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Educare con empatia vuol dire entrare in relazione con i nostri figli,
vuol dire arricchirsi dell’ascolto di un altro essere umano che è venuto a dirci qualcosa,
«guarda c’è un’altra vita, vivi meglio» come diceva Maria Montessori.
(Il bambino in famiglia, 1956, p. 38)
L’educazione empatica dei propri figli.
Educare un figlio è una delle priorità dei genitori che spesso arrivano a farsi mille domande e a chiedersi cosa sia davvero giusto fare e cosa no.
Cosa possiamo educare i nostri figli? O meglio cosa significa adottare un’educazione empatica e rispettosa?
Cerchiamo di capire meglio questo aspetto, al fine di trovare le strategie migliori.
Indice contenuti
Educare un bambino con empatia: cosa significa davvero?
Spesso alla parola “educare” associamo varie espressioni come “impartire regole” o “dare valori”.
Questa è l’idea che in genere abbiamo dell’educazione.
A volte però nel farlo ci dimentichiamo di una cosa fondamentale: vogliamo a tutti i costi rendere autonomi i nostri figli, vogliamo educarli ma al contempo pretendiamo che facciano quello che noi decidiamo per loro.
Sicuramente questa modalità di comunicazione è ambigua, poco efficace: spesso infatti è caratterizzata da punizioni, castighi e da imposizioni.
Ma siamo davvero sicuri che tutto questo faccia rima con “educare”?
Se solo imparassimo a farlo utilizzando l’empatia, forse riusciremmo a cogliere il vero senso di questa parola.
Ma cosa significa adottare un’educazione empatica?
Sicuramente significa impartire il senso del rispetto: rispetto dell’altro, di quello che sente.
Significa ascoltare il mondo dell’altro e avere fiducia nelle sue competenze e qualità.
D’altronde l’empatia è “la capacità di immedesimarsi con gli stati d’animo e con i pensieri delle altre persone, sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti” (Bonino, 1994).
Un genitore empatico: la chiave dell’educazione di un figlio
Un genitore che vuole educare il proprio figlio con empatia deve dunque poter abbandonare un modello fatto di imposizioni per abbracciare questi ingredienti: in questo modo può fungere da guida, senza però bloccare i sentimenti del proprio figlio.
In questo senso un genitore si mostra presente, accogliente, empatico, appunto e questo non può che favorire nel figlio lo sviluppo di una sana autostima che è la base per lo sviluppo emotivo e psicologico del figlio.
Badate bene, questo non significa essere troppo permissivi o troppo indulgenti: l’educazione empatica si basa su una presenza costante del genitore che accoglie e soddisfa i bisogni del proprio figlio, regalandogli attenzione e un attaccamento sicuro.
I bambini hanno infatti il diritto di poter crescere, scoprire, senza vivere nella costante paura o senza essere necessariamente ricompensati con dei premi o con delle punizioni.
Alla base deve esserci la vera comprensione di una regola che un bambino deve poter seguire perché ne ha davvero compreso il valore e non perché teme il castigo.
Solo così possiamo aiutare un bambino a crescere con un sano senso critico.
In questo senso possiamo dire dunque che l’empatia può essere un valido strumento se parliamo di educazione.
Strategie per un’educazione empatica
Insomma alla parola empatia corrispondono altri termini come comprensione, accoglienza e rispetto.
Non sono invece “ben accetti” altri termini come castighi e punizioni.
Un genitore empatico non è sicuramente un genitore autoritario ma un genitore che sa mettersi nei panni del proprio figlio attraverso un ascolto attivo che non si limita solo a sentire ma a capire davvero cosa ci sta dicendo il nostro bambino, nel rispetto dei suoi tempi e modi.
Sicuramente un’educazione di questo tipo consiste e consta di diversi comportamenti quotidiani che devono essere messi in atto.
Vediamo insieme di che comportamenti parliamo: ovvero cosa deve poter fare un genitore per impartire un’educazione empatica?
Strategia #1 – Imparare ad andare oltre attraverso un’attenta osservazione
La prima cosa che occorre fare in tal senso? Osservare.
Se nostro figlio ha un comportamento che ci sembra incomprensibile, non buttiamoci nell’immediato a “dare sentenze”, ma fermiamoci e impariamo ad osservarlo.
Non emettiamo subito giudizi o etichette: cerchiamo di capire cosa ci vuole dire con quel comportamento.
