Arteterapia per Alzheimer
Da secoli si è a conoscenza degli effetti benefici che l’arte trasmette ai suoi fruitori o di quanto agevoli la libera espressione della intelligenza creativa. (Resnik S., 2002). L’arteterapia è una tecnica terapeutica non verbale, che si avvale dell’uso di materiali artistici per la creazione di un oggetto che rappresenti il mondo interno del soggetto o la sua vita psichica e grazie al suo linguaggio simbolico e non verbale (scopri di puù leggendo l’approfondimento sull’arteterapia), si è mostrata utile ad aiutare e a rendere più accessibili i vissuti che, pazienti affetti da demenze quali l’Alzheimer, a causa della gravità della patologia o dell’intensità delle difese, non riescono ad esprimere a livello verbale (Ricci Bitti P., 1998).
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Ciò che è considerato terapeutico nell’arteterapia per i soggetti colpiti da Alzheimer è il coinvolgimento della parte ancora funzionante del Sé, dove la creatività richiede un impegno di tipo attivo e personale. L’arteterapia per Alzheimer, dunque, risulta essere un contenitore all’interno del quale è possibile procedere verso il rinforzo dell’individualità e dell’autostima, attraverso la valorizzazione delle capacità residue.
Impegnandosi nello sforzo creativo stesso, il soggetto, il cui l’Io è meno integro, ha l’opportunità, con l’aiuto dell’arteterapia, di riattivare modalità di funzionamento più valide ed incisive o di creare dei nuovi sentieri verso la costruzione di nuove possibilità, laddove non esistevano in precedenza, come nel caso di persone affette da deficit cognitivi come nelle demenze. Attraverso l’arteterapia per Alzheimer è possibile, dunque, stimolare nel paziente la reintegrazione di nuovi equilibri, fornendo aggiustamenti e compensi a livelli semplici, ma utili a favorire un cambiamento. I comportamenti, spesso abnormi dei pazienti con Alzheimer, talvolta imprevedibili, sono il terreno su cui lavorare: essi, all’interno di un laboratorio di arteterapia per Alzheimer, vengono visti come tentativi di risposta a stimoli interiori ed ambientali che il soggetto percepisce in modo diverso dalle persone normali. Come afferma Gabbard: “In molti pazienti senili con demenza tipo Alzheimer, la tragedia della malattia è che la consapevolezza di sé può rimanere intatta mentre si deteriorano tutta una serie di facoltà mentali. Poiché la memoria recente tende ad essere sacrificata prima della memoria remota, molti pazienti riescono a ricordarsi bene di com’erano, il che rende il loro attuale stato di cattivo funzionamento ancora più disturbante. La continuità del Sé nel tempo dipende in larga misura dalla capacità di memoria. Quando i ricordi remoti iniziano a svanire via via che la malattia progredisce, l’identità del paziente comincia a scomparire insieme ai ricordi. Infine il paziente non riesce a riconoscere le persone care e i familiari e non riesce più a ricordare gli elementi significativi della sua vita” (Gabbard, 1999).
L’arteterapia con il soggetto affetto dalla malattia di Alzheimer si pone, pertanto, una serie di obiettivi:
L’arteterapia agisce in un primo momento sul livello cognitivo, sulla organizzazione spazio-temporale di un disegno all’interno di un foglio, per poi procedere liberamente alla rievocazione di eventi remoti, sulla base di una spontanea stimolazione di capacità mnestiche residue. Il fine è quello di rievocare esperienze piacevoli, con il conseguente aumento del livello di consapevolezza e il rinforzo del senso d’identità (Pillot Igne M., 2000).
Le sedute di arteterapia con pazienti dementi si compiono all’interno di un setting sicuro e funzionale, che metta a disposizione ciò di cui il soggetto ha bisogno. Il gruppo di arte terapia dura generalmente due ore per due incontri la settimana, accogliendo un numero massimo tre partecipanti (ma quest’ultima variabile è strettamente correlata al livello di gravità della patologia presente).
Il materiale artistico non deve presentare lame o punte taglienti e deve essere proposto, al fine di non creare un senso di confusione nel paziente, in piccole quantità. Lo stato di ansia, cui è sottoposto il paziente affetto da demenza, durante i primi incontri è in genere molto alto al punto tale che può non riconoscere i materiali artistici e mostrare notevoli difficoltà nel comprendere le richieste propostegli dal terapista, così che l’angoscia incontrollata inibisce le sue funzioni intellettive già compromesse dalla demenza.
L’inizio del lavoro è, di conseguenza, concentrato sugli stimoli cognitivi, affinché sia possibile un recupero e un riconoscimento, anche se parziale, delle percezioni esterne. Al soggetto, pertanto, vengono sottoposte delle immagini in bianco e nero che deve riconoscere fornendo il nome, il colore e, qualora possibile, le diverse forme, per poi arrivare a dargli la possibilità di disegnare le stesse affidandosi interamente alla memoria visiva stimolata (Resnik S., 2002).
Compito del terapista in questa fase consiste non tanto nell’intervenire sull’aspetto strettamente formale: il conduttore interverrà solo se le attività che il soggetto sta svolgendo generano in esso sensazioni di angoscia e stati di agitazione. Una volta recuperato un minimo livello di autonomia, al soggetto viene lasciata libertà completa di espressione, affinché i ricordi residui possano trasformarsi in un’immagine in modo da favorirne la successiva consapevolezza. Ulteriore compito svolto dall’operatore consiste nel concedere al soggetto la possibilità di muoversi liberamente durante il percorso intrapreso; rispettando i tempi del paziente, il conduttore potrà sollecitare una ricerca spontanea di immagini e sensazioni legate al passato e che grazie all’arte prendono forma. Accanto alle semplici attività di disegno possono essere proposti laboratori nei quali i pazienti vengono coinvolti in attività di manipolazione di materiali malleabili, come la creta o la pasta di sale; essi consentono di sollecitare le abilità prassiche, ma in particolar modo permettono di potere creare, visualizzare e ridefinire la propria identità (Ricci Bitti P., 1998).
Rispetto all’efficacia dell’arteterapia per Alzheimer diversi studi hanno mostrato che la stimolazione attraverso l’uso delle immagini può essere di aiuto nel sostenere la memoria remota, nell’alleviare i sintomi depressivi o degli stati di ansia e di conseguenza nel recupero, da parte del soggetto, di elementi del suo passato e quindi della sua identità.
Questo tipo di intervento si è mostrato attuabile con pazienti affetti da demenza lieve o moderata e in alcuni casi si sono verificati risultati positivi anche con soggetti gravemente deteriorati, la differenza nell’esito più o meno positivo risiede nella quantità e qualità dei contenuti mnestici appartenuti al passato e dalla volontà da parte del paziente di recuperarli (Pillot Igne M., 2000).
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