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Alzheimer: strutturare un laboratorio di reminiscenza

Scritto da Dr.ssa Simona Lauri il 28 Maggio 2011
Categorie
  • Terza età
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demenza-di-alzheimerL’avvio di un laboratorio di reminiscenza richiede dei passi e degli elementi preliminari che, ai fini della buona riuscita della terapia, il conduttore, è tenuto a prendere in considerazione. Non esiste una definizione rigida per quanto concerne la durata del trattamento mentre è consigliato che ogni singola seduta non duri più di 30-45 minuti dal momento i pazienti mostrano una capacità ed una resistenza attentiva ridotta. Il numero dei componenti (in genere 5-8 persone) deve essere tale da permettere da un lato al conduttore di dedicare le proprie competenze ad ogni singolo partecipante, dall’altro deve essere costituito da un numero sufficiente di soggetti tale da poter garantire il dispiegarsi di dinamiche e fattori di gruppo quali rispecchiamento, instillazione di speranza,  che si sono mostrati fondamentali, nel corso di numerose ricerche, per la creazione di un senso di coesione e di riconoscimento all’interno del gruppo.

Affinché i componenti del gruppo possano sentirsi accolti, fidarsi al punto tale da condividere eventi passati della propria vita, emozioni e stati d’animo è necessario anche che il conduttore possieda alcune qualità personali e competenze professionali di base quali: “avere una buona capacità di ascolto; astenersi dal giudicare; saper trattenere quello che si è ascoltato e connettere i diversi elementi del discorso della persona anziana; essere interessato alle cose del passato; saper esercitare empatia; essere sensibile all’altro, sapendo tuttavia mantenere la giusta distanza necessaria per proteggersi; essere capace di affrontare e gestire in tempi rapidi le manifestazioni di emozioni dolorose.” (Bruce E., Hodgson S., Schweitzer P., 2003). Altra importante caratteristica che un buon conduttore deve possedere riguarda la capacità non mettere in dubbio la veridicità di una storia raccontata, di saper accogliere e accettare i deficit del paziente ed al contempo di saperne evidenziare le capacità residue, di sostenerlo nel processo di ricostruzione della propria identità e di astenersi da ogni tipo di correzione o istruzione. L’operatore che si appresta a dar vita ad un laboratorio di reminiscenza, pertanto, deve essere in grado di curare la comunicazione sotto diversi fronti: da un lato con familiari e le diverse figure professionali, dall’altro con i pazienti e quest’ultima, in particolare deve essere curata profondamente. Le persone affette da demenza, infatti, sono spesso sensibili all’atmosfera dell’ambiente che li circonda, soprattutto in presenza di un gruppo di persone e il conduttore deve saper quindi predisporre la giusta atmosfera, garantendo una tonalità emotiva di base tale da suscitare sicurezza e senso di accoglimento anche nel momento in cui vengono affrontate tematiche ed eventi di vita che hanno suscitato il recupero di un ricordo spiacevole come lutti, guerre, separazioni. Curare la comunicazione con pazienti con deficit cognitivi e comportamentali significa,dunque, per l’operatore dover utilizzare diverse modalità comunicative ed avvalersi oltre che delle parole, della mimica, degli atteggiamenti corporei e dall’altro saper interpretare adeguatamente i segnali ed i messaggi che i pazienti, a loro volta, trasmettono.