In tal senso possiamo anche attivare un dialogo e lasciargli la possibilità di esprimersi: in questo modo daremo anche a noi la possibilità di capire e osservare, attraverso gli occhi dell’altro.
E’ proprio questo l’empatia. Vedere come l’altro vede, sentire come l’altro sente. Osservare come l’altro osserva.
Ma per fare questo l’adulto deve essere anche in grado di farlo!
Strategia #2 – Imparare a saper agire l’empatia
L’adulto infatti può fungere da guida e fare quello che abbiamo detto solo se è in grado di farlo.
Insomma deve essere in grado di stare nella relazione, senza pretendere di dare delle soluzioni immediate, deve essere in grado di saper aspettare e saper tollerare eventuali frustrazioni.
Solo in questo modo riuscirà a comprendere realmente i bisogni del bambino senza cadere in un’educazione lassista o in un’educazione fatta di paura e autorità assoluta.
Dunque se vogliamo bambini educati, dobbiamo riscoprire e rivalutare il ruolo dell’adulto che deve essere il primo a saper agire, a partire da una sana comprensione di se stesso e del proprio mondo.
Solo in questo modo possiamo aspirare a poter impartire un’educazione empatica, solo così un adulto potrà riuscire a sentire il mondo dell’altro.
Come possiamo infatti pretendere di essere in ascolto dell’altro se non lo facciamo prima con noi stessi?
Non è forse proprio questa la chiave per riuscire in questa rivoluzione?
D’altronde l’empatia è quel fiore che possiamo innaffiare in qualsiasi momento della nostra vita ed è indispensabile per instaurare relazioni autentiche.
Come possiamo coltivare l’empatia? Sicuramente imparando a porci più domande poiché proprio queste ci aiutano a vedere meglio, ad osservarci più da vicino.
Strategia #3 – Imparare a dialogare e ad agire in modo empatico
Per poter impartire un’educazione empatica un genitore deve saper agire riuscendo a dare al proprio figlio il giusto spazio per poter sbagliare e vincere, con la consapevolezza che questi sono dei passi che vanno fatti.
Un genitore deve riuscire a parlare con i propri figli e questo presuppone, per esempio, chiedere quali sono le loro preoccupazioni, i loro pensieri e i loro sentimenti.
Un genitore che agisce in questo senso può per esempio passare del tempo con il proprio figlio, guardando un film insieme a lui e commentandolo insieme o giocando con lui, con ciò che lo appassiona, parlando di come questo lo faccia sentire.
Strategia #4 – Imparare a capire cosa non occorre dire
Se vogliamo educare i nostri figli in modo empatico e rispettoso dobbiamo evitare di dire frasi del tipo “non piangere” e “non arrabbiarti”.
Questo significa negare i loro sentimenti: eppure poco fa abbiamo detto che dobbiamo saper leggere il mondo emotivo dell’altro, giusto?
Bene, dicendo queste frasi andiamo in tutt’altra direzione.
I bambini devono poter ascoltare i loro bisogni emotivi e comportarsi di conseguenza: sicuramente un genitore non vorrebbe mai veder soffrire il proprio figlio ma non riusciremo ad evitare ciò bloccando i suoi sentimenti.
Solo accogliendoli possiamo aiutarli: in questo modo infatti si sentiranno compresi e degni di essere compresi.
Se nostro figlio urla o piange perché vuole un altro panino, non assecondiamo il nostro bisogno di fermarlo, proviamo a stare con lui in quello che prova. Fermiamoci.
Ascoltiamo con il suo cuore, camminiamo con le sue scarpe, con frasi del tipo “ti vedo arrabbiato”, piuttosto che “non devi arrabbiarti”.
Riconosciamo dunque la sua emozione e proviamo a darle un senso “ti vedo arrabbiato perché desideri un altro panino, ma non ce ne sono più”.
Insomma rimandiamo all’altro il suo sentire: in questo modo rimandiamo all’altro il messaggio che abbiamo voglia di comprenderlo e l’altro si sentirà compreso.
Strategia #5 – Imparare ad essere meno rigidi e più vulnerabili
L’adulto deve riuscire a spogliarsi della rigidità che spesso lo caratterizza e deve concedersi l’opportunità di mostrarsi senza filtri, mettendo a nudo i suoi lati più sensibili perché tutti li abbiamo, anche i genitori e i figli questo lo devono sapere.
Non devono credere che siamo invincibili: in questo modo riusciremo a instaurare un rapporto autentico, vero, leale.
