Studi di efficacia e ricerca in psicoterapia
Secondo Giovanni Jervis, la Psicoterapia è “qualsiasi forma di aiuto e di cura che avviene attraverso il rapporto interpersonale”. In senso generale, è psicoterapia quanto di utile può derivare al soggetto, per la soluzione dei propri problemi e la scomparsa dei propri disturbi, dall’incontro con un’altra persona o con persone e dallo scambio diretto di parole e di messaggi non verbali.
In modo più preciso e limitato, si può parlare di psicoterapia, quando un aiuto del genere venga dato in modo intenzionale da parte di una o più persone che abbiano la capacità [e la professionalità – corsivo nostro] di farlo.
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Ulteriore definizione di cosa sia un approccio di psicoterapia è quella elaborata dal gruppo di ricerca Val.Ter di Palermo (Di Nuovo, Lo Verso, Di Blasi, Giannone), che a partire da un’analisi dei più importanti modelli psicoterapeutici, indica la psicoterapia come “trattamento che tenta di ridurre la sofferenza psichica, utilizzando mezzi psichici e, precisamente, attraverso una comprensione e rielaborazione delle sue matrici evolutive, cognitive, emozionali, relazionali, realizzando parallelamente una modificazione delle ideazioni e dei comportamenti che generano e sostengono il malessere“.
Nonostante però sia possibile individuare una definizione comune, attualmente non è ancora possibile affermare con altrettanta certezza quale sia la forma psicoterapeutica che funziona meglio e la stessa strada percorsa dalla ricerca in psicoterapia testimonia che probabilmente bisognerà abbandonare tale quesito a favore di una ricerca orientata a generare uno scambio ed un dialogo tra i diversi approcci, ponendosi come fine ultimo il benessere del paziente.
Il percorso compiuto dalla Psicoterapia per affermarsi come scienza autonoma dalla Filosofia e per differenziarsi dalle Scienze Classiche definite spesso “oggettive” per eccellenza come la Biologia, la Fisica, la Medicina, hanno condotto a generare diverse metodologie di ricerca in Psicoterapia.
Sono trascorsi quasi 60 anni dall’affermazione provocatoria di Eysenck (1952), il quale aveva affermato che non vi erano prove dell’efficacia di qualsiasi forma psicoterapeutica, individuando nella scomparsa o remissione spontanea del sintomo, col trascorrere del tempo, le basi del miglioramento del paziente. Ulteriore spinta nel campo della ricerca in Psicoterapia è rappresentato dal tentativo di smontare, inoltre, il cosiddetto Verdetto di Dodo di Luborsky (1975): “Tutti hanno vinto e ognuno deve ricevere un premio” secondo cui, confrontando differenti approcci psicoterapeutici, nessun approccio appare più efficace di un altro.
Pertanto a partire da tali provocazioni, nel corso del tempo, la ricerca in psicoterapia ha dato vita a tre modalità metodologiche, sintetizzabili in:
Pur non volendo negare l’importanza dei risultati ottenuti da questi settori, attualmente, non si è ancora in grado di individuare il modello psicoterapeutico più efficace e a partire dagli anni ’90 con la nascita degli EST (Empirically Supported Treatment) il cui obiettivo è quello di individuare delle linee guida sui trattamenti di elezione per un’ampia gamma di disturbi, le cose probabilmente si complicano ulteriormente.
È sufficiente leggere criteri individuati dagli EST per notare come, se da un lato il merito di quest’approccio sta nell’aver restituito un riconoscimento alle terapie brevi, dall’altro questi stessi criteri rischiano, non solo di escludere totalmente le psicoterapie a lungo termine, ma di ostacolare il dialogo ed il confronto tra le diverse Scuole, inducendo, probabilmente a mettere in luce un approccio piuttosto che un altro semplicemente perché quest’ultimo possiede tutti i criteri individuati dagli EST e poterlo definire, dunque, efficace.
“Per fare un esempio, è come se, in una gara fra massaie sulla preparazione di un dessert, per formulare il proprio parere i giudici dovessero compilare un questionario con domande del tipo: “Quante fette ne ha mangiate? Quanto tempo avete impiegato a mangiarne una fetta? E così via. Di fronte ad alcuni deliziosi “dolci al cucchiaio” i giudici hanno dovuto considerarli nulli, non trovando tra i criteri domande adatte a questo tipo di dessert. Il premio è ovviamente andato ad una crostata.”
Giorgio Nardone, riporta i risultati di varie ricerche effettuate sull’efficacia di alcuni tipi di psicoterapia, individuando, a seconda della tipologia di disturbo, diverse percentuali di efficacia:
Anche se nuove ricerche si aggiungono ogni anno, le psicoterapie valutate sperimentalmente non sono ancora molte. Dunque, occorre non farsi trarre in inganno: i risultati non indicano i soli trattamenti efficaci per i disturbi specifici, ma solo quelli efficaci tra i pochi sottoposti a sperimentazione… per cui il vecchio Verdetto di Dodo torna nella sua impressionante attualità.
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