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Quando l’aiuto diventa necessario

Scritto da Dott. Davide Algeri il 4 Agosto 2010
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Primo incontro con Maria

La mia vita è un inferno, non ce la faccio più a stare cosi!

Maria si è decisa, vuole uscir fuori dal vortice di sofferenza che ogni giorno avverte più grave e più limitante. Abbiamo consigliato alla giovane di leggere tutti gli articoli sul funzionamento mentale lo ha fatto, ha riflettuto a lungo e poi al telefono piangendo a detto: basta! Sono pronta; voglio fare qualcosa per me.

Bene Maria, quali sono le aspettative in relazione alla decisione che hai preso? In altri termini cosa desidereresti ottenere da questo lavoro? E lei: vorrei essere una persona normale; vorrei fare quello che fanno tutte le ragazze della mia età e starci bene; vorrei non dirmi sempre tutte quelle cose brutte su di me; vorrei smettere di stare chiusa dentro casa come una talpa a piangere o odiare me stessa; vorrei avere un ragazzo; vorrei potermi mettere un costume e andare in spiaggia; vorrei che qualcuno mi chiamasse per invitarmi ad uscire ed io che accetto contenta. Bene Maria, se ti è possibile  dimmi cosa secondo te ti impedisce di ottenere tutte queste cose che hai appena elencato? Ed ella: sono brutta, sono grassa, non interesso a nessuno. Mi vergogno di me, faccio schifo. Ho capito.

Hai presente quali sono gli strumenti da portare con se per fare questo lavoro di cambiamento? Maria: si certo! un quaderno, una penna, il Tridente e il prospetto A_B_C.

Molto bene, hai già scelto il problema da affrontare per primo? Per problema si intende il disagio emotivo o la sofferenza che avverti quando soffri. Credo di si, replica Maria, credo proprio la vergogna che provo di me stessa.

Ok allora se è già pronto il prospetto A_B_C sul tuo quaderno, poni la vergogna sotto la lettera C ovvero lo spazio riservato alle emozioni. Ora descrivi l’evento o la situazione in cui provi questa vergogna di te stessa. Silenzio… e poi aggiunge, ma io la provo sempre questa vergogna, anche quando sto da sola, anche se nessuno mi guarda, anche a scuola mentre il prof. spiega, la provo  anche se rispondo al telefono!

Allora se ho ben capito tu provi vergogna ogni volta che ti ricordi di te nel senso di ogni volta che porti l’attenzione su di te. E Maria: si è proprio così, infatti non mi specchio mai.

Bene allora poni questo evento: “quando penso a me stessa” sotto la lettera A che sta ad indicare l’evento responsabile della tua sofferenza di vergogna. Ora spostati al punto B e cerca di fare un elenco di pensieri relativi al tuo A cioè scrivi di getto ciò che pensi di te stessa quando posi l’attenzione su di te. Tace per qualche minuto……poi inizia a scrivere.

Lettura di approfondimento:  Intervento a BergamoTV sul ruolo delle nuove tecnologie e della psicologia

Faccio schifo;

ho la faccia da topo;

sono inguardabile;

ho gli occhi da morta.

Dopo aver scritto i suoi pensieri su di se inizia a piangere. Aspetto con rispetto lo sfogo ed aggiungo: ci sono altri pensieri da citare? Risponde: perché ti sembrano pochi? No, mi sembrano molto. IO:sei d’accordo che sono questi pensieri che fai su di te i responsabili del tuo disagio di vergogna? Si credo di capire questa cosa, ma sono pensieri spontanei, io mi vedo proprio cosi. Io: lo immagino, altrimenti non saremmo qui  a parlarne. Ora Maria inizieremo la discussione/confutazione partendo dal tuo primo pensiero, tieni a portata di mano il tridente e aggiungiamo all’ABC altre due caselle: D sotto la quale scriveremo i pensieri che secondo te sarebbe opportuno fare nella propria testa per ottenere E, quindi E sotto la quale scriverai l’obiettivo desiderato, cioè : come ti piacerebbe sentirti quando pensi a te stessa. Dopo qualche attimo di silenzio Maria scrive il suo obiettivo in corrispondenza della lettera E: mi piacerebbe sentirmi serena, fiera di me stessa, mi piacerebbe guardarmi e trovare il mio aspetto gradevole. Bene, andiamo ora al tuo primo pensiero”faccio schifo”. Mi spieghi cortesemente il concetto di schifo? Maria: bè quando qualcosa non ci piace ! attenzione Maria quando qualcosa non ci piace significa che non ci piace, che centra lo schifo?….silenzio…..io:ti è mai capitato di provare lo schifo? Ed ella: si! Una volta da bambina mentre giocavo in un prato con una amichetta ci siamo trovate di fronte una carcassa di animale morto, puzzava, era piena di vermi e di mosche ed io sono scappata via gridando e vomitando, mi sentivo tutta sporcata dentro come se ce l’avessi in bocca.  Mi stai dicendo che lo schifo è una reazione di ripugnanza istintiva  da parte del nostro senso del gusto di fronte a ciò che è putrefatto, sporco e puzzolente? Maria si è proprio così. Tornando alla tuo pensiero su di te, ti risulta che il tuo corpo è putrefatto, sporco e puzzolente? Bè no! Questo no! E allora cosa vuoi dire esattamente di te quando dici “faccio schifo”M…..forse che non mi vedo bella, che non mi piaccio! Io: capita nella vita di avere a che fare con cose che non ci piacciono, ma questo non significa che siccome non ci piacciono allora non vanno bene, significa solo che non ci piacciono; tuttavia ciò non esclude che possiamo sempre fare qualcosa per migliorarle. Maria: stai dicendo che non mi curo di me? No questo lo hai detto tu, comunque è ovvio che si può sempre fare di meglio se si vuole. A questo punto Maria facciamo la prova del tridente  sul tuo pensiero “faccio schifo”, che consiste nel sottoporlo alle tre domande obbligatorie: questo pensiero che faccio su di me è vero? Posso dimostrare con prove inconfutabili che è vero? Se si: perché è vero? Quali sono le prove che è vero? Quindi: questo pensiero che faccio su di me è falso? Se si: perché è falso? quali sono le prove che è falso? Maria: se faccio questa prova così, così precisa mi rendo conto che non posso dire che il pensiero è vero perché in realtà io non mi piaccio, ma non posso fare schifo,perché non sono né putrefatta, né ripugnante, né puzzolente! Molto bene Maria. Ora questo lavoro che abbiamo fatto insieme lo ripeterai a casa, da sola, per iscritto almeno tre volte al giorno come fosse un antibiotico fino al nostro prossimo appuntamento, non ti preoccupare di sbagliare, perché sbagliando si impara. La prossima volta dopo la correzione di questo incominceremo a confutare il secondo pensiero irrazionale della tua lista. Come ti senti in questo momento Maria? Mi sento un po’ stanca, però…. è come se nel buio cominciasse ad entrare un pò di luce.


Lettura di approfondimento:  Intesa? Questione di morsi

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