Se per esempio nostro figlio sta avendo un comportamento che ci infastidisce, possiamo esprimere proprio quello che sentiamo, senza però far intendere che sia lui quello sbagliato.
Questo è possibile se osserviamo senza giudicare.
Se per esempio nostro figlio ha lasciato tutti i libri di scuola in disordine sulla scrivania, evitiamo di dire “sei disordinato” ma limitiamoci a dire quello che vediamo affinché lo vedo anche lui “ho visto che hai messo i libri sulla scrivania”.
Questo sicuramente gli permetterà di prendere consapevolezza della sua azione senza farlo sentire fuori luogo.
Strategia #6 – Imparare a condividere
Se vogliamo impartire un’educazione di questo tipo cerchiamo di dare importanza alla condivisione. Condivisione di regole, decisioni, pensieri che riguardano anche la famiglia e la casa.
Se li coinvolgiamo in queste questioni invieremo loro un messaggio forte e chiaro: “siete degni di essere presi in considerazione”.
D’altronde i figli vivono con noi, osservano ed è giusto che possano dire anche la loro e altrettanto giusto è che capiscano che anche le loro opinioni sono importanti.
In questo senso veicoleremo un valore importante: la gratitudine.
Loro saranno grati del fatto che li abbiamo coinvolti e noi saremo grati a loro per l’aiuto che ci danno e che ci hanno dato.
Ovviamente tutto questo deve essere vissuto come una scelta, dunque proviamo a chiedere “ti va di aiutarmi in questa decisione?”
Dunque sostituiamo il verbo “devi” con “ti andrebbe”?
In questo modo l’altro potrà rispondere con “un scelgo di….”.
Strategia #7 – Imparare a dire no dicendo un si
Come abbiamo detto prima, un’educazione empatica non è sicuramente un’educazione lassista. Infatti un genitore può anche poter dire un “no” se lo ritiene opportuno.
E’ però il modo in cui lo fa che fa la differenza: quando diciamo “no” ad una sua richiesta proviamo a sottolineare che stiamo dicendo un “si” ad altro.
Se per esempio nostro figlio ci chiede di giocare con lui e non possiamo perché stiamo preparando il pranzo, rispondiamo così: “devo dirti di no mio caro perché sto dicendo sì al bisogno di preparare il pranzo. Questo non significa che non potrò farlo più tardi.”
Questo modo di fare ci fa capire come un “no” possa essere inteso anche come un “sì” e come dunque non sia necessario etichettarlo come un qualcosa di sbagliato, ma come un compromesso per soddisfare i propri bisogni.
Riflessioni conclusive sull’educazione empatica
Come abbiamo visto sin’ora un’educazione empatica è un tipo di educazione che va oltre il concetto di educare che si associa a termini come imposizione e autorità.
In questo senso c’è proprio un cambio di prospettiva che mette al centro l’ascolto dell’altro: il genitore dunque non è più colui che deve necessariamente affrettarsi per dare consigli e soluzioni ma un individuo che si mette in ascolto di un altro individuo per aiutarlo a capire cosa deve fare, da solo.
Ecco che dunque il genitore empatico offre opportunità e consente al figlio di potersi davvero mettere alla prova, anche a costo di sbagliare, poiché lo sbaglio in quest’ottica non è un qualcosa che deve essere evitato ma un passo che consente la riuscita di un qualcosa. E’ semplicemente un’occasione per crescere.
Ecco perché in questo tipo di educazione non c’è posto per i premi o per le punizioni.
Il bambino deve poter provare la soddisfazione di fare un compito non perché riceverà un premio ma perché il compito stesso rappresenterà la sua soddisfazione.
Attribuire un premio, alla fine, cosa significa? Rischiare di far intendere al proprio figlio che quello che sente dipende da un riconoscimento esterno.
La stessa cosa vale se gli diamo una punizione: un bambino che viene punito, più che cercare di diventare responsabile e capire perché è stato punito, sarà più interessato a trovare un modo per evitare tale punizione.
Dunque il focus non sarà più quello che sente.
Ricordiamo dunque che l’educazione non si misura in termini di castighi vari: per crescere abbiamo bisogno di qualcuno che ci dia fiducia, rispetto e non colpe e giudizi.
Abbiamo bisogno di qualcuno che ci rivolga non solo parole, ma anche uno sguardo di comprensione, un abbraccio, un bacio.
L’empatia è anche questo.
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