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22 Giugno 2011Riporto qui di seguito un’intervista che ho rilasciato, insieme ad altre due colleghe Serena Basile e Francesca Saccà, su Pianeta Mamma, a cura di Antonella Marchisella, su come il rifiuto da parte dei medici di prescrivere la pillola del giorno dopo può incidere sulla psiche e sulla vita di una giovane donna.
Buona Lettura
Davide Algeri
Indice contenuti
Il diritto di essere madre
In soli tre anni ben 8000 persone sono state costrette a rivolgersi all’ Associazione Vita di Donna per reperire la ricetta della pillola del giorno dopo. Pare infatti che, alle soglie del 2012, l’ 85 % dei medici italiani si rifiuti di prescriverla, in quanto obiettori di “coscienza”. La domanda nasce spontanea: è giusto che una persona si presenti in un ospedale pubblico o addirittura presso un Consultorio e le venga rifiutata l’erogazione di un servizio? Parlando poi in termini moralistici, è giusto non rispettare il diritto di una donna di non voler diventare madre? “Ma la libertà del bambino assassinato non la rispetta nessuno?” – recitava un commento ad uno dei miei articoli sul tema. Ma di quale bambino assassinato stiamo parlando ?! La pillola del giorno dopo è un metodo di contraccezione post-coitale, da utilizzare nei casi di emergenza ed entro le prime 72 ore dal rapporto sessuale a rischio, atto a bloccare l’ovulazione. Secondo moderni studi non ha effetti sull’impianto e non è affatto un metodo abortivo.
Quindi, come mai un’enorme percentuale di medici si rifiuta di prescriverla, dichiarandosi obiettori di coscienza (quando a maggior ragione dovrebbero prescriverla al fine di evitare gravidanze non desiderate che di conseguenza comporterebbero un aborto)?
Perché in molti la considerano un metodo abortivo a tutti gli effetti.
Il 24 Ottobre del 2008 Il Resto del Carlino pubblicò un articolo che descriveva il caso di un medico di guardia che attaccò alla porta di un distretto sanitario un cartello con scritto: “qui non si prescrive la pillola del giorno dopo” e che venne multato con la detrazione pari al 10% dello stipendio di un mese. Sempre nello stesso presidio di guardia medica venne negata la ricetta della pillola del giorno dopo ad una coppia di fidanzati: “era la notte del Sabato Santo 2008, la vigilia di Pasqua, e alla porta di quel presidio di guardia medica pisana bussarono, a distanza di qualche ora l’una dall’altra, due coppie di fidanzatini in piena emergenza da “rapporto non protetto” . Chiedevano la ricetta del Norlevo per scongiurare il rischio di una gravidanza indesiderata, ma il caso volle che quella notte tutti i medici di turno fossero obiettori di coscienza, fermamente contrari alla cosiddetta pillola del giorno dopo,da loro considerata farmaco abortivo a tutti gli effetti. Come noto, il Norlevo, per essere efficace, deve essere assunto entro le 72 ore dal rapporto a rischio. E le due ragazzine riuscirono, previa ecografia, ad ottenere l’agognata ricetta soltanto al fotofinish, dopo essere state costrette anche ad una lunga attesa al Pronto Soccorso della Clinica, prima di trovare una ginecologa disposta a somministrare loro il Norlevo” (passo tratto da Il Resto del Carlino 24/10/2008) .
Leggiamo inoltre, nel sito internet dell’ Associazione Corrente Rosa, che “una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della regione Puglia ha affrontato il delicato tema dell’obiezione di coscienza di ginecologi e ostetriche che prestano la propria opera presso i Consultori. Le inadempienze di alcuni medici obiettori di coscienza, riscontrate dall’amministrazione regionale – tra le quali, il rifiuto di prescrivere la “pillola del giorno dopo” e di rilasciare i documenti IVG – sono state definite dal Tar stesso un illecito “di rilevanza penale, disciplinare e/o deontologica” – “ mentre la Puglia registra il più alto tasso di IVG (interruzioni volontarie di gravidanza) a livello nazionale (270 interruzioni per ogni 1.000 nascituri), è anche la regione con il più alto numero di medici che si dichiarano obiettori (pari al 79,9%)” –
“In tal senso, il TAR, pur affermando l’irragionevolezza, e dunque l’illegittimità, della previsione di dotare i Consultori regionali esclusivamente di personale che non avesse prestato obiezione di coscienza – escludendo così in radice la possibilità per gli obiettori di prestare la propria attività presso i consultori , ha ritenuto invece che la Regione, nei prossimi bandi finalizzati alla pubblicazione dei turni vacanti per i singoli Consultori, possa prevedere una suddivisione pari al 50% tra medici specialisti che non abbiano prestato obiezione di coscienza e medici specialisti obiettori. In tal senso, ha affermato il Tar, si rispetterebbe il principio di eguaglianza all’articolo 3 della Costituzione” .
