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Definizione di bullismo
Il termine bullismo deriva dalla parola inglese “bullying”. Il bullismo viene definito come “un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona – o da un gruppo di persone – più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole” [1].
Secondo Olweus [2] “uno studente è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”. Più specificamente “un comportamento ‘bullo’ è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare” [3].
Gli autori distinguono vari tipi di azioni bullistiche, che coprono una gamma di comportamenti, più o meno aggressivi e più o meno diretti. Possiamo ad esempio riscontrare, il bullismo diretto fisico, tra cui si annoverano una serie di comportamenti, come il picchiare, prendere a calci e a pugni, spingere, dare pizzicotti, graffiare, mordere, tirare i capelli, appropriarsi degli oggetti degli altri o rovinarli. Questo tipo di bullismo mira ad un’intimidazione e sopraffazione di tipo fisico ed in genere è utilizzata dai bulli di sesso maschile.
Oltre al bullismo diretto fisico possiamo anche riscontrare il bullismo diretto verbale, che implica il minacciare, insultare, offendere, prendere in giro, esprimere pensieri razzisti, estorcere denaro o beni materiali. Anche in questo tipo di bullismo l’azione tende ad intimidire, e a sopraffare, anche se non si arriva allo scontro fisico, ed è operata, per la maggior parte delle volte, da bulli di sesso maschile.
L’altra forma di bullismo, molto più celata e sottile, solitamente operata dalle femmine, è il bullismo indiretto: si gioca più sul piano psicologico. Il fenomeno è meno evidente e più difficile da individuare, ma non per questo meno dannoso per la vittima. Esempi di bullismo indiretto sono l’esclusione dal gruppo dei coetanei, l’isolamento, l’uso ripetuto di smorfie e gesti volgari, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il danneggiamento dei rapporti di amicizia. (Leggi l’articolo su quando il bullo è donna)
Il bullismo è un disagio relazionale, che si attua, come più sopra detto, tra persone “più potenti” ai danni di persone “più deboli”, in un periodo prolungato di tempo.
Il fenomeno assume quindi caratteristiche ben precise, che sono quelle della continuità degli atti aggressivi nel tempo e dell’asimmetria degli attori coinvolti: in genere il bullo è un bambino o ragazzo più forte della media dei coetanei e la vittima è sempre più debole della media dei coetanei. Spesso gli atti di bullismo vedono coinvolti un singolo soggetto con un altro, ma non è escluso il caso in cui a mettere in atto le prepotenze sia un gruppetto di 2 o 3 persone ai danni di una sola vittima.
Per poter parlare di bullismo dobbiamo però anche capire cosa invece non rientra in tale fenomeno.
Non possiamo parlare di bullismo, ad esempio, quando due studenti, pressappoco della stessa forza fisica o psicologica, litigano o discutono, perché verrebbe a mancare l’asimmetria. Questi atti, definiti in letteratura “quasi aggressivi”, non costituiscono forme di bullismo, ma mettono in scena una relazione alla pari, in cui non c’è prevalenza di uno studente, ma un’alternanza di ruoli tra prevaricante e prevaricato.
Non possiamo parlare di bullismo nemmeno relativamente ad atti di estrema gravità, vicini al reato, perché in questo caso si parla di atti anti-sociali e devianti, che nulla hanno a che vedere con il bullismo.
Essendo il bullismo un fenomeno relazionale, come più sopra esplicitato, deve essere letto in una prospettiva più ampia che consideri sia fattori individuali, sia familiari, sia sociali che scolastici.
All’origine del bullismo, c’è un’incapacità a controllare le proprie emozioni, spesso dovuta alla fragilità del sistema educativo. In primis la famiglia, che ha un ruolo importantissimo nella prevenzione del bullismo, poiché è chiamata ad educare bambini e ragazzi all’empatia, al rispetto delle regole, alla prosocialità e alla non-violenza, spesso scontrandosi con i valori veicolati dalla cultura dominante.
Essendo un disagio tipicamente relazionale, dunque, è anche importante analizzare il tipo di rapporto che si è venuto a creare tra bullo e vittima, analizzando anche il contesto allargato classe, nel momento in cui il bullismo è attuato a scuola.
Vediamo quindi ora chi sono i “protagonisti” coinvolti nelle dinamiche bullistiche, per comprendere ancor più approfonditamente la dinamica del bullismo.
