Immagine di fantasma
Dopo mesi di relazione o dopo qualche appuntamento, lui o lei di colpo sono diventati nebbia. Magicamente scomparsi. Il lunedì sono reali e il martedì diventano un ricordo. Niente più messaggi o chiamate.
Dopo aver letto queste prime righe, a cosa state pensando? Alla storia di un film? Alla frase di una poesia?
Niente di tutto questo. Non vi sto parlando di qualcosa di surreale o fantasioso. E nemmeno di una storia inventata o della trama di un film. Vi sto parlando di quello che succede o è successo realmente nella vita di molti di noi.
Una situazione che per la maggior parte di voi potrà suonare familiare, perché se provate a scavare nella vostra memoria, almeno una volta nella vita, sarete stati vittime del “ti lascio senza darti spiegazioni”.
E’ questo quello che viene definito “ghosting” e di questo tratteremo all’interno di questo articolo, provando a soffermarci sui meccanismi che stanno dietro e su come affrontarlo.
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Quasi l’80% delle persone alla ricerca dell’anima gemella ha subito un’esperienza di “ghosting”, dove per “ghost” non si intende più un romantico Patrick Swayze trasformatosi in fantasma per proteggere l’amata moglie.
Il “ghost” ai tempi dell’amore 4.0 è quel qualcuno che volevate nella vostra vita, con il quale pensavate di avere un rapporto, ma che ad un certo punto è sparito nel nulla.
Nel nostro immaginario collettivo sono sempre gli uomini “codardi” a sparire in amore.
Vi sorprenderà invece sapere come sia una buona percentuale di donne a scegliere di dissolversi nel nulla.
Ma in cosa consiste questo fenomeno così incredibilmente diffuso?
Nello specifico il fenomeno del “diventare fantasmi”, come ha anche affermato il New York Times, consiste nel “mettere fine ad una relazione interrompendo tutti i contatti ed ignorando i tentativi di comunicazione del partner”.
Parliamo di ghosting dunque quando una persona magicamente scompare, non rispondendo più al telefono, non facendosi più vedere in giro o cancellandosi da tutti i social.
Che si tratti di amore o di amicizia, non fa differenza. Il ghosting può accadere in tutti i tipi di rapporti. E come anticipato sembra essere diventato una vera e propria moda, come conferma anche il sito di incontri Plenty of Fish, che sembra aver rilevato come almeno il 50% dei propri utenti, fra i 18 e i 33 anni, sia stato vittima di ghosting.
La metà delle persone che incontriamo, quindi, potrebbe essere un cosiddetto “ghoster”, che sparisce senza rispondere più al cellulare, alle chat di Whatsapp o alle mail.
Ma come mai questo nuovo tratto generazionale è sempre più frequente? Sarà colpa dei nuovi mezzi di comunicazione digitale?
Probabilmente sì, ma tali atteggiamenti esistono da sempre. Telefonate non ricevute, cuori infranti e amori che se ne vanno senza un perché ne sono pieni i romanzi, le canzoni e i film di ogni epoca.
I social e le piattaforme online pare abbiano semplicemente ingigantito qualcosa di già molto diffuso, poiché la comunicazione online rende molto più semplice tutto ormai.
Grazie a Facebook, Whatsapp e altre applicazioni di questo tipo il passaggio dal “sentirsi” al “non sentirsi più” è diventato una questione di un attimo ormai. Come quando chiudiamo il computer o rimettiamo in tasca il cellulare.
Proviamo a ricostruire l’identikit di questi famigerati ghoster.
I ghoster sembrano presentare tutti le stesse “infallibili” tattiche, come scappare senza dare spiegazioni, dileguarsi da un momento all’altro senza avvertire o senza dare all’altra persona il tempo di comprendere quale sia il motivo di questa drastica decisione.
Secondo alcuni studi il ghoster è un rappresentante della cosiddetta “generazione dei Millenials”, eppure questo modo di fare, o meglio di non fare, è sempre più diffuso anche tra le persone di età avanzata.
L’idea fantasiosa che pare celarsi dietro questo comportamento sembra essere un pensiero di questo tipo: “Mi rendo un fantasma così faccio capire in modo indolore all’altro che l’interesse si è esaurito, senza dirglielo brutalmente in faccia”.
In realtà chi fa ghosting in questo modo non fa altro che rimandare le responsabilità emotive legate alla decisione di voler interrompere una storia, giustificandosi con l’auto-convinzione del “lo faccio per il suo bene”, evitando così il peso del confronto.
Il tratto di personalità dominante in queste persone è il narcisismo che oltre a manifestarsi attraverso un egocentrismo patologico, sembra ricercare continuamente l’ammirazione da parte degli altri, l’affermazione personale e a non provare empatia (scopri come riconoscere un narcisista perverso).
In questo senso “la relazione” per queste persone rappresenta un mezzo per nutrire il proprio narcisismo patologico, dove sia l’amore che la sua fine per il ghoster sembrano essere cose semplicissime.
Se da un lato c’è colui che ama dissolversi nel nulla, dall’altro c’è chi viene abbandonato senza ricevere alcun chiarimento.
La vera e propria vittima del ghosting, dunque viene infatti inevitabilmente coinvolta in una spirale di pensieri auto-svalutanti e autodistruttivi, finendo quasi sempre con l’attribuire a se stesso ogni colpa.
