
Relazioni che cambiano: strategia d’amore nell’epoca dell’individualismo
15 Maggio 2025“Chi vive per servire,
finisce per essere schiavo,
anche se si illude di essere indispensabile.”
Il paradosso della bontà che diventa veleno
C’è un paradosso che attraversa silenziosamente la vita di molte persone: più ti metti al servizio degli altri, più rischi di smarrirti, fino a non esistere più se non come funzione per qualcun altro.
Siamo cresciuti nella convinzione che solo chi è “buono”, solo chi si sacrifica, solo chi non fa mai pesare il proprio bisogno sia degno d’amore. Ma questa logica, che sembra nobile e virtuosa, può trasformarsi in una trappola feroce.
Perché ciò che nasce dal desiderio di essere amati si trasforma, con il tempo, in un’invisibile catena: quella della logica servile.
Le tentate soluzioni disfunzionali: quando il dovere piacere diventa una condanna
Chi cade nella logica servile vive secondo alcune regole interiori non scritte ma inflessibili:
- “Devo essere sempre disponibile, altrimenti perderò l’affetto degli altri.”
- “Se non sono perfetto/a, finiranno per abbandonarmi.”
- “Sono responsabile della felicità (o infelicità) di chi mi circonda.”
Il copione si ripete: essere sempre all’altezza, essere sempre di aiuto, non dire mai “no”, farsi piccoli per far sentire grandi gli altri.
Ma questo meccanismo, più viene messo in atto, più alimenta il senso di inadeguatezza. Non importa quanto tu faccia: non sarà mai abbastanza.
Il paradosso è che più cerchi di piacere, più perdi te stesso/a. E quanto più cerchi di mostrarti, di fare per sentirti indispensabile per gli altri, tanto più ti ritrovi ad essere invisibile per te stesso/a.
“La ricerca della perfezione è la più sottile delle tirannie: non ci permette mai di riposare, né di esistere davvero.”
La dinamica del problema: il circolo vizioso della performance
La logica servile è una lente deformante: ti fa vedere il mondo come una bilancia costante tra prestazione e valore personale.
Se performi, vali; se non performi, non esisti.
Questa trappola nasce spesso da esperienze precoci in cui l’affetto veniva riconosciuto come premio per il comportamento “giusto”, mai come dono incondizionato.
Da qui, una serie di credenze radicate:
- Amore condizionato: “Valgo solo se faccio felici gli altri.”
- Colpa cronica: “Se qualcuno soffre vicino a me, è perché non sono stato abbastanza bravo/a.”
- Paura del conflitto: “Se dico di no, mi odieranno. Se deludo, mi abbandoneranno.”
Così si costruisce una prigione mentale: ogni richiesta esterna diventa un esame da superare, ogni errore una minaccia di esclusione.
Non si vive più per sé, ma per non deludere. Il proprio valore viene misurato sulla base dell’approvazione altrui. Aggiungendo le responsabilità a diverse persone il rischio è che si crei un forte senso di soffocamento e la sensazione di sentirsi schiacciati.
E non ci si accorge che la felicità o l’infelicità degli altri ci precede, non dipende da noi.
Si diventa protagonisti involontari della sofferenza altrui, caricandosi di un peso che nessuno può davvero reggere.
La trappola del bianco e nero: o perfetti o inutili
Il pensiero diventa tutto o niente: o sono perfetto, o sono sbagliato; o sono utile, o sono inutile.
Nessuna via di mezzo, nessuna tolleranza per l’imperfezione.
Questa rigidità è la radice dell’autosvalutazione cronica.
L’autostima viene annegata nella continua ricerca di conferme, e il mondo si popola di giudici implacabili: ogni sguardo, ogni parola, ogni silenzio sono letti come sentenze.
Ecco che la logica servile diventa il contrario di ciò che promette: non crea amore, ma paura; non crea appartenenza, ma solitudine.
Strategie per rompere la logica servile: la rivoluzione del “basta così”
Come si esce da questa trappola?
Non serve diventare cinici o insensibili, ma rivoluzionare la logica che ci ha imprigionati. Ecco tre strategie profonde, ma pratiche per cominciare a cambiare il mindset:
1. L’esperimento del “No che libera”
La paura di deludere si vince… deludendo.
Prova a dire “no” una volta al giorno, anche in situazioni semplici.
Osserva cosa succede realmente: spesso, il mondo non crolla, e gli altri continuano ad apprezzarti.
Più impari a dosare la tua disponibilità, più la tua presenza sarà autentica.
“Solo chi osa perdere qualcosa, scopre quanto davvero vale.”
2. La restituzione delle responsabilità
Ogni volta che ti senti responsabile della felicità altrui, fermati e chiediti:
“Questa persona era felice prima di me? E sarà davvero infelice senza di me?”
Allenati a restituire la responsabilità delle emozioni a chi le prova.
Ricorda: tu puoi offrire presenza e supporto, ma non puoi (né devi) salvare nessuno.
“Non puoi riempire il bicchiere di chi ha scelto di tenerlo rovesciato.”
3. Il diario dell’imperfezione strategica
Ogni sera, annota tre azioni imperfette che hai compiuto (un errore, un rifiuto, un limite che hai posto).
Osserva come il mondo continua a girare e, anzi, come le tue relazioni diventano più vere.
Celebrando l’imperfezione, riscopri la libertà di essere te stesso senza doverti costantemente giustificare.
“Chi non osa sbagliare, non può mai riuscire davvero.”
Amare senza essere schiavi
La logica servile promette amore, ma regala solo sfinimento e solitudine.
Solo riconoscendo e rompendo questa trappola, possiamo riscoprire il gusto di relazioni autentiche, in cui il valore nasce dalla presenza, non dalla performance.
“L’amore non è una moneta di scambio: se per essere amato devi servire, allora non stai ricevendo amore, ma solo il prezzo della tua fatica.”
Bibliografia
- Algeri, D., Guarasci, V., Lauri, S. (2022). La coppia strategica. EPC
- Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Bur.
- Ruiz, D.M. (2011). I quattro accordi. Il Punto d’Incontro
- Watzlawick, P. (2013). Istruzioni per rendersi infelici. Feltrinelli.
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