Quando una persona muore, non si cancella, ma rimane nei nostri ricordi
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Oggi affronteremo il tema dell’elaborazione del lutto, che ovviamente porta a parlare anche di un tema molto dibattuto: quello dell’accettazione della morte.
Ancora oggi la perdita di una persona cara è considerata un tabù, soprattutto per chi le attribuisce significati come fine o decesso o per chi non riesce ad accettarla, poiché la considera una nemica da non voler incontrare mai. Sarà per questo che in molti non riescono ad elaborare il lutto, che rischia di diventare, in alcuni casi, patologico.
In questo articolo affronteremo il tema del lutto e gli stadi del dolore, a partire dalle fasi di elaborazione e di gestione del lutto fino a proporre alcuni consigli pratici e tipologie di trattamento per evitare che il dolore diventi cronico, andando a occupare gran parte della giornata e che di conseguenza il lutto si trasformi in patologico.
Galimberti definisce il lutto come uno “stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili” (Galimberti, 1999).
Coerentemente con quanto appena detto, il lutto, in psichiatria, equivale quindi al concetto di “perdita” e al processo che questa innesca, a prescindere se sia la morte di una persona o di un animale, la perdita del lavoro, della casa o di una separazione o divorzio.
Nell’accezione comune, il lutto per eccellenza è quello relativo alla perdita di una persona cara e a tutti i sentimenti che ne derivano.
Partendo dal presupposto che ognuno di noi ha un proprio modo di elaborare un lutto, questa risulta comunque essere per tutti un’esperienza dolorosa da affrontare, poiché oltre a farci provare tanto dispiacere per chi ci lascia, ci porta a sperimentare anche un senso di smarrimento che ci impone inevitabilmente di ristrutturare la nostra vita, in funzione di questo nuovo evento. Questo passaggio permette di costruire un nuovo equilibrio all’interno di un sistema di riferimento affettivo purtroppo, modificato.
Anche se il lutto è un processo che si manifesta in modi molto differenti tra loro, spesso si possono ritrovare dei sintomi comuni.
A livello cognitivo possono essere sperimentati:
Secondo Onofri e Rosa (2015) il lutto può essere caratterizzato inoltre da:
A livello emozionale chi sta attraversando il lutto può avvertire:
Secondo Onofri e Rosa (2015) quest’ultime possono essere originate da un senso di frustrazione e da un sentimento di colpa: una colpa che può riguardare il pensiero di cosa sarebbe potuto accadere, se si fosse agito in modo diverso. Sempre per gli autori la tristezza è il sentimento più comune nelle persone in lutto, che spesso si manifesta attraverso il pianto.
Secondi Stroebe et al. (1996) oltre alla solitudine sociale, intesa come marginalità sociale, può essere sperimentata anche una solitudine emotiva, intesa come forma più profonda, a prescindere dalla compagnia di qualcuno, derivante dalla rottura del legame d’attaccamento (approfondisci il tema degli stili di attaccamento).
A livello comportamentale è possibile sperimentare:
A livello somatico invece si possono sperimentare:
Infine difficoltà a livello relazionale, poiché il soggetto vive in un contesto sociale, a stretto contatto con amici e famiglia.
Per uscire dal dolore, bisogna passarci in mezzo
Nel lutto “fisiologico” le emozioni e i comportamenti negativi, appena visti, tendono ad essere elaborati naturalmente, permettendo al soggetto di riprendere in mano la propria vita. Diversi sono gli autori che si sono occupati del processo di elaborazione del dolore e hanno studiato le fasi del lutto da attraversare per poter metabolizzare l’accaduto.
Tra questi Kubler-Ross (1990-2002), psichiatra svizzera, che successivamente ad un’importante esperienza, maturata stando a stretto contatto con malati terminali, ha teorizzato l’evoluzione dell’elaborazione del lutto come un processo che si sviluppa attraverso 5 fasi (o stadi) di elaborazione del lutto, che possono presentarsi con differenti tempistiche.
Qui di seguito gli stadi da attraversare per l’elaborazione di un lutto.
Con “stato di accettazione” si intende dunque il “ritorno a una situazione confrontabile alla fase pre-lutto con un miglioramento del tono dell’umore e con un abbassamento delle problematiche psicosociali” (Bonanno et al., 2002).
A questo punto vi starete chiedendo: ma quanto dura il processo di elaborazione del lutto? Quanto tempo occorre per riuscire a metabolizzare un lutto? Ovvero, come direbbe Freud, “quel tempo in cui l’individuo trasforma l’assenza esterna dell’oggetto in presenza interna?”
Purtroppo a questa domanda manca una risposta univoca, in quanto non esiste un tempo uguale per tutti: sono tante le variabili individuali e sociali, da considerare, che inevitabilmente incidono sulla nostra capacità di elaborare una perdita importante. A tal proposito, alcuni autori (Parkes, 1980; Parkes & Weiss, 1983) affermano come la qualità della relazione sia una di queste, e pertanto non può che influenzare il percorso di elaborazione. Sulla base di alcuni studi, possiamo dire però che generalmente, il tempo necessario per completare l’intero percorso di elaborazione copre un periodo che statisticamente va dai 6 ai 24 mesi.
