
Quando il partner diventa terapeuta e l’amore diventa terapia
15 Aprile 2025Chi cerca l’estremo, spesso sfugge al vuoto. E chi cerca se stesso negli occhi ammirati degli altri, finisce per perdersi in un gioco di specchi dove l’identità si frantuma in mille riflessi. Questo è il paradosso del sensation seeking (ricercatore di sensazioni forti) quando si intreccia con le trame del narcisismo.
In questo articolo, esploreremo come il bisogno compulsivo di esperienze intense – noto come sensation seeking – può alimentare e nutrire una personalità narcisistica, trasformandola in un pendolo oscillante tra il delirio di onnipotenza e l’abisso del vuoto interiore.
Cos’è il sensation seeking
Il fuoco che brucia e non scalda
Il termine sensation seeking è stato coniato dallo psicologo Marvin Zuckerman per descrivere quelle persone che hanno una propensione biologica e psicologica a cercare esperienze nuove, intense, rischiose. Si tratta di una spinta che non si spegne con la soddisfazione: come il desiderio di salire sempre più in alto sulla giostra delle emozioni, anche a costo di crollare.
Il sensation seeker non vuole solo vivere, vuole sentire di vivere. Ma a differenza del saggio che cerca profondità, egli brama l’altezza e la velocità. È l’individuo che guida oltre il limite, che cambia partner come mutande, che si getta in investimenti folli, sport estremi, sfide sociali, rischi finanziari, nella speranza che l’adrenalina dia forma a un’identità sfuggente.
Quando il rischio è identità
Dietro la maschera della trasgressione, spesso si nasconde una verità più sottile: il rischio, il pericolo, il nuovo non sono fini a sé stessi, ma diventano mezzi per sentirsi vivi, per sentire di essere. Il rischio è il surrogato della profondità. Il sensation seeker dice: “Se provo, esisto”. Come se la vita interiore potesse essere misurata a scosse elettriche, come se il senso potesse essere prodotto dal rumore.
Ma ciò che eccita una volta, poi non basta più. E così si alza il tiro. Il sensation seeker è come il tossicodipendente emotivo: non cerca più il piacere, ma il sollievo dall’apatia.
La ricerca di forti sensazioni nel narcisismo
Immaginiamo il narcisismo come un grande palcoscenico, dove l’individuo ha bisogno continuo di applausi per confermare la propria esistenza. Ma non bastano applausi qualunque: servono ovazioni, standing ovation, occhi puntati. Ecco allora che il sensation seeking diventa il mezzo più efficace per ottenere ammirazione.
Salire su una moto e fare una ruota in mezzo al traffico? Applausi. Lanciarsi in un’impresa folle ma visibile sui social? Like. Sedurre una persona per poi lasciarla, solo per il gusto di essere desiderati? Potere.
L’illusione della vitalità
Il narcisista non cerca l’intensità per sé, ma per mostrarla. Il sensation seeking narcisistico è come un fuoco d’artificio: spettacolare, ma effimero. Più che vivere, vuole mostrare di vivere. Più che godere, vuole essere visto mentre gode. Ma a forza di recitare, finisce per confondere il palcoscenico con la vita vera.
Il narcisista sensation seeker brucia rapidamente le emozioni, ne divora il senso per trasformarle in immagine. Ma come ogni divoratore compulsivo, resta affamato.
Caso clinico: il trapezista senza rete
Marco, 33 anni, imprenditore digitale, cambia idea, azienda e fidanzata ogni sei mesi. Ogni sua impresa è “la rivoluzione del secolo”, ma dura poco. Le sue relazioni si basano su picchi emotivi, sesso esplosivo, fughe improvvise. “Se non mi sento vivo, mi sento morto”, dice. Il problema? Ogni volta che raggiunge un picco, lo svuota. Ogni conquista lo rende più fragile. E ogni fallimento diventa il trampolino per il prossimo volo, sempre più alto, sempre più rischioso.
La tentata soluzione disfunzionale
Marco, come molti altri, cerca di risolvere il senso di vuoto aumentando il volume dell’emozione. Ma questa soluzione diventa il problema. Più intensità cerca, più insensibilità prova. È come chi, per non sentire il freddo, si getta nel fuoco. Il problema, però, è che il calore brucia e lascia cicatrici.
