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Che relazione esiste tra fenomeno Hikikomori e adolescenza?
Un esercito di adolescenti che sceglie di rinchiudersi entro le pareti della propria stanza e abbandonare ogni tipo di rapporto col mondo esterno. Unici strumenti utilizzati per trascorrere le giornate? Internet, fumetti e i videogiochi. Si chiama Hikikomori (dal giapponese “isolarsi”, stare in disparte”), un fenomeno che in Giappone si è ormai diffuso a macchia d’olio e che rappresenta un problema sociale grave tanto quanto l’abuso di sostanze stupefacenti e disturbi del comportamento alimentare, una compulsione basata sul piacere.
Attualmente in Italia si contano una cinquantina di casi dichiarati e presi in carico: un giovane adolescente di Milano ha, per esempio, inserito un chiavistello alla porta della sua stanza, all’interno della quale, si è barricato per circa sei mesi; Luca di Roma, comunica e risponde solo se viene chiamato col suo “nick”, dal momento che dichiara di riconoscersi pienamente in esso e di sentire, invece, “vuoto” e privo di significato il suo nome. Ancora, Anna che si allontana dalla sua stanza solo per recarsi, di notte, a mangiare in cucina.
Questi sono alcuni esempi dei casi, presenti in Italia, di un fenomeno molto complesso e che rischia gradualmente di diffondersi, visto il numero eccessivo di ore che gli adolescenti italiani trascorrono davanti al computer. Attenzione però a non confondere la dipendenza da internet col fenomeno Hikikomori che presenta delle caratteristiche ben precise che la distinguono dall’abuso tecnologico. Nonostante, infatti, l’elemento comune tra i due fenomeni sia il medesimo, vale a dire un uso eccessivo del pc e delle nuove tecnologie, il profilo degli hikikomori può essere definito quasi come un peculiare “stile di vita”,una sorta di “anoressia sociale”.
I giovani adolescenti, infatti, decidono deliberatamente di optare per una vita di reclusione che rifugge da tutti quegli stimoli e da tutti quei contesti sociali e relazionali che la vita quotidiana mette a disposizione. La realtà virtuale diventa il sostituto a 360° del mondo reale.
Come vive l’Hikikomori?
L’hikikomori vive unicamente online: trascorrere una vita sedentaria, dividendosi fra computer e fumetti, inverte il ritmo sonno-veglia, ordina il cibo online e lo consuma in isolamento e finisce con l’escludersi totalmente dalla vita affettiva familiare e sociale. Dopo essersi creato un’identità virtuale ben precisa e spesso ben lontana dalla propria vera personalità, inoltre, il giovane hikikomori, inizia a chattare e a crearsi una rete di amicizie online, selezionando e prestando attenzione a comunicare solo con altri hikikomori e gettando nella confusione più totale i genitori che, spesso, non sono in grado di gestire la reclusione del proprio figlio.
Esistono, comunque, delle differenze socio-culturali tra il fenomeno hikikomori giapponese e quello europeo, dal momento che mentre la cultura nipponica è connotata dalla presenza di regole eccessivamente rigide ed i giovani rifuggono proprio da queste, in Occidente è, invece l’assenza di un sistema coerente e sistematico di regole sotto diversi punti di vista (sociale, relazionale, lavorativo…) a creare nel ragazzo la percezione di sentirsi incapace, inadeguato, a non saper trovare un posto equilibrato nel sempre più confuso mondo reale e a spingerlo a rifugiarsi nel prevedibile e rassicurante mondo virtuale.
Ma come deve comportarsi un genitore nel caso in cui inizi a capire che il proprio figlio si sta gradualmente isolando?
L’apatia e un crescente numero di ore trascorse davanti al computer, a discapito degli altri aspetti della vita quotidiana del ragazzo (scuola, relazioni amicali e famigliari) possono rappresentare dei piccoli “campanelli di allarme” da non trascurare e ai quali, generalmente, il genitore risponde o tentando di sollecitare il giovane, al fine di spronarlo a uscire da questo stato di apatia o rimproverandolo e minacciandolo di “sequestrargli” il computer nel caso in cui non sia in grado di ridurre il tempo dedicato al mondo virtuale. Entrambi i tentativi non fanno altro che esarcerbare lo stato d’animo del ragazzo, che di fronte al clima di tensione non può far altro che trovare conferma delle sue inadeguatezze, rinchiudersi sempre di più e a rifugiarsi nella realtà virtuale.
L’atteggiamento che è consigliabile adottare, consiste invece, nel creare un clima di accettazione e sereno, che faccia capire al ragazzo di potersi fidare, esprimere le proprie insicurezze ed eventualmente supportarlo nella scelta di rivolgersi e parlare con un professionista.
Qui di seguito un video che fornisce una visione del fenomeno:
Qui invece un utile approfondimento: Hikikomori. Il social wiithdrawal nell’era digitale
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