Talvolta però l’elaborazione del dolore non avviene come dovrebbe e il lutto rischia di protrarsi oltre il periodo appena esposto. Questo perché il dolore per la perdita di una persona cara può essere talmente forte da non poter essere espresso e da impedire ad un soggetto di rimettersi in piedi. Al contrario, può essere negato e represso, evitando di concedersi al pianto e alla disperazione, e facendo finta di andati avanti con grande fatica.
E’ in questo caso che si parla di lutto patologico o come definito nel DSM 5, di un “disturbo da lutto complicato persistente e complicato”.
I criteri diagnostici del disturbo da lutto persistente e complicato sono:
Disordine sociale/dell’identità
Desiderio di morire per essere vicini al deceduto.
Dal momento della morte, difficoltà nel provare fiducia verso gli altri.
Dal momento della morte, sensazione di essere soli o distaccati dagli altri.
Sensazione che la vita sia vuota o priva di senso senza il deceduto, o pensiero di “non farcela” senza il deceduto.
Confusione circa il proprio ruolo nella vita, o diminuito senso della propria identità (per es., sentire che una parte di se stessi è morta insieme al deceduto).
Dal momento della perdita, difficoltà o riluttanza nel perseguire i propri interessi o nel fare piani per il futuro (per es., amicizie, attività).
D. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti
E. La reazione di lutto è sproporzionata o non coerente con le norme culturali o religiose o appropriate per l’età.
Specificare se lutto traumatico, ovvero: lutto dovuto a omicidio o suicidio con persistenti pensieri gravosi riguardo alla natura traumatica della morte (spesso in risposta a ricordi della perdita), tra cui gli ultimi momenti del deceduto, il grado di sofferenza e delle ferite, o la natura dolorosa o intenzionale della morte.
Dedica un pensiero giornaliero a chi non c’è più
Partiamo dal presupposto che qualsiasi persona può manifestare un disturbo di tale portata, dopo aver perso una persona cara, soprattutto se si ha una scarsa resilienza, ovvero una scarsa capacità di fronteggiare le situazioni difficili e i cambiamenti.
Sicuramente vi sono degli elementi che possono aumentare tale rischio. Tra questi la morte improvvisa di una persona cara, a seguito di un incidente stradale o di un suicidio, per esempio. Soprattutto se questa persona è il proprio figlio. O se si tratta di una persona con cui eravamo soliti condividere la maggior parte del nostro tempo e delle nostra quotidianità.
Per riuscire a superare un tale evento è necessario avere accanto una solida rete sociale, poiché l’assenza di relazioni affettive può solo peggiorare le cose.
Tra gli altri fattori di rischio possiamo inoltre avere:
Secondo Bowlby, inoltre, a seconda della tipologia di attaccamento che abbiamo sviluppato nell’infanzia, possiamo sviluppare anche una predisposizione al lutto patologico. Nello specifico, se una persona ha sviluppato un attaccamento insicuro, potrebbe risultare più vulnerabile ai sintomi visti precedentemente, a causa di una scarsa capacità nel gestire l’intensità delle emozioni correlate alla perdita.
Un lutto irrisolto e non elaborato può avere delle conseguenze importanti nella vita di chi lo sperimenta, che può trovarsi a vivere sentimenti di apatia e depressione. Tutto questo può far sì che il soggetto si rassegni a vivere una vita di solitudine, lontano dagli affetti, con una scarsa motivazione a intraprendere nuove iniziative.
La chiusura nei confronti della vita e delle relazioni in generale possono portare il soggetto a restare intrappolato nel passato, a rifiutare qualsiasi forma di cambiamento e a trovare piacere dall’abuso di sostanze, di alcolici o di nicotina.
La perdita di una persona cara può risultare invalidante oltre che per chi vive tale situazione, anche per chi gli sta accanto. E’ importante dunque saper mettere in atto dei piccoli accorgimenti per prevenire che il lutto si trasformi in patologico.
Quando muore una persona cara è del tutto fisiologico e normale provare un grande dolore, soprattutto nei primi giorni e nei primi mesi. Per questo motivo non è necessario pretendere di essere o dimostrarsi forti davanti agli altri: non è né giusto, né necessario. Anzi, paradossalmente dovete abbandonarvi al vostro dolore, alla vostra sofferenza, e soprattutto considerarla come un momento di crescita personale.
Non respingere il dolore, ma attraversalo. Perché per guarire è controproducente fuggire dalle proprie emozioni dolorose, che in realtà sono li per ricordarti che amavi tanto quella persona.
Per questo esprimi ciò che provi: hai voglia di piangere? Piangi! Hai bisogno di scrivere? Scrivi.