In primis troviamo il bullo, che prevarica su una vittima, ma la “scena”, proprio come evoca la parola, spesso non passa inosservata e implicati nel processo ci sono anche gli “spettatori”.
Ognuno di questi ruoli assume caratteristiche specifiche e all’interno di queste categorie possiamo riscontrare sfumature rilevanti. [4]
Possiamo distinguere i bulli in:
Tra le vittime invece distinguiamo:
Infine, tra gli spettatori, vi sono i sostenitori del bullo, i difensori della vittima e la cosiddetta “maggioranza silente”:
Gli spettatori possono utilizzare diverse strategie, più o meno dirette, per fermare le prepotenze, come ad esempio, far intervenire gli adulti, oppure esprimere direttamente la disapprovazione per i comportamenti prevaricatori (per es. dicendo esplicitamente al bullo di smetterla); altre strategie potrebbero essere volte all’aiuto diretto alla vittima, cercando di aiutarla a sottrarsi alla situazione, includendola nel proprio gruppo di pari o sollecitando i pari a non appoggiare i bulli.
La vittima in questo modo può sentirsi accolta e supportata dai pari, riconoscendo in loro un’opportunità per poter chiedere aiuto.
E’ vero il detto “l’unione fa la forza”, proprio perché più il gruppo diventa compatto e non terrorizzato dal bullo e meno il bullo potrà perpetrare le sue azioni prevaricatorie. I comportamenti assertivi sono quelli che vanno rinforzati perché permettono alle vittime e agli spettatori di affermare i propri punti di vista, esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni, senza prevaricare né essere prevaricati. Per sviluppare armonicamente una modalità comunicativa assertiva basta è necessaria una corretta educazione emotiva e sentimentale. Conoscendo meglio se stessi e le proprie emozioni, si è anche maggiormente in grado di affrontare condizionamenti ambientali negativi.
Nonostante i quotidiani fatti di cronaca, il bullismo rimane ancora un fenomeno sconosciuto. Ciò che la maggior parte dei genitori ignora non è tanto l’esistenza del problema sociale in sé, quanto il fatto che il disagio potrebbe riguardare da vicino il proprio figlio o la propria figlia.
Le vittime dei soprusi, infatti, parlano raramente con gli adulti delle violenze che subiscono. Si chiudono in loro stessi, esitano a raccontare le proprie giornate, sorvolano su quei fatti che per loro rappresentano una perenne condizione di sofferenza. La ragione più evidente è che hanno paura di subire maggiori violenze per aver “parlato”.
Le vittime del bullismo, inoltre, si vergognano della propria debolezza, di non saper reagire, di essere il bersaglio preferito dei bulli e, non ultimo, di essere “quel che sono”: bambini cicciottelli o occhialuti finiscono il più delle volte ad attribuire alla propria condizione fisica la responsabilità di ciò che avviene e a rivolgere per questo verso se stessi la propria rabbia. Come dire: “sono diverso dagli altri ed è per questo che finisco vittima del bullo della scuola“.
Ciò che invece i ragazzi devono imparare è che non c’è nulla che non va in loro: il bullismo è un comportamento sbagliato “a prescindere”.
Ecco allora che l’intervento della famiglia diviene determinante per contrastare il bullismo. I genitori devono imparare a comprendere il proprio figlio e riconoscere i segnali di un eventuale disagio, sia per evitare che si trasformi in vittima, ma anche per impedire che possa diventare “bullo”.
Per evitare che diventino vittime è importante:
Per evitare che si trasformino in bulli bisogna invece insegnare ai ragazzi a:
I genitori devono inoltre imparare a cogliere i segnali di chi è vittima di bullismo, quali:
Anche gli insegnanti ricoprono un ruolo fondamentale nella prevenzione del bullismo e possono intervenire compiendo delle aziono specifiche.
Di seguito una lista di cose che potrebbero fare:
Rispetto alle vittime di bullismo, è importante sapere che:
Per un aiuto immediato rivolgersi a:
“Questo articolo è stato selezionato da Twinkl in occasione della “Giornata Nazionale Contro il Bullismo e Cyberbullismo”. Trovate qui numerose risorse e consigli per prevenire il bullismo a scuola”
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