social media, se utilizzati con responsabilità e consapevolezza, possono essere buoni spazi di riflessione e motivazione.
Sulla base di quanto detto sin’ora possiamo affermare che l’autostima comprende elementi affettivi (che influenzano la nostra sensibilità), cognitivi (conoscenze di una persona, di sé e delle situazioni che ha vissuto), ma anche sociali.
Non è dunque un’entità fissa e per questo è possibile accrescerla.
Di seguito alcuni utili consigli.
Prima di arrivare ad accettarti per come sei è essenziale riuscire a capire chi sei davvero.
Inizia un percorso di riflessione interiore, cerca di capire cosa vuoi davvero e se ciò che vuoi è davvero un tuo desiderio. Molto spesso orientiamo i nostri desideri partendo da quello che voglio gli altri.
Prendere consapevolezza di ciò e dell’emozione che ti condiziona (paura, senso di colpa, etc.), può essere il primo passo per allontanarti gradualmente dai vari condizionamenti esterni.
A tal proposito chiediti: “Ciò che desidero, è davvero ciò che voglio per me e per la mia vita?”
Quando ti capita di denigrarti, chiediti “Ciò che penso di me è davvero un mio pensiero o deriva da altri?” “Perché lo penso?”
Questo può aiutarti ad avere le idee più chiare su chi davvero sei e ad accrescere il processo di consapevolezza.
Il secondo passo è imparare ad accettarti con i tuoi pregi e difetti, indipendentemente da ciò che riesci o non riesci ad ottenere.
Cerca di essere comprensivo/a con te, come faresti con un tuo amico, poiché la consapevolezza di noi e quello che pensiamo della nostra persona deriva anche dal linguaggio che usiamo per descriverci, dalle parole che rivolgiamo ai nostri comportamenti.
I nostri pensieri influenzano la realtà, per questo motivo, cerca di cambiare per primi quelli provando a cambiare il modo in cui ti rivolgi a te stesso/a. Più che dirti “ce la farò”, prova a dire “farò quello che è in mio potere per ottenere ciò che voglio”.
Cerca di trovare qualcosa in cui senti di eccellere (sport, pittura, canto, aiutare gli altri, etc.) poiché l’autostima cresce quando dimostriamo di avere delle abilità. Ma soprattutto scova il tuo talento, per mettere a frutto le tue capacità. Per trovarlo torna a quando eri bambino/a e prova a ricordare in quale attività ti perdevi o quale ti risultava semplice senza il minimo sforzo. E’ lì che dovrai andare a cercare.
Se hai subito un rifiuto e ti senti sconfitto/a, non significa che sei privo/a di valore.
Hai delle qualità ed è sufficiente che te ne ricordi. Magari prova a metterle per iscritto, senza modestia, per rileggerle quando ne senti la necessità.
Prova anche a raccogliere quotidianamente le tue esperienze, quello che hai dovuto superare: questo non può che aiutarti ad avere un’immagine più realistica di te, di ciò che sei stato/a e di ciò che sei diventato/a.
Puoi anche provare a scrivere i motivi per cui gli altri dovrebbero apprezzarti: tenerne traccia quotidianamente, a fine giornata, potrebbe aiutarti ad aumentare la tua autostima.
Tra le cose che possono aumentare la tua autostima, è di fondamentale importanza riuscire a prendersi cura anche del proprio aspetto e della propria immagine, poiché questo non solo può far sentire meglio, ma può aiutare a creare nella propria mente una nuova immagine di se stessi.
Una nuova immagine è necessaria per sostituire quella vecchia, cui diamo troppa rilevanza ai difetti e meno ai pregi.
Prova quindi a curare il tuo look, ma anche il tuo modo di fare, di esprimerti e i tuoi gesti, poiché influiscono notevolmente su come gli altri ti percepiscono.
Insomma, quando ti senti giù, prova a fare una bella doccia, mettiti un bel vestito, usa un bel trucco, concediti una coccola: ti sentirai immediatamente meglio!
Per dare una bella spinta alla tua autostima è importante anche riuscire a prefiggersi degli obiettivi che siamo sicuri di poter, ma soprattutto di voler raggiungere.
A tal proposito chiediti quale sarà la tua prossima mossa. Se hai un desiderio che vorresti far diventare realtà, impegnati per farlo diventare tale. Solo tu puoi riuscirci. Con impegno, costanza, determinazione, pazienza, ma anche accettando il rischio che le cose non sempre vanno come vorremmo.
Il che deve essere un input per farti andar avanti e non fermarti!
Perché “quando crediamo in noi stessi possiamo sperimentare la curiosità, la felicità, la sorpresa e tutte quelle emozioni che ci rendono profondamente umani.” E.E. Cummings.
Sembra banale e scontato ma quando vedi che la tua autostima peggiora ogni giorno, potrebbe essere utile parlarne con uno psicologo psicoterapeuta breve che può fornirti delle strategie efficaci, mettendoti nelle condizioni di farti uscire dal circolo vizioso che mantiene il problema.
Per fissare un primo appuntamento puoi scrivermi un'e-mail all'indirizzo davide.algeri@gmail.com o contattarmi al numero +39 348 53 08 559.
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