Lettura di approfondimento:  Alzheimer: vissuti dei familiari e degli operatori

Prima dell’avvio di un laboratorio di reminiscenza è fondamentale inoltre che l’operatore ottenga il maggior numero di informazioni possibili sulla biografia dei partecipanti al gruppo, facendo attenzione non solo all’evento di vita recente quale la malattia d’Alzheimer ed i suoi sintomi, quanto piuttosto anche eventi di vita passati piacevoli, infelici, importanti ed in generale tutti quegli episodi che possono avere segnato la vita del soggetto. Per acquisire tali informazioni saranno necessari dei colloqui con parenti, familiari, amici e tutti coloro che quotidianamente si relazionano ed hanno in carico la persona. Per ricavare informazioni sull’esordio e sull’andamento della patologia è importante, invece, che il conduttore entri in contatto, sia all’inizio che lungo tutto il corso del laboratorio, con tutte le figure medico sanitarie che ruotano attorno al malato, dal medico curante al neurologo, dal geriatria allo psichiatra, allo psicologo; utile in questi casi è anche la relazione anamnestica inserita nella cartella clinica del paziente e qualora sia possibile, senza farlo vivere come un interrogatorio integrare con un’intervista semistrutturata con il soggetto stesso (Bianchin L., Faggian S., 2006). Partendo dal presupposto che la TR è una tipologia di trattamento adatta ai vari livelli di compromissione psichica e che la finalità principale consiste nell’elaborazione della propria biografia in gruppo, la modalità che viene tendenzialmente utilizzata fa riferimento all’introduzione nel corso dei vari incontri di precise tematiche. Più specificamente gli argomenti che sollecitano in misura maggiore i ricordi afferiscono alle principali tappe cronologiche della vita umana, connessi all’infanzia e alla famiglia d’origine, dal momento che la memoria autobiografica risulta essere la memoria meno compromessa dalla patologia. I principali temi chiave che generalmente vengono proposti dal conduttore in ordine cronologico e sulla base delle informazioni rilevanti ottenute dai colloqui con i familiari e con i pazienti, sono: infanzia (i giochi, la casa di famiglia), i vicini di casa, gli anni della scuola, la guerra, le feste, corteggiamento e matrimonio, il mondo del lavoro, gite, vacanze, ferie, passatempi preferiti, figli e nipoti, feste ed eventi eccezionali (Bruce E., Hodgson S., Schweitzer P., 2003). La peculiarità del laboratorio di reminiscenza risiede nella totale libertà da parte del conduttore, pur sempre nel rispetto delle caratteristiche di personalità, dei deficit sensoriali e delle esigenze del singolo e del gruppo, di potersi avvalere di una vasta gamma di materiali utili a stimolare il ricordo nel paziente, nell’incentivare la creatività e nel rendere l’atmosfera gradevole. Gli stimoli possono chiamare in causa diversi organi di senso ed hanno una probabilità maggiore di sollecitare le tracce della memoria autobiografica, tanto più quando vengono proposti in associazione nel corso di una stessa attività (Luban P.B., et al., 2002). I materiali, inoltre, affinché arricchiscano le possibilità di attivare le capacità cognitive e la memoria devono essere coerenti e pertinenti all’argomento della seduta, essere messi in connessione tra loro tramite un filo logico e stimolare i cinque sensi. L’ausilio dei cinque sensi permette, infatti, di richiamare sensazioni e ricordi in maniera istantanea senza eccessivi sforzi mnestici. Per questo motivo è fondamentale che l’operatore possa raccogliere quanti più oggetti appartenuti al passato dei pazienti. Attività che vengono generalmente affiancate insieme all’uso e alla manipolazione degli oggetti sono le attività volte a fornire un senso al ricordo dell’evento come, la realizzazione della “scatola dei ricordi”, costruita e riempita di oggetti, foto, affetti personali che richiamano i momenti più importanti della persona. Essa contribuisce, a sollecitare e potenziare le capacità prassiche e permettere al soggetto di riallacciare rapporti con familiari e amici. Ulteriori attività possono essere l’album dei ricordi, una raccolta di fotografie personali che rappresentano gli eventi di vita salienti del soggetto con la presenza di commenti e didascalie. Possono inoltre essere organizzati laboratori di cucina nei quali vengono proposti i cibi della tradizione e dell’infanzia o attività musicali dove si propone l’ascolto di canzoni popolari, filastrocche. Utile ai fini della percezione del paziente e dei familiari di una riconquista della propria identità sociale, spesso negata o ridimensionata a causa della malattia, (Tamanza G., 1998; Cesa-Bianchi M., 2002) è, infine, l’organizzazione di mostre o esposizioni, a chiusura del laboratorio, delle foto o degli oggetti realizzati dai partecipanti.

Lettura di approfondimento:  Il setting della terapia conversazionale

Pur non esistendo un protocollo standard che consenta di valutare approfonditamente la terapia di reminiscenza, ipotizzando che la T.R. provochi un innalzamento del tono dell’umore e delle abilità cognitive vengono consigliati test che vadano a sondare questi aspetti come il Social Skill Inventory, questionario adatto a misurare il comportamento e le abilità sociali del paziente, o ancora, griglie di rilevazione del comportamento costruite ad hoc (Bianchin L., Faggian S., 2006).

Bibliografia

  • Bianchin L., Faggian S., Guida alla valutazione e al trattamento delle demenze nell’anziano. Strumenti e  tecniche per l’operatore, Franco Angeli, Milano, 2006.
  • Bruce E., Hodgson S., Schweitzer P., I ricordi che curano. Pratiche di reminiscenza nella malattia di Alzheimer, Raffaello Cortina, Milano, 2003.
  • Luban P.M., Moser F., Pezzati R., Un’età da abitare. Identità e narrazione nell’anziani, Bollati Boringhieri, Torino, 2002.
  • Tamanza G., La malattia del riconoscimento: l’Alzheimer, le relazioni familiari, il processo di cura, Unicopli Milano, 1998.

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