Ma torniamo al punto chiave della questione: abbiamo illustrato come la pillola del giorno dopo non sia una pillola abortiva. Il nostro intento è comunque quello di affrontare il tema da un punto di vista psicologico e lo facciamo con l’aiuto di due psicologi, la Dottoressa Serena Basile Psicologa Clinica Docente del Laboratorio in Tecniche di Osservazione della Reltà Educativa e Responsabile Scientifica dell’ iniziativa Aperitologo – l’aperitivo con lo psicologo dentro a Milano, e il Dottor Davide Algeri Psicologo e Psicoterapeuta breve Specialista in disturbi d’ansia, disturbi del comportamento sessuale e del comportamento alimentare. Inoltre, in un prossimo articolo continueremo a parlare dell’argomento con la Dottoressa Francesca Saccà di Psicologo in Famiglia, progetto web per la prevenzione e l’informazione sui disagi psicologici.
Dottoressa Basile, in riferimento alla questione del rifiuto di prescrivere la pillola del giorno dopo, ci può spiegare quali sono le sensazioni psicologiche inflitte alle donne che ricevono un rifiuto di questo tipo, quali le conseguenze a livello psichico?
Come intuibile, gli effetti non sono generalizzabili tout court ma dipendono dalla capacità di reazione di ciascuna donna di fronte a un rifiuto del genere. Senza dubbio, sentirsi dire di no da un medico che sostiene questo rifiuto in nome di un’obiezione di coscienza incide inevitabilmente un forte senso di giudizio etico rispetto al quale uno schiaffo è poca cosa. La scelta di “prevenire” una gravidanza – inscrivendosi dunque la richiesta in una cornice psicologica di timore, decisione di prendersi cura di se stessa e bisogno di rassicurazione – viene espropriata malamente e demonizzata. Quali i possibili effetti sul vissuto della donna? Ad esempio, sentirsi sbagliata, ignobile, socialmente vergognosa, assassina, irresponsabile… Ma anche impotente, rifiutata come persona, “macchiata”.
E vissuti di questo tipo possono generare effetti veramente molto diversificati, soprattutto se non si è in grado di sopperire al “no” del medico cui ci si rivolge. Donne che possono accogliere il rifiuto riversando su di sé schifo, punizioni e sensi di colpa; donne che invece tendono a riversare all’esterno schifo e aggressività, senza per questo rinunciare alla propria decisione oppure rinunciandovi ma riversando poi sull’eventuale figlio le proprie tensioni interne… e così via…
Senza dubbio, la donna che chiede la ricetta per la pillola del giorno dopo ha paura. Di fronte a una persona che tenta di risolvere la propria paura, giudizio e punizione in genere costituiscono un modo per negarlo, l’aiuto. E questo indipendentemente da qualunque “obiezione” e da qualunque “coscienza”.
Dott. Algeri, porgo la stessa domanda a Lei
Ad oggi, in Italia, la pillola del giorno dopo può essere venduta solo dietro prescrizione medica con ricetta.
La legge 194 del 22 maggio 1978 prevede l’obiezione di coscienza esclusivamente nei confronti dell’aborto , pertanto la prescrizione e la fornitura della pillola del giorno dopo rientrano nella normale giurisdizione del rapporto medico-paziente, che non prevede che il medico possa negare un trattamento richiesto dal paziente sulla base di convinzioni morali personali.
Nonostante ciò si continuano a sentire storie di ragazzine adolescenti alla prima esperienza e di donne, che vanno dal medico per farne richiesta e si ritrovano a girare di consultorio in ospedale, in un forte stato di ansia, e angosciate dal tempo che passa (va assunta entro 72 ore) dopo ogni richiesta rifiutata, trovando obiettori di coscienza che, spinti dalle proprie convinzioni ideologiche, morali o religiose, al posto della ricetta le liquidano spesso con un secco NO.
In questi casi gli obiettori spesso si rifugiano dietro l’idea che la pillola del giorno dopo possa essere paragonata ad una forma di aborto, non considerando il fatto che la ragazza o donna non è pronta ad avere in quel determinato momento un figlio, che molto probabilmente di lì a qualche mese andrà incontro ad un aborto medico o chirurgico e che ciò potrebbe crearle molti più danni di una semplice “pillola di emergenza”, sia a livello psicologico che fisico.
L’adolescente o la donna che in questi casi si trova di fronte ad un diritto negato, prova un enorme senso di impotenza, di rabbia e di sfiducia nei confronti di un servizio (pubblico) che dovrebbe comunque sempre garantire un “supporto” nei confronti di chi si rivolge per chiedere aiuto, provando a mettere da parte, quando sussistono le condizioni per una prescrizione medica, quelli che sono i propri ideali.
Una gravidanza imposta con queste modalità, inoltre, oltre ad aumentare l’insorgenza di patologie di tipo ansioso-depressivo, genera una “ferita emotiva” destinata a rimanere aperta tutta la vita in caso di aborto e può generare una “relazione non voluta” con un figlio, se la gravidanza va a buon fine, con tutte le conseguenze del caso.
A questo punto, se da un lato, i medici di fronte ad una richiesta di aiuto di questo tipo, dovrebbero chiedersi a cosa vanno incontro coloro cui viene negata la possibilità di scelta della propria vita, dall’altro sarebbe opportuno sottolineare la carenza di una prevenzione sul piano di una educazione ad una sessualità più consapevole, visto che molto spesso la richiesta di questo farmaco di “emergenza”, proviene da adolescenti, dietro cui si nasconde spesso un’inesperienza o meglio una mancata consapevolezza circa le conoscenze su rapporti protetti.
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