Esprimi ciò che provi, nel modo che ritieni più opportuno ed evita di soffocare il dolore, con alcool, droghe o tutto ciò che può portare ad alterare il tuo stato.
Un errore che commettiamo spesso, dopo la morte di una persona cara o di un amico, è sentirci in colpa, soprattutto se con questa persona stavamo vivendo un periodo di tensioni.
Quanto è benefico ritenersi colpevoli o pensare di non aver fatto abbastanza? Abbiamo veramente tutto questo potere di far dipendere da noi la vita di qualcun altro? E’ corretto rinunciare a vivere, per sentirsi meno in colpa?
Il passato è passato e sicuramente non lo cambierai, rimanendo chiuso/a in casa a logorarti dentro.
Al contrario, se hai anche la sola sensazione di poter riuscire a riprender nuovamente in mano la tua vita, non esitare a farlo:
Dopo un evento di questa portata è normale voler staccare un pò la spina, per stare soli con se stessi. E’ importante, però che questo non diventi uno stile di vita e recuperare le attività quotidiane.
Oltre che provare a tornare a sorridere, è utile tornare anche al lavoro. Ogni attività che può farti sentire utile e soddisfatto/a va solo incentivata. In alcuni casi riprendere l’attività lavorativa può solo che essere positivo.
Cosa c’è di meglio del fare le cose che si facevano prima e constatare che tutto può andare avanti, con un nuovo equilibrio?
Lo puoi scoprire solo provandoci.
Per riuscire a far tutto ciò che è stato elencato, è importante però riuscire ad essere in forma: cercando di riposare a sufficienza, mangiando bene, praticando attività fisica. Lo sport è importante per preservare il proprio benessere fisico e mentale: ti permette di scaricare tutta la tensione accumulata.
Ma se non ti senti pronto/a per fare questo, puoi concederti delle lunghe passeggiate all’aperto, per ritrovare quel senso di pace che solo la natura può riuscire a dare in certi momenti.
Anche dopo la morte è possibile continuare ad avere legami con chi non c’è più. Ad esempio scrivendogli una lettera, andandolo a trovare al cimitero, ricordandolo, soprattutto in quei momenti speciali, come possono essere le festività o giorni altrettanto particolari.
Il dolore per un lutto inevitabilmente tornerà a farsi sentire, ma se lo condividerai con parenti e amici, il tutto acquisterà un sapore diverso e sarà più sopportabile.
Esiste anche un altro modo per restare vicino a chi ci ha lasciato: cercare di vivere la vita nel che potrebbe rendere orgogliosa la persona cara.
Ecco 10 frasi che possono essere di conforto a chi ha perso una persona cara con un sms, biglietto di condoglianze o telegramma:
Le seguenti si rifanno invece ad una psicologia “ingenua” e sono da evitare:
Se ti rendi conto che il disagio che stai vivendo è eccessivo, forse è il caso di intraprendere un percorso con uno psicoterapeuta in grado di aiutarti ad attraversare il dolore per venirne fuori.
La psicoterapia può essere infatti un valido strumento in un periodo così difficile, poiché con l’aiuto del terapeuta è possibile vivere le intense emozioni correlate al lutto per ricostruire nuovi schemi.
Esistono delle psicoterapie brevi che prevedono l’utilizzo di procedure per rielaborare un lutto traumatico (o “lutto complicato”) e per far decantare il dolore, quando questo tende a prolungarsi o si manifesta attraverso sintomi eccessivi.
In questi casi rivolgersi ad un professionista può aiutare ad elaborare correttamente il lutto attraverso:
In aggiunta, si può beneficiare delle tecniche di rilassamento o della partecipazione a gruppi di auto-aiuto, al fine di condividere la propria esperienza con altre persone che stanno vivendo le stesse emozioni e paure.
Questo può essere davvero terapeutico, poiché chi si trova in tale situazione sente di non essere più solo/a a soffrire, ma soprattutto non si sente giudicato.
Per questo il gruppo può trasformarsi in quel luogo in cui affrontare e accettare le proprie angosce.
Nei casi in cui si è in presenza di una persona che presenta dei sintomi depressivi significativi o che stia avendo una ricaduta depressiva, la psicoterapia può essere affiancata anche da un approccio farmacologico.
Per concludere, solo quando la persona riuscirà a riorganizzare la propria vita, nonostante la perdita della persona cara, potremo dire che sarà riuscita nell’elaborazione del lutto.
“Smetterla di fare ipotesi su ipotesi su come sono andate le cose, di colpevolizzare qualcuno o se stessi, accettare l’ineluttabilità della perdita, riconoscerla fino in fondo, apprezzare tutto il bene che quel rapporto ha comportato, e trovare la propria via, a volte del tutto personale, per ritrovare la vicinanza con chi non c’è più ” (A. Onofri, C. La Rosa, 2015).
E’ proprio questo che significa accettare e superare una perdita.
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