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Mobbing in azienda: come riconoscerlo e come intervenire

Scritto da Dott. Davide Algeri il 5 Agosto 2010
Categorie
  • Psicologia forense
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Mobbing

MobbingMobbing

Una prima definizione

Mobbing dall’inglese “to mob”, che significa “assalire”, è un termine che deriva dall’etologia. Fu infatti Konrad Lorenz il primo ad utilizzare questo termine per indicare il comportamento di alcuni animali della stessa specie che si coalizzano contro un membro del gruppo, lo attaccano e lo escludono dalla comunità.

Nelle organizzazioni aziendali si può verificare un processo analogo al mobbing, che porta all’isolamento della persona e alla perdita di ruolo professionale.

Un milione e mezzo di lavoratori italiani sarebbe vittima del mobbing, 12 milioni in Europa. L’Eurispes nel suo Rapporto Italia 2001 rileva che il possibile bersaglio del mobbing, in Italia, è un soggetto tra i 41 e i 50 anni, che mette il lavoro al centro del suo mondo, che è passivo o, all’opposto, aggressivo nelle relazioni interpersonali, con un titolo di studio elevato, ma anche soggetti “deboli” o “diversi”: donne, personale anziano, giovani non ancora inseriti. Altre ricerche attuali mostrano come sia il manager una delle figure aziendali più colpite dai fenomeni di mobbing. Praticamente chiunque può essere vittima di mobbing.

Mobbing dal punto di vista legale

La giurisprudenza del lavoro ha sostanzialmente identificato il mobbing in “atti e comportamenti ostili, vessatori, di persecuzione psicologica, posti in essere da colleghi, il c.d mobbing orizzontale, e/o dal datore di lavoro, il c.d mobbing verticale, ripetuti nel tempo, in modo sistematico o abituale, volti a isolare, emarginare la vittima nell’ambiente di lavoro, che portino degrado delle condizioni di lavoro, compromettano la salute, la professionalità e la dignità del lavoratore”.

Il mobbing si distingue dalla “normale” conflittualità organizzativa per:

  • la durata nel tempo dei comportamenti vessatori
  • la ripetitività
  • la crescente frequenza
  • intensità emotiva della persecuzione
Lettura di approfondimento:  La valutazione del danno psichico

Esiste un ulteriore tipo di mobbing, definito mobbing strategico, correlato alla decisione dell’azienda di usare il mobbing come strategia mirata per escludere una persona dall’organizzazione.

Gli effetti del mobbing

Possono riguardare sia la sfera emotiva, che professionale della vittima.

Azioni del primo tipo sono quelle che ledono la dignità di una persona, la possibilità di comunicare, che ne ridicolizzano la “diversità” rispetto alle aspettative di identificazione con la cultura organizzativa.

Sono azioni del secondo tipo quelle che minano la sicurezza professionale, come l’affidamento di compiti “senza senso”, l’assegnazione di mansioni molto al di sotto o molto al sopra della propria qualifica, gli spostamenti continui, i controlli ossessivi.

Se non riconosciuto, questo tipo di ”patologia“ può portare a situazioni paradossali, per cui gli effetti del mobbing (assenteismo, demotivazione, calo di produttività) possono essere letti come cause dei problemi organizzativi e non come loro conseguenza.

Il fine del mobbing inoltre è quello di creare nella vittima sentimenti di colpa, perdita di autostima, fino all’insorgere di malattie psicosomatiche e nei casi più gravi disturbi post-traumatici da stress, inducendo così la vittima a rassegnare le dimissioni.

Come tutelarsi dal mobbing

Non è facile tutelarsi dal mobbing. Le prime sentenze che si sono occupate dell’argomento risalgono al 1999.  Il presupposto per la determinazione del danno da mobbing è la valutazione di un danno all’integrità psico-fisica della vittima, provato sotto un profilo clinico. Ma quello che è di fondo un problema di origine sociale, culturale di pertinenza giuridica, si è spostato così in ambito medico-psicologico e i risarcimenti sono calcolati in base a perizie psicologiche, diagnosi e prognosi.

Lettura di approfondimento:  Adozione speciale

Alcune aziende già hanno cominciato ad attrezzarsi per prevenire e gestire il mobbing, come per esempio IBM, Hewlett-Packard e Volkswagen.

In quest’ultima, per esempio, all’interno dell’azienda è stato creato un ruolo organizzativo, terzo rispetto all’azienda, che è il referente al quale possono rivolgersi i lavoratori che ritengono di essere vittime di mobbing. Le motivazioni che spingono una Direzione Risorse Umane ad attrezzarsi per prevenire o gestire il fenomeno, derivano da due ragioni fondamentali. La prima ha radici profonde nel codice etico della cultura organizzativa. In questo caso, intervenire è prima di tutto una priorità etica di gestione del business e delle persone. La seconda ha radici nella consapevolezza dei “costi”, non certo solo economici, ma anche di immagine che la pratica del mobbing comporta.

Miriam Vetrano


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