Situazioni tipiche di sensation seeking
Il paradosso della noia: ciò che il sensation seeker teme di più
La noia è l’anticamera dell’identità. È nel silenzio che possiamo ascoltare chi siamo. Ma per il narcisista sensation seeker, la noia è la nemica da annientare. È lo specchio che mostra ciò che è dietro il riflesso: un sé fragile, non ancora formato, bisognoso di attenzione.
Il paradosso è che più si teme la noia, più se ne diventa schiavi. Come chi corre per scappare da qualcosa che porta dentro. E così, più emozioni cerca, meno riesce a fermarsi. E se non si ferma, non si incontra mai.
Le relazioni tossiche: la droga dell’amore adrenalinico
Un altro scenario tipico è quello della relazione ad alta intensità, fatta di drammi, rotture, riconciliazioni, gelosie teatrali. Il sensation seeker narcisista non ama la serenità: la trova noiosa. Preferisce l’amore tempestoso, le scenate, i gesti plateali.
Ma è proprio in questo teatro che si consuma il dramma: l’amore diventa una dipendenza. Non c’è più interesse per la persona, ma per l’intensità che si prova con lei. È l’amore come cocaina emotiva: euforico, ma devastante.
Il vuoto dietro la tempesta: quando il piacere cessa di essere piacere
Alla lunga, il sensation seeking narcisistico porta all’anestesia. Nulla eccita più. Le emozioni diventano routine, la realtà è sbiadita, il corpo non reagisce. Il rischio è la depressione. Non quella del pianto, ma quella del disinteresse. Il paradosso si completa: chi cercava il massimo della vita finisce per sentirsi morto.
In terapia, queste persone spesso arrivano dicendo: “Non provo più niente, mi sento spento”. Ma dietro c’è una storia di eccessi, di emozioni consumate troppo in fretta, come se la vita fosse una corsa e non un cammino.
Strategie pratiche: rallentare per ritrovare la profondità
La terapia breve strategica non si limita a spiegare il perché. Interviene nel come. Per gestire il sensation seeking legato al narcisismo, occorre un intervento che sia allo stesso tempo esperienziale, paradossale e strategico.
1. Il paradosso del controllo
Un utile esercizio consiste nel programmare i propri eccessi: “Vuoi trasgredire? Fallo ogni martedì e sabato alle 20:00, in modo controllato”. Questo sposta l’atto da impulso a scelta. E quando si controlla il piacere, il piacere perde potere.
2. L’esercizio del vuoto: prescrivere la noia
Un altro utile esercizio consiste nell’immunizzarsi alla noia. Per 10 minuti al giorno, entrare in una bolla di noia volontaria: nessuno stimolo, nessuna azione.
3. L’autosvelamento protetto
Ancora è utile raccontare a una persona fidata una debolezza a settimana, senza difese, senza teatralità. Questo favorisce la creazione di una narrazione autentica del Sé, sottraendo energia alla rappresentazione narcisistica.
4. Il diario dell’intensità reale
Infine provare a tenere un diario dove annotare non ciò che si fa, ma ciò che si sente in profondità. Non le emozioni superficiali, ma le vibrazioni più sottili. L’obiettivo è spostare il focus dall’azione al senso.
Ritrovare la pienezza senza rincorrere il picco
La vera intensità non è nell’eccesso, ma nella presenza. Non serve un bungee jumping per sentirsi vivi: basta una cena in silenzio, uno sguardo sincero, un gesto lento. Il sensation seeking sano può diventare creatività, curiosità, esplorazione, se liberato dall’ansia del riconoscimento.
E il narcisismo può diventare cura del sé, eleganza interiore, dignità, se non più usato come specchio deformante ma come lente per riflettere con onestà.
Come diceva Lao Tzu: “Chi conosce gli altri è sapiente, chi conosce sé stesso è illuminato. Chi vince gli altri è forte, chi vince sé stesso è potente.”
Bibliografia
- Zuckerman, M. (1994). Behavioral Expressions and Biosocial Bases of Sensation Seeking. Cambridge University Press.
- Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Ponte alle Grazie.
- McWilliams, N. (2011). Psychoanalytic Diagnosis. Guilford Press.
- Kernberg, O. (2004). Aggressivity, Narcissism, and Self-Destructiveness in the Psychotherapeutic Relationship. Yale University Press.
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