Quando chi effettua il ghosting sparisce e poi ritorna, si parla il fenomeno può evolversi nel cosiddetto “zombieing”.
Colui che resuscita tutto d’un tratto, come uno zombie appunto, dopo aver chiuso una frequentazione, senza dare spiegazioni, di colpo. In questi casi vediamo come dopo mesi di vuoto un ex possa riapparire, quasi come per magia, con un messaggio nostalgico sul cellulare, un like o una reazione sui social, con il solo intento di mantenere un controllo sulla “vittima”, pur non desiderando un vero rapporto.
Cosa c’è alla base di questo voler fuggire? Un detto popolare direbbe che in “amore vince chi fugge”. In realtà la tecnica della fuga sembra nascondere ben altro. Un’incapacità di donarsi con pienezza in un rapporto, per esempio.
Chi fa ghosting sembra aver dunque un solo obiettivo: uscire da una situazione scomoda. Un obiettivo questo che può esser raggiunto scegliendo la via più difficile, ovvero quella che prevede “l’affrontare la questione con l’altro” e il farsi carico delle proprie reazioni o al contrario quella più semplice, la cosiddetta “scorciatoia”, che invece consiste nello scomparire nel nulla.
Il ghosting è quindi l’alternativa più facile che consente di raggiungere uno stesso risultato, ma con molta meno fatica.
I ghoster infatti sono persone che non vogliono assumersi alcuna responsabilità, nemmeno quelle minime, sul perché della loro fuga.
Un atteggiamento del genere potrebbe essere inteso come “disinteresse”, in quanto i ghost preferiscono non dare spiegazioni. È molto meno impegnativo, infatti, tirarsi indietro piuttosto che rivelare il perché si voglia interrompere quel rapporto, o rischiare di affrontare le lacrime o la rabbia dell’altro.
E così decidono di annullare la relazione, come se fosse una cosa magica, mai esistita veramente, cancellando o bloccando la povera vittima sui social, dandole l’impressione di aver avuto a che fare con un fantasma.
Sembra esserci qualcosa di “ereditario” in questo fenomeno. Secondo gli esperti il ghosting sembra essere un comportamento appreso durante l’infanzia o l’adolescenza e di cui poi ci si appropria.
“Quasi sempre il ghosting è il risultato di stili di attaccamento disfunzionali con i genitori”, affermano gli psicologi.
Chi sparisce all’improvviso può mettere in atto inconsapevolmente un comportamento evitante che ha subito in passato.
E’ il caso, ad esempio, di chi ha avuto genitori incuranti, che non hanno soddisfatto le richieste di ricevere spiegazioni, o di genitori che promettevano, senza mai mantenere le promesse fatte, o ancora di genitori che li lasciavano i figli soli senza mai un perché.
Una volta diventati adulti, tutte queste ferite dei figli possono tradursi in una vendetta, che viene operata sugli altri.
Sia da parte di un fidanzato di lunga data, di un potenziale amore, di un caro amico o anche dopo un colloquio di lavoro, il ghosting fa male: non solo alla persona che, di punto in bianco, si ritrova “mollata”, ma anche a chi si dà alla fuga.
La reazione di chi subisce ghosting sembra essere così traumatica e devastante che alcuni studi l’hanno paragonata ad un dolore fisico.
Se pensiamo che il rifiuto sociale attiva nel cervello gli stessi percorsi neurali del dolore fisico, ci rendiamo conto di come questa non sia un’esagerazione. Il ghosting sembra lasciare nella vittima, oltre che l’impossibilità di capire cosa sia successo e del perché sia finito tutto, anche l’impossibilità di elaborare tale chiusura con una conseguente distruzione della propria autostima.
Questo perché chi viene “buttato fuori” dalla vita di qualcuno si tormenta costantemente, facendosi mille domande, paranoie, dando il via a tanti dubbi sulle proprie qualità e a tanti perché.
Cosa ho fatto di sbagliato? Avrei potuto fare qualcosa di diverso?
La vittima cerca così in tutti i modi di trovare delle risposte, giungendo spesso alla conclusione che è “tutta colpa sua” e che una reazione del genere forse era meritata, impiegando inevitabilmente più tempo per superare la separazione.
Il ghosting rappresenta una vera e propria violenza psicologica, non solo per la vittima, ma anche per i “fantasmi”. Questo perché, per quanto la pratica del ghosting dia pace nell’immediato e restituisca una libertà “senza la fatica della spiegazione”, non faciliterà certamente la vita.
Prima o poi, infatti , il ghost si ritroverà a dover gestire le conseguenze dell’evitamento, ovvero il senso di colpa, la paura, la convinzione di non sapere gestire il dolore, la mancanza di autonomia.
L’adozione costante di “vie di fuga” non fa altro che rafforzare l’ansia e il timore di ogni possibile situazione di conflitto o di confronto.
Per superare il ghosting ed evitare di entrare in questo circolo vizioso è utile lavorare su se stessi e sulla paura del conflitto.
Ponetevi degli obiettivi dunque e portateli a termine per migliorare la vostra autostima. Perché, prima o poi, sarete tutti l’eccezione di qualcuno.
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